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Dal ritratto di Borsellino di Melati alla storie popolari siciliane di Fontanarosa per le letture d’estate

Le letture consigliate da Salvatore Massimo Fazio

Blog Piero Melati con un libro su Borsellino pubblicato da Sperling&Kupfer conquista la copertina. Controcopertina ad Algra: l'editore etneo piazza il colpo dell'estate con "Antiche storie siciliane" di Cristina Fontanarosa con le illustrazioni di Alessandro Filetti. Mistero attorno alla nuova antologia de L'Erudita: chi sono gli autori del nuovo volume estivo di quest'anno?

Una bellissima settima con uscite interessanti dove la copertina è di Piero Melati che dedica la sua nuova produzione a Paolo Borsellino (Sperling&Kupfer). Contro copertina al duo Fontanarosa Filetti, che per Algra pubblicano un volume illustrato sulla cultura sikana. Suscita interesse Ferdinando Camon con Occidente (Apogeo), che dichiarò “Questo è, in assoluto, il libro che m’è costato più caro, moralmente parlando. Mentre lo scrivevo ricevevo interviste, e con le interviste anche minacce”.

In retroazione, i pugliesi di Les Flaneurs Edizioni con Livio Romano e gli emiliani di Corsiero Editore con l’esilarante duo formato da Beppe Liotta, Loredana Mazzone. Martedì 28 torna, dopo 15 anni di assenza per i tipi di AnimaMundiRoberta Castoldi, la poetessa e musicista lombarda che vanta numerose collaborazioni musicali, tra queste anche con il nostro conterraneo Cesare Basile. Quante Gioconda esistono? Silvano Vinceti ci svela la prima e Armando editore ringrazia, pubblicandolo. Doppiette in casa il Saggiatore con Douglas Sirk con Jon Halliday e Luc Dardenne,  e La nave di Teseo con Massimo Tedeschi e Coraghessan Boyle. Marietti 1820, Iperborea e L’Erudita con un’antologia pazzesca, ci sono circa 300 autori, chiudono i consigli alla lettura.

Due eventi rallegrano il giro di boa con ingresso nel mese di luglio: il 1° luglio infatti a Palermo, all’interno del Sicilia Jazz Festival, per gli Incontri al Jazz Club il giornalista e scrittore Leonardo Lodato presenta il suo “Cielo, la mia musica!” (Domenico Sanfilippo Editore). Nel versante opposto, a Letojanni, battesimo, con Elvira Seminara, della rassegna organizzata dai membri del Circolo Bianca GarufiLettere d’estate – II Edizione“, che si concluderà il 26 luglio.

Livio Romano, A pelo d’acqua, Les Flaneurs Edizioni

Uno scrittore alle soglie dei cinquant’anni alle prese con i figli adolescenti e una coppia di vicini troppo ingombrante. Vasilio Navarra, insegnante e scrittore quarantottenne, ha un talento naturale nel cacciarsi nei guai. Dopo la separazione, si divide tra le lusinghe degli incontri online e il desiderio di costruire una nuova relazione stabile. Ottenuto un anno sabbatico, Vasilio ha la ferma intenzione di dedicarsi soltanto al romanzo della sua vita. Quando però la moglie si trasferisce per lavoro, gli amati figli adolescenti tornano a vivere con lui e ogni piano è spazzato via dalla necessità di prendersi cura di loro. A complicare le cose, il misterioso dirimpettaio Thom Karremans, colonnello olandese che a Srebrenica si fece da parte consentendo lo sterminio di diecimila bosniaci, piomba all’improvviso nella vita del professore. In poco tempo Vasilio diventa il confidente di Thom ma anche l’oggetto del desiderio della signora Karremans, evenienze che sulle prime lo fanno stare al gioco finché non si ritrova a essere il principale sospettato di un omicidio che porta dritto alla villa del militare. A pelo d’acqua è un romanzo scanzonato, avvincente e irriverente, sulla capacità di imparare dai propri errori per lasciarsi alle spalle l’infinita giovinezza, o per poter continuare a sbagliare meglio.

L’autore

Livio Romano (Nardò, 1968) è laureato in Giurisprudenza, dottore di ricerca in Italianistica, insegna in un CPIA. Considerato da molti critici, giornalisti e letterati una delle voci più originali della narrativa italiana di fine anni Novanta, ha pubblicato i romanzi Mistandivò (Einaudi, 2001), Porto di mare (Sironi, 2002), Niente da ridere (Marsilio, 2007), Il mare perché corre, Diario elementare e Per troppa luce (tutti per Fernandel). Con Per troppa luce è stato finalista al Libro dell’anno 2017 di Fahrenheit Rai Radio 3. Ha scritto per numerose testate e, per la Rai, radiodrammi e reportage. Collabora con la Repubblica, Quotidiano di Puglia e Corriere del Mezzogiorno.

Beppe Liotta, Loredana Mazzone, Ho scritto Tano sulla sabbia, Corsiero Editore

Tano, pecoraio siciliano, ha il pallino degli affari, una volontà ferrea e un guru americano per amico, Vincent. Tra consigli consumati insieme a ricotte, sarà proprio Vincent a instradare Tano all’imprenditoria. A fare da cornice una spiaggia che, ben presto, suscita attenzioni impreviste e lo obbliga, in un crescendo di liti familiari e battibecchi con le autorità, a tenere testa alle istituzioni, chiamando a raccolta moglie e figli, per salvare l’onore e non solo. La sua dirompente genialità, a volte tradita dalla insufficiente scolarizzazione, lo rende protagonista di una vicenda paradossale, riflesso di uno spaccato dell’attuale società, dove tutto cambia, perché nulla cambi. Gli autori, abilissimi nel rendere visibili non solo le azioni, ma anche i sentimenti dei personaggi, consentono un’immedesimazione piena, una partecipazione totale a un susseguirsi di vicende caratterizzate da passaggi dialettali. Tano, Cettina e persino i personaggi secondari diventano la famiglia del lettore, quella famiglia che, per chiunque, rappresenta il tipico nucleo di incontro e scontro. Tra le righe si assaporano gli stacchi generazionali tra genitori e figli, con i conseguenti tentativi più o meno riusciti di mantenere sani i rapporti; gli alti e bassi matrimoniali, conditi dalla presenza di parenti che non sempre sanno stare al proprio posto; e c’è la società, tutta, quella fatta di dicerie, di prese di posizioni, di errori raffazzonati, di verità rimestate. Prefazione di Cinzia Lacalamita.



Le uscite di martedì 28 giugno

Libro copertina, “Paolo Borsellino. Per amore della verità” di Piero Melati, Sperling&Kupfer

Cucendo insieme ricordi e punti di vista diversi, questo libro illumina la figura di Paolo Borsellino da una prospettiva nuova e racconta – attraverso la voce dei protagonisti – «una delle pagine più vergognose e tragiche della storia giudiziaria italiana»

Trent’anni in cerca della verità. Trent’anni nel nome di un’idea di giustizia da rivendicare con fermezza. Queste parole potrebbero riassumere la battaglia portata avanti dalla moglie di Paolo Borsellino, Agnese, e dai figli Lucia, Manfredi e Fiammetta per fare luce su uno degli avvenimenti più bui della nostra storia recente. Dopo la strage di via D’Amelio, infatti, al dolore per la perdita del grande magistrato e della sua scorta si è aggiunto l’ignobile capitolo del depistaggio nelle indagini sugli esecutori materiali del crimine, al quale ha fatto seguito un iter processuale lungo e tortuoso. Anni di lacune e omissioni, bugie e negligenze. Eppure, i figli di Paolo Borsellino hanno affrontato questo difficile percorso con dignità e determinazione, rimanendo spesso lontani dai riflettori e prendendo le distanze dalle celebrazioni che si sono succedute nel corso dei decenni. Lo hanno fatto con sobrietà e rispetto delle istituzioni, fedeli ai princìpi e agli insegnamenti appresi da un uomo, e da un padre, che ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia. In queste pagine c’è la storia di una famiglia e del suo impegno per l’affermazione del «diritto alla verità», ma c’è anche un ritratto corale del giudice che Piero Melati tratteggia con l’aiuto di molte testimonianze, tra le quali spiccano i contributi inediti di Lucia e Fiammetta Borsellino. Cucendo insieme ricordi e punti di vista diversi, questo libro illumina la figura di Paolo Borsellino da una prospettiva nuova e racconta – attraverso la voce dei protagonisti – «una delle pagine più vergognose e tragiche della storia giudiziaria italiana». E in questo modo ci esorta a raccogliere un’eredità preziosa, a partecipare attivamente alla ricerca della verità e all’affermazione della giustizia. Perché la storia di Paolo Borsellino e della sua famiglia è anche la nostra storia.

Roberta Castoldi, La formula dell’orizzonte, Anima Mundi Edizioni

Roberta Castoldi: “Limite definito e vaghezza infinitesimale presenza indissolubilmente legata alla mia, percezione e lontananza più remota promessa di un arrivo e irraggiungibilità, consolazione e esercizio di assenza limite del presente e slancio aperto al futuro”

Dopo quindici anni di silenzio, torna in libreria una delle voci più originali e nitide della poesia contemporanea italiana, quella di Roberta Castoldi. La formula dell’orizzonte è legato a un tempo e un luogo – l’estate, un’isola del Mediterraneo – e a una condizione dell’anima a cui si accede per un forte innamoramento che produce perdita, svista e dimenticanza. Il libro contiene la silloge omonima, dettata dall’intuizione dell’orizzonte, punto di arrivo e luogo irraggiungibile, consolazione dello sguardo e esercizio di assenza, e l’esordio poetico dell’autrice, La scomparsa, edito nel ’99 con un’introduzione di Franco Loi e ora arricchito da sette testi precedentemente esclusi. “Se mi penso / è lasciarmi spopolata . / Un esercito disarmato da uccelli”, scrive l’autrice, lasciando che il proprio io si apra a una forma di primordiale e plurale presenza. Con fotografie dell’artista corso Dominique Degli Esposti.

L’autrice

Roberta Castoldi (1971) è poetessa e musicista. Si occupa di progetti in ambito culturale e scolastico. La scomparsa è il suo primo libro di versi, pubblicato nel 1999 con una prefazione di Franco Loi. Nel 2007 è uscito “Il bianco e la conversazione” (Marietti). Sue poesie sono apparse nelle antologie “I poeti di vent’anni” a cura di Mario Santagostini e Maurizio Cucchi (La Stampa, 2000), “Melodie della terra. Novecento e natura”, a cura di Plinio Perilli (Crocetti, 1998) e nelle riviste “Poesia, Intersezioni” (Il Mulino) e PantaEditoria a cura di Elisabetta Sgarbi e Laura Lepri. Ha curato per Einaudi “Il libro di Morgan” (2015) e tradotto saggi di filosofi francesi contemporanei come Baldine Saint-Girons e Jean-Jacques Wunenburger. Collabora con la rivista online Alberoni Magazine e con il mensile LEI Style, per cui cura la rubrica Corpo di Bacco: l’arte dell’incantamento. Come violoncellista ha lavorato con molti artisti italiani e stranieri tra cui Afterhours, Bluvertigo, David Byrne, John Parish, Cesare Basile, Soledonna, Cristina Donà.

Silvano Vinceti, La prima Gioconda di Leonardo, Armando editore

Nel 1960 Carlo Pedretti, il massimo esperto di Leonardo da Vinci, realizzò una ricerca inerente il ritrovamento di un disegno preparatorio sotto un dipinto di El Greco di proprietà di un famoso collezionista di Parigi. L’opera d’arte raffigurava una Gioconda più giovane, con un sorriso malinconico e sullo sfondo le colonne. L’indagine, riportata in un libretto di cui esistono pochissime copie, si conclude con l’ipotesi che si tratti di uno studio preparatorio che precede la Gioconda del Louvre. Vinceti, presidente del Comitato Nazionale per la valorizzazione dei beni culturali, parte proprio da questo studio, con l’ausilio di un qualificato staff scientifico, per sostenere la sua tesi.

L’indagine inizia con il ritrovamento del primo strato della Gioconda del Louvre, risultato di una ricerca scientifica compiuta da un laboratorio francese per conto dello stesso museo parigino. Nella prima stratificazione la modella si presenta con un sorriso malinconico e triste. Si tratta di un segno importante che evidenzia la similitudine fra lo studio preparatorio ritrovato e l’inizio della Gioconda del Louvre.

Nel suo periodo fiorentino (1500-1506 circa) Leonardo era impegnato a comporre il dipinto della Gioconda, ovvero di Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, e si presume che all’epoca lei avesse 21-22 anni. Sempre nel periodo fiorentino vi fu l’incontro con Raffaello che si presume avvenne verso il 1503-1504. Dopo quell’incontro il giovane Raffaello realizza una serie di dipinti di nobildonne fiorentine la cui struttura è simile a quella della Gioconda.

Sono state recuperate diverse Gioconde presenti nei musei di tutto il mondo e in alcune collezioni private, alcune hanno le colonne e sono più giovani, altre rinviano a quella del Louvre che non ha le colonne e raffigura una donna più vecchia rispetto alle altre.  Il saggio di Vinceti spiega il perché esistono diverse Gioconde da parte di pittori di diverse nazionalità e che si può presumere non si conoscessero fra loro.
Nell’affascinante rivisitazione del passato assumono un ruolo di primo piano pittori come Raffaello, il Salai, Francesco Melzi e un pittore spagnolo, tutti e tre allievi di Leonardo da Vinci.

L’autore

Silvano Vinceti storico-ricercatore ha realizzato importanti scoperte: il ritrovamento delle lettere S ed L nelle pupille degli occhi della Gioconda e del 72 sotto l’arcata del ponte romano a destra della nobildonna. Ha scoperto un cane con guinzaglio nella Vergine delle Rocce, realizzato la ricerca a Firenze sui resti mortali della Lisa Gherardini la prima modella di Leonardo per la Gioconda. Fra le varie pubblicazioni: Il segreto della Gioconda; Alla ricerca della Gioconda; Il furto della Gioconda. Un falso al Louvre? Raffaello tra Leonardo e Michelangelo; tutti editi da Armando Editore.

Ferdinando Camon, Occidente, Apogeo Editore 

Dopo più di quarant’anni, ecco la versione definitiva di Occidente di Ferdinando Camon, libro fondamentale di uno dei più importanti scrittori italiani del dopoguerra e testimonianza insuperata per chiunque voglia comprendere la stagione degli anni di piombo, cominciando dalle trame dell’eversione neo-fascista. Padova, crocevia di un Veneto che si avvia a diventare la locomotiva Nordest, ma anche città inquieta delle migliaia di universitari e dell’Autonomia Operaia, è lo sfondo di questa storia, nei tumultuosi anni Settanta. Da una parte l’utopia rivoluzionaria che conquista schiere di studenti e intellettuali, proponendosi di abbattere la società borghese, dall’altra la reazione nichilista di pochi ma determinati estremisti neri. Ed è proprio su di loro, in particolare, che Camon concentra il suo sguardo: Franco, leader cupo e tormentato, è la figura emblematica che reclama per sé il diritto alla strage, mentre persegue con i suoi camerati il folle progetto di una violenta apocalisse purificatrice. Ma quali sono, in realtà, le reali radici psicologiche di questa ossessione per il sangue e per il terrore indiscriminato? Il romanzo indaga – oltre le ragioni più esplicitamente politiche – la psicologia profonda del nostro terrorismo e di ogni terrorismo, la sua intima connessione con la fragilità e il senso di precarietà che descrivono la condizione dell’uomo contemporaneo. Oggi, probabilmente, come quarant’anni fa. Come scrive l’Autore: “Finita quell’epoca e sparite quelle minacce, oggi mi è possibile recuperare il nucleo centrale del romanzo (…). Lo presento dunque, così depurato, in un momento in cui il ‘diritto alla strage’ non spiega più soltanto la decadenza dell’Occidente, ma tanta parte della storia mondiale”.

L’autore

Ferdinando Camon è nato nel 1935 in un piccolo paese della campagna veneta. Il suo primo romanzo, uscito con una prefazione di Pier Paolo Pasolini, è stato subito tradotto in Francia per interessamento di Jean-Paul Sartre. Nei suoi libri Camon ha raccontato la crisi e la morte della civiltà contadina (nei romanzi Il quinto stato, La vita eterna, Un altare per la madre, Premio Strega, Mai visti sole e luna, Premio Stazzema, e nelle poesie Liberare l’animale, Premio Viareggio, e Dal silenzio delle campagne), la crisi che si è nominata terrorismo (Occidente), la crisi che porta in analisi (La malattia chiamata uomo, La donna dei fili, Il canto delle balene) e lo scontro di civiltà, con l’arrivo degli extracomunitari (La Terra è di tutti). I suoi romanzi più recenti sono La cavallina, la ragazza e il diavolo (2004, Premio Giovanni Verga) e La mia stirpe (2011, Premio Vigevano- Mastronardi). Nel 2019 è uscito da Ediesse Tentativo di dialogo sul comunismo, con Pietro Ingrao. Nello stesso anno Guanda ha pubblicato Scrivere è più di vivere. Nel 2020 con Apogeo Editore è uscito A ottant’anni se non muori t’ammazzano. È tradotto in venticinque paesi. Le sue opere sono pubblicate anche in edizioni per ciechi, in Italia e in Francia. Nel 2016 gli è stato assegnato il premio Campiello alla Carriera.

T. Coraghessan Boyle, I terranauti, La nave di Teseo

Il nuovo romanzo di un autore di culto, vincitore del PEN/Faulkner Award. Nel 1994, nel deserto dell’Arizona, a una quarantina di minuti da Tucson, sta per avere inizio un esperimento epocale, in grado di riscrivere il futuro dell’umanità. Con il riscaldamento globale che incombe, gli ecosistemi che collassano e la grande utopia della colonizzazione spaziale all’orizzonte, otto scienziati, quattro uomini e quattro donne, vengono rinchiusi in una grande arca di vetro, soprannominata E2, in cui è stato creato un ecosistema in grado di sostenersi e sostenerli per due anni. La mente dietro a questa enorme operazione che mescola scienza e pubbliche relazioni, ricerca e pubblicità, è Jeremiah Reed. La sua ambizione è dare all’umanità la prova che esiste un’alternativa: per farlo ha creato un reality show in cui i Terranauti, così vengono chiamati gli otto volontari scelti dopo una lunga e dura selezione, oltre a compiere esperimenti scientifici e a cercare di sopravvivere, devono anche organizzare degli spettacoli e rispondere alle interviste, mentre ogni loro azione è sotto osservazione. Ma due anni sono lunghi, e le cose non andranno tutte come Reed e i suoi collaboratori si aspettavano. Ispirandosi a fatti reali T.C. Boyle racconta, attraverso le voci di tre personaggi, Dawn, Ramsay e Linda, questa vicenda incredibile, sondando le personalità, le motivazioni e le fragilità dei suoi protagonisti con ironia e acume e regalando al lettore un indimenticabile quadro delle ambizioni e delle debolezze dell’uomo.

Massimo Tedeschi, Il giardino dei cedri. Una nuova indagine del commissario Sartori, La nave di Teseo

Lago di Garda, agosto 1939. Nella lussuosa villa del conte Arturo Bustoni giacciono due cadaveri, uccisi a colpi di arma da fuoco. I corpi sono quelli di Marguerite Guerin Bustoni, giovane moglie francese del conte, e Ottorino Gandini, pescatore della zona. I due sono discinti. Lei impugna una pistola. Tutto fa pensare a un amore clandestino finito nel sangue. Il caso è chiuso. Il conte, reduce invalido dalla campagna di Abissinia, è interessato a mettere sotto silenzio lo scandalo nel più breve tempo possibile in modo che il delitto non infanghi il buon nome di famiglia. Nel frattempo un misterioso rabbino tedesco di nome Lev Beniacar si presenta in commissariato per denunciare il diniego da parte del conte Bustoni e di altri proprietari terrieri della zona – in ottemperanza alle leggi razziali approvate l’anno prima – di vendergli dei cedri fondamentali per la festa di Sukkot… Il fiuto del commissario Italico Sartori, detto Italo, saprà ricomporre i pezzi di questo nuovo, inquietante puzzle.

Libro controcopertina, “Antiche storie siciliane” di Cristina Fontanarosa e Alessandro Filetti, Algra

Figure mitologiche, pozioni d’amore, incantesimi e leggende metropolitane tramandate nei secoli hanno arricchito la Sicilia di una cultura popolare che affascina da sempre grandi e piccoli. Questo libro racconta le storie siciliane più appassionanti, conducendo il lettore per mano in un viaggio simbolico alla scoperta di una terra che fonde storia e mito, fantasia e realtà.



Le uscite di mercoledì 29 giugno

AA. VV., Estate in cento parole, L’Erudita

Di questa antologia poco si sa, se non che supera centinaia di penne. Ma il giuoco vale la candela, noi ne abbiamo scoperte due: le etnee Sarah Grisiglione e la nostra collega Federica Duello.

Cees Nooteboom, Saigoku. Il pellegrinaggio giapponese dei 33 templi, Iperborea

Dopo Cerchi infiniti un nuovo libro dedicato all’arte del pellegrinaggio in Giappone. Tra i tanti pellegrinaggi che si possono fare in Giappone, quello di Saigoku è uno dei più importanti, lunghi e faticosi. Comprende 33 templi buddisti, tutti dedicati a Kannon, il bodhisattva della compassione, che si trovano nella regione del Kansai: molti sono nell’area di Kyoto, l’ex capitale dell’impero nel periodo Heian (794-1185), altri, i più antichi, giacciono su montagne in parte impraticabili, uno addirittura su un’isola. È faticoso raggiungerli con i mezzi pubblici, e spesso bisogna andare a piedi. Accompagnati dalle pagine dalla Storia di Genji di Murasaki Shikibu, il primo romanzo della storia, che ritrae il raffinamento estremo a cui giunse l’isolata corte di Heian, Cees Nooteboom e la fotografa Simone Sassen hanno intrapreso più volte il pellegrinaggio di Saigoku, affrontando scomodi viaggi in autobus e su treni locali, affrontando ripide salite o arrampicandosi su scale di mille gradini, registrando i progressi del viaggio con i timbri rossi dei templi e calligrafia giapponese. Saigoku è un libro da leggere, guardare e su cui meditare, che ci porta in un Estremo Oriente fatto di silenzio, bellezza, antichi miti e leggende, in un Giappone lontano dalle metropoli e dalla contemporaneità.

Le uscite di giovedì 1° luglio

Blaise Cendrars, Sarajevo, Marietti 1820

Scritto per la radiotelevisione francese e trasmesso la prima volta nel 1955, il radiodramma Sarajevo ruota attorno all’attentato del 28 giugno 1914, l’assassinio, per mano del nazionalista serbo Gavrilo Princip, dell’arciduca Francesco Ferdinando e di sua moglie. Con il suo corollario di preludi e code, l’evento viene messo in scena in un gioco di flash-back e dissolvenze narrative da alcuni improbabili avventori di una vineria nella Sarajevo degli anni ’50, dove, nel corso di un improvvisato processo alla Storia, si va cercando la ragione ultima delle cose. Cendrars avvicenda sul palcoscenico una pletora di personaggi secondari; tra questi si insinua la figura ondivaga e umorale del caso, che sembra farsi beffe di loro, trascinandoli nelle sue repentine giravolte. La palese e quasi comica sproporzione tra la natura quasi caricaturale dei personaggi e ciò che è accaduto nei quarant’anni intercorsi tra l’attentato e il «processo» in vineria fa scivolare il dramma nel grottesco. Come se la Storia non fosse che una farsa priva di spazi di redenzione.

L’autore

Blaise Cendrars (1887-1961), poeta e scrittore svizzero naturalizzato francese, lascia il paese natale a sedici anni e, dopo una serie di viaggi che lo portano anche in Russia e in Cina, raggiunge Parigi nel 1910. Qui stringe amicizia con numerosi artisti, fra i quali Apollinaire, Modigliani, Léger e Chagall. Arruolatosi nella Legione Straniera, partecipa alla prima guerra mondiale e al ritorno si dedica alla letteratura e al giornalismo (è corrispondente di guerra al seguito dell’esercito inglese nel 1939). Ritiratosi ad Aix-en-Provence durante l’occupazione nazista, rientra a Parigi nel 1950. Tra le sue opere principali si ricordano La Prose du Transsibérien (1913), Moravagine (1926) e La Main coupée (1946).

Luc Dardenne, Addosso alle immagini. Viaggio nel nostro cinema, il Saggiatore

«Siamo giunti alla conclusione che dovevamo smettere di in- seguire un’immagine ideale del cinema. Ci siamo detti: che cosa ci appartiene veramente, che cosa sappiamo fare? Ecco, scrivere mi è servito a riflettere su questo e a confrontarmi con mio fratello.» Tra gli anni novanta e il primo decennio del nuovo secolo Jean-Pierre e Luc Dardenne hanno dato vita ad alcuni tra i film più memorabili del panorama mondiale: opere crude e innovative, capaci di offrire un nuovo linguaggio al realismo e di incontrare i favori sia della critica che del pubblico. Fatto meno noto, la loro realizzazione ha coinciso per Luc Dardenne con la stesura di un diario privato, nel quale ha riversato le riflessioni che i due registi hanno condiviso fuori e dentro il set: la scelta degli attori e le decisioni sulle sceneggiature, l’invenzione di Rosetta e le inquadrature di L’Enfant, le teorie filosofiche e le idee per i nuovi progetti, le letture fatte e i film visti – da Federico Fellini a Robert Bresson, fino a Nanni Moretti –, le questioni religiose e sociali e l’attualità – dai piccoli fatti di cronaca agli attentati di Bruxelles e Parigi del 2014-2016. Addosso alle immagini, questa sorta di diario-specchio, è un viaggio nel cinema dei fratelli Dardenne: un contenitore di pensieri, ognuno dei quali è un frammento nella costruzione di un immaginario di rara nitidezza e complessità. Un’opera che ci rivela cosa avviene nella mente di un regista pri- ma che l’occhio si posi sulla macchina da presa.

Douglas Sirk e Jon Halliday, Lo specchio della vita, il Saggiatore

C’è una stagione del cinema americano che sprigiona forse più delle altre un’aura magica e carica di nostalgia. Un momento situato tra la morte del film muto e le prime opere a colori, colmo di sguardi sognanti, baci proibiti e musiche patetiche; di locandine dai colori a pastello e lettering curati, che incorniciavano i volti angelici di Lana Turner, Susan Kohner, Dorothy Malone, o i sorrisi rassicuranti di Rock Hudson e John Gavin. Una stagione a tutti gli effetti unica, fatta di film amatissimi tra i contemporanei, disprezzati dai critici e riabilitati dai posteri, il cui principale esponente era un eccentrico regista di Amburgo fuggito dal Terzo Reich che, all’apice del successo, si sarebbe ritirato per sempre. Questo libro è un’immersione nella vita e nella carriera di Douglas Sirk, il maestro del mélo hollywoodiano del dopoguerra, attraverso le conversazioni avute con lo storico Jon Halliday poco prima di morire: dalla giovinezza come regista teatrale nella Repubblica di Weimar, dove divenne amico tra gli altri di Bertolt Brecht, ai primi tentativi filmici; dagli anni della censura nazista alla fuga dalla Germania; dai primi passi come esule negli Stati Uniti sperimentando tra i generi, alla messa a punto di un nuovo linguaggio cinematografico; fino all’affermazione totale con film come Magnifica ossessione o Tempo di vivere e al ritorno in Europa e al teatro. Lo specchio della vita è il racconto di una figura geniale a lungo dimenticata, che è riuscita a crearsi un proprio spazio nel mondo nonostante ogni difficoltà. Arricchita da uno scritto inedito del regista Rainer Fassbinder, sodale e ammiratore di Sirk, e da una postfazione di Goffredo Fofi, quest’opera è un classico della letteratura di cinema: un dialogo di sconcertante attualità sul rapporto tra arte ed esistenza, tra fama e valore, tra ricerca espressiva e popolarità. L’ultimo luccichio di un’epoca ingenua e meravigliosa, che aveva rivestito le proprie contraddizioni di oro e celluloide per apparire ancora più nuda e spezzata.

Gli eventi di venerdì 1 luglio

Leonardo Lodato presenta Cielo, la mia musica! al Sicilia Jazz Festival di Palermo 

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Clicca sull’immagine e leggi l’intervista a Leonardo Lodato

Elvira Seminara inaugura la II edizione di “Letture d’estate” del Circolo di lettura ‘Bianca Garufi’ di Letojanni

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