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Padre Antonio Spadaro e Martin Scorsese, dialogo a tappe fra la religione degli uomini e quel film su Gesù

Libri e Fumetti Scritto a quattro mani dal regista italo-americano e dal gesuita messinese, "Dialoghi sulla fede", edito da La nave di Teseo, è un libro generato da un confronto nato a New York nel 2016, ai tempi del film "Silence", e che ha generato un dialogo in fieri che fa emergere concetti, idee, episodi di vita vissuta, esperienze artistiche, spirituali e pragmatiche

Un dialogo culturale ed esistenziale di ampio respiro. Un libro generato da un confronto dai tratti socratici, un dialogo che con metodo maieutico fa emergere concetti, idee, episodi di vita vissuta, esperienze artistiche, spirituali e pragmatiche. Nel libro , “Dialoghi sulla fede” di Antonio Spadaro e Martin Scorsese, edito da La Nave di Teseo, vi è una conversazione che si è snodata nel tempo (ancora in fieri) e che ha avuto l’incipit il 3 marzo del 2016, a New York.

Messinese, 57 anni, padre Antonio Spadaro, giornalista e scrittore, ex direttore della prestigiosa rivista gesuita “La Civiltà Cattolica”, oggi uno dei sotto-segretari del Dicastero vaticano per la Cultura e l’Educazione, ha incontrato il grande regista Martin Scorsese per parlare di “Silence”, il film che il regista italoamericano dedicò alle persecuzioni dei gesuiti in Giappone, e del suo rapporto con la fede. Un discorso che si amplia, attraverso vari incontri, su una molteplicità di argomenti.
Scrive Spadaro: “New York. Il 3 marzo 2016 suono il campanello a casa Scorsese: è una giornata fredda, ma luminosa. Sono le 13.00. Vengo accolto in cucina, come in famiglia. La persona che mi fa entrare mi chiede se voglio un buon caffè. “Italiano”, precisa. Accetto. Infreddolito. Sono arrivato un po’ in anticipo e ho preferito attendere facendo il giro dell’isolato. L’idea di un caffè caldo – e italiano – mi attira. Ad accogliermi in soggiorno è la moglie di Martin, Helen. Ho una forte sensazione di casa. Parliamo a lungo prima dell’arrivo del marito. Siamo seduti sullo stesso divano. Arriva Martin con passo svelto e con il sorriso accogliente. Parliamo subito delle nostre radici comuni. Siamo in qualche modo “paesani”. Sa già che io sono di Messina. Lui mi dice che è di Polizzi Generosa, a metà strada tra Messina e Palermo. O meglio: lo era suo nonno. Ma per lui è chiaro che le sue radici sono là. Polizzi Generosa ha dato i natali a Giuseppe Antonio Borgese, uomo di pensiero, letterato e politico; al cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, segretario di Stato di Leone XIII, e quasi eletto pontefice. Ma non parliamo di loro. Ricordiamo invece la sua vita da nipote di immigrati nei quartieri di New York, la sua vita da chierichetto. Ne esce un miscuglio di legami di sangue, violenza e sacro”.

Ricordi ed emozioni

Antonio Spadaro e Martin Scorsese

“Per Martin i riti in chiesa erano drammatici, le liturgie bellissime. I ricordi in chiesa si fondono con quelli di ragazzino che, inconsapevolmente, fa della strada il suo primo set cinematografico: quello della sua immaginazione, dei suoi sogni e dei suoi incubi, dove tra i personaggi c’erano gangsters e preti. “Quando ero ragazzo, ero davvero fortunato, perché avevo un prete straordinario, padre Principe. Da lui ho imparato tantissimo, e tra le altre cose la pietà con se stessi e con gli altri” mi dice. Forse parlando con me, Scorsese ha in mente padre Principe, siciliano come lo sono io. E così capisco che per lui la religione non è degli angeli, ma degli uomini. “La grazia nel territorio del diavolo”: questa espressione di Flannery O’Connor può riassumere l’opera di Scorsese, credo. Mi diceva che nel suo libro “Absence of Mind”, Marilynne Robinson ha scritto qualcosa che lo ha molto colpito: “siamo brillantemente creativi e altrettanto brillantemente distruttivi”. Questo rende l’uomo inspiegabile, cioè irriducibile a spiegazioni: è “il mistero grande, stupefacente, del nostro mero esserci, del vivere e morire”. Per Martin mi pare che ci sia una differenza radicale tra un problema e un mistero: nel mistero la risposta non esaurisce la domanda. E i misteri non si devono trasformare in problemi. Quando era chierichetto, uscendo per strada dopo la fine della messa si chiedeva: “Com’è possibile che la vita vada avanti come se niente fosse accaduto? Perché non è cambiato niente? Perché il mondo non viene scosso dal corpo e dal sangue di Cristo?”. “Perché il mistero della morte e resurrezione non cambia il mondo? È una domanda lancinante, mistica. Come ha fatto Scorsese a portarsela dietro per i decenni della sua vita? Indubbiamente grazie al cinema, da “Toro scatenato” a “Silence”, passando per “L’ultima tentazione””.



Il divenire del dialogo. Dostoevskij, letteratura e cinema

Antonio Spadaro e Martin Scorsese e il libro che li unisce “Dialoghi sulla fede”

“Torniamo al discorso sulla grazia iniziato a New York. Mi dice che nel frattempo si è sottoposto a un’operazione agli occhi a Indianapolis, e che ha dovuto trascorrere molto tempo senza poter leggere. Allora si è procurato audiolibri e ha ascoltato Dostoevskij a più non posso. Mi parla dei Karamazov. E di come abbia goduto e lottato con la sua fantasia ascoltando. Io gli dico che papa Francesco ama anche lui Dostoevskij. “Interessante,” mi dice “e che cosa gli piace, in particolare?” mi chiede. Gli dico che il romanzo a lui più caro è “Memorie del sottosuolo”. Lui ha un sobbalzo. “Ma è anche il mio!” esclama. ““Taxi driver” è il mio “Memorie del sottosuolo”!” Riprendiamo i nostri dialoghi sulla grazia nel giugno successivo, e lì gli chiedo se avesse voglia di fare una riflessione sulla sua vita, e in particolare i suoi errori, parlando ai giovani che si affacciano alla vita. Accetta e dà il suo contributo a un libro dal titolo “La saggezza del tempo”. Il senso del volume era quello di presentare storie che persone avanti in età raccontavano ai più giovani per tendere un filo tra le generazioni. Tra i protagonisti c’era anche papa Francesco. Martin si mette a nudo e scrive tra l’altro: “Penso di aver imparato più dai fallimenti, dal rifiuto, dall’ostilità che dal successo”.

Roma e l’incontro tra Scorsese e Papa Francesco

 

Papa Francesco e Martin Scorsese in Vaticano nel 2018

“Viene poi a Roma per la presentazione del volume con il pontefice il 23 ottobre 2018. In quell’occasione pone pubblicamente una domanda a Francesco: “Santo Padre, oggi le persone fanno tanta fatica a cambiare, a credere nel futuro. Non si crede più nel bene. Ci guardiamo attorno, leggiamo i giornali e sembra che ormai la vita del mondo sia segnata dal male, persino dal terrore e dall’umiliazione. In che modo oggi un essere umano può vivere una vita buona e giusta in una società dove ciò che spinge ad agire sono avidità e vanità, dove il potere si esprime con violenza. Come faccio a vivere bene quando faccio esperienza del male?”. Una domanda forte alla quale il papa risponde guardandolo negli occhi. Ricordo poi l’abbraccio con lui e la moglie Helen: in quel momento è scattato qualcosa, forse la percezione di un compito. Ho rivisto quel medesimo sguardo d’intesa profonda il 21 ottobre 2019 quando Francesco e Martin si rivedono per un breve incontro durante una pausa del Sinodo sull’Amazzonia”.

Cinema, estetica, dimensione di umanità e possibilità di cambiamento radicale

Le conversazioni continuano, un nuovo incontro. “Mi ha fatto vedere alcune immagini e sequenze di “Killers of the Flower Moon”. Le trovo di una bellezza mozzafiato. Riconosco citazioni di Georges de La Tour, tra l’altro. Ma poi abbiamo parlato di romanzi, di che cosa accade in una storia, e della prospettiva cristiana sulle storie. Concordavamo su una cosa fondamentale: è possibile che la grazia tocchi un’esperienza umana. E questo significa ammettere che sia possibile un cambiamento radicale come reazione al tocco – che sia carezza o schiaffo – di quella grazia. Eravamo d’accordo, insomma, sul fatto che sia possibile cambiare davvero: cambiare vita, non solo idee. Sono colpito da Helen: la sua presenza, nonostante la malattia, è sempre vigile. Partecipa alla nostra conversazione con sguardi intensi e poche parole, ma sempre affilatissime, precise, quelle giuste”.

Il dialogo epistolare. La figura di Gesù e la nuova ispirazione

Spadaro ricorda: “Tornato a Roma, ho meditato su quella conversazione e gli ho inviato una mail. Gli ho scritto allora di un libro su Gesù che stavo terminando: “Una trama divina. Gesù in controcampo”. Non era una biografia, ma un commento composto di quadri a loro modo “cinematografici”. Papa Francesco ha voluto scrivere una sua prefazione al volume, ragionando sulla figura di Gesù. Ho sentito che dovevo condividerla con lui. Il testo del pontefice si conclude con un appello agli artisti a farci vedere Gesù con “la genialità di un linguaggio nuovo, di storie e immagini potenti”. Scorsese ha avvertito la forza di un invito personale. Mi ha scritto dopo una decina di giorni che avvertiva la necessità di rispondere. Non con un saggio, ma da regista – mi ha scritto – con una sceneggiatura, “qualcosa che catturi l’occhio e la mente in modo inaspettato”. Quando l’ho ricevuta sono rimasto sconvolto da questo gesto. Ero in vacanza da un amico gesuita in Francia ed era ora di pranzo: ho cominciato a girare in tondo per la stanza per sfogare la tensione mentre leggevo il testo. Dopo aver riletto più volte questo script, ho sentito che lì dentro – “forse la base per un film”, aveva aggiunto – c’era moltissimo della sua opera e di se stesso. Ovviamente non ha nulla a che vedere con King of Kings, ma non si esaurisce neanche in un Amleto né in un James Dean. Martin, infine, mi ha scritto: “Sto solo cercando di accogliere la chiamata del Papa agli artisti con una possibile risposta, che potrebbe portare a ulteriori risposte”.

Antonio Spadaro e i mille volti di Cristo, quando la trama divina diventa storia

Gesù e il cinema. La metafisica dell’immagine, la filosofia esistenziale e la profondità del silenzio

Lily Gladstone e Martin Scorsese sul set di ‘Killers of the Flower Moon”, foto Paramount Picture

“Rivedo Martin a Roma il 31 gennaio 2024 in occasione di una cena in onore suo e di Lily Gladstone per celebrare il film “Killers of the Flower Moon”. In camera sua ci soffermiamo a discutere del film su Gesù. Mi dice che una amica gli aveva chiesto quale fosse la “sua” immagine del Cristo, quella che gli era rimasta stampata nella mente. Lui mi fa vedere quella immagine fotografata nel suo iPad. Era un Cristo deposto dalla Croce che lo accompagna sin da quando era ragazzo. Restiamo in silenzio. Poi parliamo di questo libro di conversazioni sulla fede. Ho avuto l’impressione che questo con Martin sia un unico, lungo dialogo a tappe. C’è un filo profondo che unisce le nostre parole. È un filo che mi accompagna nel labirinto”.

Il filo rosso del dialogo socratico porta a nuove tappe, a nuove dimensioni, che la lettura del libro svelerà…



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