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Meno male che Sir Jo c’è

Blog Dopo i vergognosi pestaggi degli studenti che manifestavano per Gaza, il Capo dello Stato si è sentito in dovere di chiamare il ministro dell'Interno per ricordargli il fallimento dei manganelli sui ragazzi. So che mancano 5 anni alla fine del suo secondo mandato ma lasciatemi immaginare per un attimo Mattarella come tutore della pace istituzionale italiana per sempre, come solo un nobile di rango può

In Italia la parola responsabilità – ci ricorderebbe la Treccani che “La responsabilità è innanzitutto la caratteristica di chi è responsabile, cioè di chi risponde delle proprie azioni sapendone spiegare le ragioni e accettandone le conseguenze” – ha cambiato significato perché in Italia la responsabilità è sempre degli altri.

Il mondo della politica, poi, incarna fino alle massime conseguenze questa diversa “destinazione d’uso” del termine. E poiché, come ci ricorda il vecchio andante siciliano “comandare è meglio di fottere”, parafrasando la famosa frase di “Love story”, per la politica “comandare significa non dover mai dire, mi dispiace”.

Un esempio? Gli studenti che manifestano – a Pisa, a Firenze, a Catania e in tanti altri posti d’Italia – per chiedere che il massacro di Gaza cessi quanto prima, perché disumano, vengono “massacrati” di botte dai reparti antisommossa delle forze della polizia in maniera preventiva, prima che scoppino eventuali disordini. Con senso di responsabilità pari quasi a zero, per la destra di governo, e tutti i suoi lacchè, la colpa dei pestaggi è stata dei ragazzi rei di aver manifestato talvolta senza autorizzazioni.
Cari studenti senza autorizzazioni “potevate rimanere offesi”, avrebbe detto il comico Aldo Baglio nei panni del poliziotto ticinese Huber, quello che sparava a tutti per “proteggerli” da eventuali problemi.

Meno male che in Italia, almeno uno c’è che conosce il significato della parola responsabilità. Si chiama Sergio Mattarella, per forza di cose al suo secondo mandato come Capo dello Stato. Dopo i vergognosi pestaggi di Pisa e Firenze, nel giorno in cui il compito principale del Quirinale era quello di far conoscere le trenta onorificenze al Merito della Repubblica Italiana, si è sentito in dovere di chiamare il ministro dell’Interno e, con aplomb britannico, lo ha “cazziato” col garbo istituzionale che gli compete: “Il Presidente della Repubblica ha fatto presente al Ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella

Quest’ultima, bellissima, frase, che condanna senza se e senza ma la violenza gratuita di Stato, sarebbe dovuta bastare a far terremotare le istituzioni preposte all’ordine pubblico, perché queste sono le regole della democrazia italiana, e nessuno se lo deve mai scordare. Perché il popolo non serve solo al momento del consenso, ma soprattutto nel momento delle critiche. Ma in Italia, lo ripeto, la responsabilità è sempre degli altri, quindi nessuno ha rimesso il suo mandato.

Capisco che il non più giovane Sergio Mattarella – oggi 82enne – non voglia fare il Capo dello Stato a vita e speri che questi ulteriori cinque anni di mandato presidenziale scorrano senza grossi intoppi. Egoisticamente, però, lasciatemi immaginarlo per un attimo come tutore della pace istituzionale italiana per sempre, come solo un nobile di rango può, canticchiando, fra me e me: «Meno male che Sir Jo c’è».

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