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L’impegno di Valentina Carmen Chisari contro il bullismo: «La fantasia ti isola dagli altri ma ti fa vivere la vita giusta»

Libri e Fumetti E' ispirato dal personaggio di Cosimo, il protagonista de “Il barone rampante” di Italo Calvino, “L’albero di Pierre”, il nuovo racconto per bambini, in libreria con Scatole Parlanti dal 13 dicembre, scritto dalla giornalista catanese Valentina Carmen Chisari, corredato dalle illustrazioni di Francesca Barcellona. Un racconto che tocca il delicato tema del bullismo: «E' una storia che nasce da un’altra storia e che parla di amicizia, ingiustizie, sorrisi e, ovviamente, anche di libri»

«Questa è una storia che nasce da un’altra storia e che parla di amicizia, ingiustizie, sorrisi e, ovviamente, anche di libri». Esordisce così Valentina Carmen Chisari, giornalista catanese classe 1981 e, il riferimento, è al suo nuovo racconto per bambini “L’albero di Pierre” (Scatole Parlanti, pp. 39, € 13), corredato dalle illustrazioni di Francesca Barcellona, in uscita venerdì 13 dicembre e che rappresenta il suo terzo lavoro dedicato all’infanzia, dopo “Racconti dall’isola magia. La Sicilia e i suoi colori” uscito nel 2013 (Inkwell) e “Il mare di Vita e Chadi” pubblicato nel 2021, anche questo edito da Scatole Parlanti, che vinse, l’anno dopo, il Premio Cinemigrare. «“L’albero di Pierre”, pur essendo dedicato ai più piccoli, in realtà credo che abbia tanti spunti di riflessione anche per gli adulti, come per esempio i temi dell’amore, del lavoro, del distacco, della nostalgia», continua la scrittrice che stimola subito a indagare e a curiosare sull’importanza dei temi trattati.

Sono argomenti importanti, quindi, ma ti riferivi a un’altra storia, a una ispirazione: qual è stata quella che ti ha spinto a scrivere “L’albero di Pierre”?
«Il pensiero di scrivere un nuovo racconto mi balenava in testa da un po’ ma non avevo ancora la spinta giusta, tante idee ma solo abbozzate. La scintilla è nata durante uno dei miei progetti scolastici in una scuola primaria, quando alcuni alunni mi hanno detto di avere immaginato una storia in cui sarebbero stati loro i protagonisti. In quel momento ho capito che l’unico modo per parlare ai bambini, è quello stare in mezzo a loro e ascoltarli perché quello che hai da dire, a volte, loro lo sanno già: devi solo farlo venire fuori e metterlo nero su bianco. Ma la vera intuizione è nata dopo aver riletto “Il barone rampante” di Italo Calvino, la prima volta che mi ero avvicinata a questo libro mi aveva lasciato un segno e avevo voglia di rileggerlo. In realtà, in quella nuova circostanza è come se lo avessi letto per la prima volta».

Valentina Chisari mostra con orgoglio una copia de "L'albero di Pierre"

Valentina Chisari mostra con orgoglio una copia de “L’albero di Pierre”

In che senso?
«Quando leggi un libro da bambina o da ragazzina, lo recepisce la tua infanzia o, a seconda del caso, la tua adolescenza. Nel momento in cui ripeti l’esperienza da grande, riesci a vedere delle cose che prima erano invisibili e, forse, altre, non le vedi più. Quello che ho sempre visto in questa lettura è il coraggio di Cosimo, il bambino che rinuncia a tutte le comodità e al lusso della famiglia per vivere su un albero, per essere libero; ciò che, invece, sono riuscita a scorgere meglio adesso è il ruolo centrale che hanno avuto i libri nel suo percorso e in quello di chi, anche se per poco, è entrato a far parte della sua vita. Così, ho cominciato a intravedere Pierre, tra quelle pagine e in mezzo ad altre che dovevano ancora essere scritte”».

Una storia d’altri tempi, allora, o forse senza tempo.
«“L’albero di Pierre” è ambientato negli anni Sessanta, ma racconta di sentimenti, comportamenti, azioni che non sono classificabili in una determinata epoca e che si ripetono nel tempo. Pierre è un ometto che vive in un mondo tutto suo, in uno di quegli universi in cui tutta la fantasia che c’è ti rende distante dagli altri e tu, che non ci vuoi rinunciare, paghi il prezzo della solitudine e dell’incomprensione. Un prezzo che, però, vale la pena di pagare perché ti porta a vivere la vita giusta per te con le persone, poche ma vere, che ti capiscono e che ti amano per quello che sei. A riguardo, i genitori di Pierre saranno i primi ad accorgersi dell’unicità del figlio e seguiranno la strada che riuscirà a toccare le corde della sua sensibilità e della sua felicità, più profonda. Le illustrazioni di Francesca Barcellona arricchiscono il racconto, con la semplicità del suo tocco artistico».

Al centro Astalli con liberatoria e scelta unica per fotografarsi a volto scoperto

Al centro Astalli con liberatoria e scelta unica per fotografarsi a volto scoperto

Nel libro si tocca un tema delicato che, purtroppo, riguarda molti ragazzi: il bullismo.
«La storia mette al centro le difficoltà di socializzazione tipiche dell’età infantile, i soprusi di cui a volte sono capaci anche i più piccoli nonostante la tenera età e che, per questo, si fa fatica a riconoscere e a correggere, specie nel passato. Oggi a scuola si parla tanto di bullismo, di cyberbullismo, vengono effettuati dei corsi sia per gli alunni che per gli insegnanti, negli istituti scolastici è presente lo psicologo come specialista per ascoltare ogni problematica. Gli studenti hanno imparato a conoscere e a riconoscere il personaggio di “bullo” e tutte le azioni che lo caratterizzano, resta la difficoltà di ammetterlo a sé stessi e di parlarne con gli adulti. In passato, invece, molti gesti, soprusi, venivano taciuti oppure si vedeva l’abuso ma spesso non si faceva niente per correggere alcuni comportamenti; azioni che, talvolta, venivano ricondotte a figure di riferimento, quasi idolatrate dai coetanei per la capacità di affermazione del proprio potere. Spero che tutto questo possa essere ricondotto ad un’altra epoca, purtroppo i giovani e i giovanissimi soffrono molto per questo genere di situazioni in cui, non per loro volontà, si ritrovano, in alcuni casi si è arrivato anche a compiere gesti estremi e questa è cronaca attuale, non di sessant’anni fa. L’intento di chi scrive un racconto per bambini è quello di veicolare un messaggio attraverso dei personaggi di fantasia che incarnano situazioni reali, perché l’immaginazione è sempre la strada per la libertà e la consapevolezza»

Lectio con presentazione a Mazara del Vallo

Lectio con presentazione a Mazara del Vallo

L’altra figura di spicco de “L’albero di Pierre” è il signor Verdisco, il bidello.
«C’è una cosa che mi fa dispiacere: non poter incontrare davvero il signor Verdisco. Credo di aver “inventato” un uomo che incarna tutte i pregi dell’animo umano, dalla sensibilità alla ironia buona e autoironia, dalla creatività all’empatia, dalla solidarietà alla capacità di amare senza riserve. Andando oltre tutto, anche oltre il dolore e le sofferenze. Il signor Verdisco è volutamente descritto come punto di riferimento per Pierre, che riesce a vedere in lui un amico e una fonte di saggezza, ma anche di ilarità, che lo aiuteranno a superare scogli e paure in tanti momenti della sua crescita. Non è un caso che sia il bidello della scuola, quella persona che spesso rappresenta una fonte di pace e tranquillità per l’alunno che esce dall’aula, dopo una interrogazione andata male, un litigio con un compagno e magari anche una nota sul registro. Il signor Verdisco rappresenta un esempio per il protagonista del racconto, per la sua capacità di amare la vita, nonostante la vita non sia sta sempre clemente con lui, e volere a tutti i costi il sorriso degli altri, impegnandosi e facendo sì che questo diventi la sua missione. Viviamo in un’era di profondo individualismo e sfiducia verso il prossimo, non ci si dona ai propri simili anche per paura di essere feriti e si pensa a costruire corazze difensive, che possano renderci invulnerabili. Ci si preoccupa di proteggere i propri sorrisi e non si pensa a quelli delle altre persone a noi vicine, dimenticando che la nostra felicità è, per forza, legata a quella altrui in quanto tutti siamo “animali sociali”. Scoprire un personaggio come il signor Verdisco che compie ogni gesto per il bene dell’altro, specie dei bambini, e che lo fa in nome di un amore è qualcosa che riempie il cuore e, magari, potrebbe tornare a far credere che ci si può ancora fidare. E che, a volte, ci si può affidare all’altro».

L'autrice

Valentina Carmen Chisari

Ma torniamo alla tua ispirazione, “Il barone rampante” di Calvino. In che modo i due libri sono collegati?
«Come dicevo all’inizio, Pierre è un ragazzino che vive in un suo guscio di fantasia e immaginazione e che trova in Cosimo, il protagonista del libro di Calvino, un simbolo da ammirare e seguire. La lettura de “Il barone rampante” arriva casualmente per lui e lascerà un segno, un barlume di speranza per il bambino che spera di trovare in quelle pagine lo stimolo per interagire con i suoi compagni. Gli eventi gli dimostreranno il contrario, ma lui non smetterà di credere nella potenza di quel romanzo che ha contribuito al suo percorso di crescita e conoscenza, di sé stesso e degli altri. Italo Calvino è considerato uno degli autori più importanti della letteratura italiana, anche e soprattutto per la sua capacità di spaziare tra le varie tendenze letterarie, utilizzando magistralmente l’illusione combinata alla realtà, giocando abilmente con la commistione tra finzione e concretezza. Nel caso de “Il barone rampante”, credo che la forza della storia risieda nel potentissimo contrasto tra le regole ben piantate in terra della famiglia di Cosimo e la sua scelta di vagare tra gli alberi, che non è soltanto carica di rischi e pericoli, ma rappresenta il taglio netto tra il certo e l’incerto, tra il confort e il coraggio, tra la sicurezza e la libertà assoluta. Sono convinta che, se c’è una cosa che dovremmo insegnare ai nostri figli, è la determinazione con la quale credere nelle proprie scelte e nei propri sogni, se la loro realizzazione dipende soltanto da tenacia e volontà. Lo stesso Calvino diceva di non fare le cose facili ma di cercare quelle difficili, che sono queste che faranno apprezzare il proprio impegno finalizzato alla loro realizzazione. Pierre ha di certo deciso, inconsapevolmente, di seguire la strada più impervia, quella che lo distingue dall’omologazione e da ciò che non gli appartiene. Credo che Pierre e Cosimo sarebbero stati ottimi amici, se fossero stati nello stesso libro».

I libri. Un elemento portante nella tua professione.
«C’è stato un episodio in cui sono stata definita “la ragazza dei libri”, credo che l’errore stia ne termine “ragazza” ma per il resto è tutto vero. Ho sempre creduto nella forza della lettura come spunto di crescita, di conoscenza di sé, di possibilità di esplorazione di alcune zone della nostra mente a volte silenti e quasi ignote. Ma questo riguarda il leggere da soli, l’attività individuale di cui, se ci si prende gusto, si diventa gelosi e che si desidera resti nella propria sfera intima, intoccabile e personalissima. Se, invece, si parla di lettura ad alta voce, allora lì il discorso si fa più ampio: il libro diventa un amico fidato, stavolta, da presentare agli altri; la conoscenza reciproca di “amici” che hanno tante storie da raccontare rappresenta, così, motivo di unione, condivisione, scambio e visioni. Con “Lectura City”, il ciclo di incontri di lettura condivisa da me ideato nel 2019, tutto questo avviene naturalmente, sfogliare pagine insieme ha creato negli anni connessioni, legami umani, senso di appartenenza. Credo che tutte queste cose debbano, per forza, essere legate ai libri che ancora una volta non finiscono di sorprendermi nel loro potenziale».

Prima parlavi dei laboratori che segui nelle scuole. Sono legati ai tuoi racconti?
«In alcuni casi, sì. Negli ultimi anni, ho ideato e attuato dei progetti di lettura e scrittura rivolti alle scuole Primarie e ispirati a “Racconti dall’isola magica. La Sicilia e i suoi colori” e a “Il mare di Vita e Chadi”. Si è trattato di un percorso ludico – didattico che ha permesso agli alunni di conoscere entrambe le storie, in maniera divertente e creativa, dando luogo ad altre storie da loro inventate; è in cantiere la preparazione del progetto legato a “L’albero di Pierre” che spero di poter attuare, come i precedenti. Oltre e queste attività rivolte ai bambini, ho avviato anche dei progetti rivolti ai ragazzi delle scuole secondarie, di primo e secondo grado. La verità, è che stare con bambini e adolescenti è la cosa più bella del mondo e, poterlo fare attraverso i libri, rende tutto ancora più speciale».

Il tuo lavoro sembra che rappresenti per te una missione. È cosi?
«Credo che ogni professione debba essere interpretata come una missione. Io nasco come giornalista, ho sempre amato scrivere e continuo ad essere curiosa e assetata di conoscenza e storie da raccontare. Scrivere per i bambini e lavorare con loro ti offre innumerevoli occasioni di crescita, di spunti di riflessione, di creatività che non puoi lasciare svanisca o fugga via. La necessità di dare vita a dei racconti nasce dal desiderio di arrivare, fare breccia nei cuori e nell’animo dei giovani e, forse, farlo attraverso l’immaginazione credo sia un modo di “vincere facile” . Una volta Gianni Rodari, il mio scrittore preferito, disse che se un bambino ti chiede di spiegargli come si entra in una stanza, tu puoi dirgli che si usa una porta oppure, per esempio, che si deve attraversare un bosco, arrivare sul tetto e poi scendere con una fune. Se non lo racconterai così, ti sarai perso l’opportunità di viaggiare con un bambino sulle ali della fantasia. Ecco, forse io non voglio perdere queste occasioni e continuo a leggere e a scrivere».

Il progetto "Lecture City", nato nel 2019 che gira tra scuole, festival e luoghi

Il progetto “Lectura City”, nato nel 2019, promuove incontri di letture condivise, aperti a tutti, che gira tra scuole, festival e luoghi

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