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Clemente Cipresso e gli ultimi maestri d’ascia di Acitrezza: «Sono un patrimonio da preservare e difendere»

Libri e Fumetti Nuova storia da leggere per il Perfusionista cardiovascolare ma anche giornalista e scrittore campano e catanese d'adozione, il quale si è appassionato alla storia della famiglia Rodolico, capostipiti dei maestri d'ascia di Aci Trezza: «I proventi saranno devoluti all'associazione dei maestri d'ascia per la realizzazione di un museo». Il 27 aprile la presentazione editoriale al Polo culturale "Verga" di Sant'Agata Li Battiati

Torna alla pagina scritta  Clemente Cipresso, il 41enne giornalista e scrittore ma soprattutto perfusionista di cardiochirurgia campano, nativo di Aversa ma catanese d’adozione dal 2015 per ragioni professionali. Nel romanzo storico “Gli ultimi maestro d’ascia di Acitrezza”, edito da Transeuropa (pp.128, € 14,00), indaga sulla vita della famiglia Rodolico di Acitrezza, il borgo marinaro etneo dove Giovanni Verga ambientò i Malavoglia. A fine ‘800 Salvatore Rodolico, insieme con il figlio Sebastiano, avviò la costruzione di barche a vela per vari committenti della Sicilia. Con il passare del tempo le esigenze cambiano e la realizzazione di grossi motopescherecci e barche per il diporto sostituiscono le vecchie sardare e fiscinare. Gli anni ’60, come in tanti settori, segnarono l’inizio della stagione aurea anche per il cantiere passato nelle mani del giovane discendente Salvatore che cominciò a costruire imponenti imbarcazioni che giungeranno fino in Grecia e in Tunisia per la pesca del pesce spada.

I maestri d’ascia iniziano selezionando il legno migliore. Con abile precisione, il legno viene tagliato, levigato e modellato fino a ottenere le forme desiderate. Ma è nella fase dell’assemblaggio che l’abilità del maestro d’ascia si rivela in tutta la sua magnificenza. Utilizzando tecniche tradizionali e strumenti manuali, come l’ascia e il martello, l’artigiano dà vita alla struttura della barca, assicurandosi che ogni parte sia saldamente connessa e resistente alle forze del mare. La prima commissione risale al 1808: da allora tutte hanno passato il collaudo della Capitaneria di Porto. Con l’avvento della vetroresina questa favola sembra essere destinata a finire a causa di episodi intimidatori, una finta denuncia, la chiusura degli scali d’alaggio e il meschino tentativo di cacciarli da quel luogo.

E invece, l’interruzione di questa storia, si scontra con il coraggio della popolazione di Aci Trezza: artisti, associazioni, amministratori locali, cittadini intraprendono una lunga battaglia in difesa dei valori identitari dell’ormai Storico Cantiere Navale. Moltissimi sono disposti a schierarsi contro una burocrazia cieca e intorpidita pronta a sfrattare la famiglia Rodolico per occupazione abusiva di suolo pubblico. Chissà perché un campano trapiantato a Catania decide di fare una approfondita ricerca di tale levatura, motivo questo che ci ha indotto a incontrarlo per esaudire le curiosità dei nostri lettori.

Rodolico e Cipresso

Gli eredi Rodolico con Clemente Cipresso, foto di Massimo Vittorio

Quali sono state le prime impressioni appena arrivato nella città etnea?
«Ricordo di essere sceso a Catania dopo aver attraversato tutta l’Italia in pullman. Mi proposero un contratto al Policlinico e avevo pochissimo tempo per accettare. In quel momento lavoravo a Interlaken, nella Svizzera tedesca, come Cardiac Sonographer. La Svizzera, con i suoi ritmi e meccanismi paralizzanti del quotidiano, stava annullando sia me come uomo che come professionista. Così non ci pensai due volte, presi l’autobus e corsi giù a Catania. Dopo una notte in viaggio, giunsi finalmente alla stazione alle prime luci dell’alba. La città era un continuo fermento. Le persone si adoperavano in ogni modo. Un autobus mi lasciò fuori al Vittorio Emanuele, facendomi intendere, senza troppi giri di parole, che l’ospedale era proprio lì e in nessun altro punto. Rimasi quindi seduto alla fermata dell’autobus Pina in attesa che qualcosa accadesse. Eran le 5 del mattino e l’unica persona con cui riuscivi a scambiare qualche chiacchiera era l’edicolante di fronte all’ospedale. Mi raccontò di una Catania testarda, frenetica, dinamica, ma nello stesso tempo anche molto rassegnata, specialmente per quanto riguarda i giovani. Negli anni a venire, quelle parole mi furono di grande aiuto quando cercavo di comprendere come sarebbe stata la mia permanenza a Catania».

Prima presentazione al cantiere Rodolico

Prima presentazione al cantiere Rodolico

Gli ultimi maestri d’ascia di Acitrezza” è una storia di elevato valore identitario, che narra le gesta di una famiglia che ha profondamente segnato la storia della Sicilia orientale. Come ti sei avvicinato a questa storia?
«Avvicinarsi a una storia così importante come quella degli ultimi maestri d’ascia di Acitrezza è stata un’esperienza straordinaria, un viaggio attraverso le profondità della storia e dell’identità siciliana. Bastava passeggiare lungo il suggestivo lungomare di Acitrezza per essere immediatamente catturati dalla complessità e dall’affascinante ricchezza di questa vicenda. Zio Turi, tesoro umano vivente, con il suo sguardo magnetico e le sue parole intrise di passione, mi ha trascinato in un vortice di aneddoti e vicende, alcuni piacevoli, altri meno, ma tutti fondamentali per comprendere appieno il tessuto storico e culturale di quel luogo. I veri protagonisti di questa straordinaria saga sono stati Nuccio e Gianni, gli ultimi custodi di un’antica tradizione tramandata di generazione in generazione. Con pazienza e generosità, mi hanno aperto le porte del loro mondo, condividendo con me le loro esperienze, le loro sfide e i loro sogni. Gianni, esperto nella tecnica e nella maestria artigianale, mi ha introdotto nei segreti della costruzione navale, svelandomi i dettagli più intimi di un mestiere millenario. Mentre Nuccio, instancabile guerriero della memoria storica di Acitrezza, ha incarnato per me l’essenza stessa di un patrimonio da preservare e difendere. Attraverso le loro storie e le loro testimonianze, ho potuto immergermi completamente nella vita e nelle tradizioni di questa straordinaria comunità marinara. Ogni dettaglio, ogni racconto, ha contribuito a plasmare il mio racconto, arricchendo di significato e autenticità la narrazione degli ultimi maestri d’ascia di Acitrezza. E così, grazie alla loro generosità e alla loro passione, ho potuto dare vita a un romanzo che spero possa rendere giustizia alla straordinaria eredità di questa famiglia e di questa terra».

La famiglia Rodolico

La famiglia Rodolico con Clementr Cipresso (foto di Massimo Vittorio)

Ci racconti cosa hai provato in occasione della prima presentazione ufficiale del libro?
«La prima presentazione era inizialmente prevista per il mese di luglio, proprio pochi giorni prima del mio matrimonio. Tuttavia, un destino sorprendente ci riservò un’imprevista sospensione a causa delle condizioni climatiche avverse. In pratica, l’allerta meteo per il caldo, una situazione mai vista prima, ci costrinse ad annullare l’evento. Nonostante questo contrattempo, non demmo peso alla delusione e decidemmo di rimandare la presentazione a settembre, poco dopo il mio ritorno dal viaggio di nozze. Quel giorno, tanto atteso e desiderato, si rivelò essere un’esperienza meravigliosa e indimenticabile per me. L’atmosfera era carica di eccitazione e aspettativa mentre quasi cinquecento persone si radunavano per ascoltare la storia affascinante dei maestri d’ascia. La varietà dei presenti era sorprendente: c’erano politici, artisti, fotografi e tanta gente comune, tutti accomunati dalla curiosità e dal desiderio di immergersi in quella meravigliosa narrazione. Il sostegno e l’affetto manifestati dalla comunità mi colpirono profondamente: non avrei mai creduto che così tante persone fossero disposte ad ascoltare la storia che avevo da raccontare. Era evidente che quella storia toccava corde profonde in molti. L’entusiasmo del pubblico si rifletteva anche nella rapida vendita dei libri, che andarono letteralmente a ruba. Il nostro romanzo si mantenne saldamente in cima alla classifica nella sezione narrativa provinciale per settimane, un successo che ci riempì di gratitudine e orgoglio».

Gianni e Nuccio da piccoli

Gianni e Nuccio Rodolico da piccoli

Negli ultimi mesi avete presentato il romanzo in numerosi comuni della Sicilia. Come sta andando?
«Meravigliosamente, sono davvero molto soddisfatto. Le persone partecipano alle nostre presentazioni con la stessa curiosità di quando si va a uno spettacolo teatrale. A tal proposito, scherzando, ci siamo promessi di noleggiare un pulmino per spostarci. Siamo diventati davvero tanti a sostenere la nobile causa del cantiere. Si è formato un gruppo meraviglioso che tiene a cuore la storia dei maestri d’ascia. Oltre a zio Turi, Nuccio e Gianni, ci seguono anche Giovanni Grasso, vicepresidente del Centro Studi Acitrezza e suonatore di brogna, le Klostès con i loro meravigliosi suoni, Massimo Vittorio con le sue splendide foto e talvolta anche Alice Valenti, artista di fama internazionale, e tanti altri che ci danno una mano ogni volta che possono. Ringrazio in particolare mia moglie Anna, che ci segue con tanta partecipazione e coinvolgimento».

Cipresso a Buongiorno Sicilia ospite di Michele Cucuzza

Cipresso a Buongiorno Sicilia ospite di Michele Cucuzza

A quale momento del romanzo ti senti particolarmente legato?
«Mi sento particolarmente legato al momento in cui gli ispettori della Digos sono arrivati al cantiere Rodolico e hanno cominciato a richiedere qualsiasi documento disponibile. Era chiaro che stessero cercando qualcosa di sospetto, un’anomalia che potesse destare dubbi sulla regolarità del lavoro svolto. Chiedevano certificazioni, collaudi, mettendo sotto pressione Gianni e Zio Turi, i pilastri del cantiere. La responsabilità che gravava su di loro era enorme, consapevoli che qualsiasi errore o mancanza avrebbe potuto compromettere non solo il progetto in corso, ma anche il futuro stesso del cantiere. La tensione nell’aria era tangibile, palpabile, e il silenzio che si era instaurato mentre gli ispettori scandagliavano ogni dettaglio sembrava amplificare ulteriormente l’angoscia del momento. Quella scena, più che una semplice ispezione, sembrava appartenere al teatro dell’assurdo, con il suo carico di drammaticità e incertezza. È un momento che riviviamo spesso durante le nostre presentazioni, poiché rappresenta un punto cruciale della storia. È un momento difficile da dimenticare, ma allo stesso tempo ha il potere di farci riflettere profondamente su ciò che è stato e su ciò che non dovrebbe mai più accadere. È una lezione preziosa che ci spinge a vigilare affinché simili situazioni non si ripetano. La necessità di preservare l’integrità e la trasparenza nei processi lavorativi diventa un imperativo morale, un impegno che va al di là del singolo contesto del cantiere Rodolico, ma che abbraccia l’intera comunità e il rispetto per le regole che la sostengono».



L'ultimo Rodolico, Salvatore, con il libro sulla storia della sua famiglia

Il maestro d’ascia  Salvatore Rodolico, con il libro sulla storia della sua famiglia (foto Massimo Vittorio)

Il libro è stato considerato di elevato valore storico e culturale ed è attualmente in lizza per il Premio Campiello, il Premio Etnabook e il Premio Borghi d’Italia. Come stai vivendo tutto questo interesse verso il tuo ultimo romanzo?
«Sono estremamente soddisfatto di questa situazione. Fin dall’inizio, l’obiettivo principale del mio lavoro è stato quello di diffondere questa storia al più ampio pubblico possibile. Appena due giorni dopo l’invio del manoscritto alla casa editrice, ho ricevuto una proposta editoriale. La casa editrice Transeuropa di Grosseto ha riconosciuto il libro come un’opera di notevole valore storico e culturale, un riconoscimento di grande importanza considerando gli autori di spicco con cui hanno già collaborato, tra cui Chiara Gamberale, Franco Arminio, Andrea Tarabbia, Carlo Lucarelli e molti altri. La candidatura per il Premio Campiello è stata una sorpresa inaspettata che ha rafforzato ulteriormente la mia fiducia nelle potenzialità del libro. A proposito, è importante sottolineare che i proventi delle vendite saranno interamente devoluti all’associazione dei maestri d’ascia per la realizzazione di un museo».

Gli ultimi maestri d’ascia di Acitrezza” potrebbe diventare un film?
«L’idea di trasformare il romanzo in un film suscita un interesse palpabile, alimentato dalla crescente attenzione che la Sicilia sta ricevendo, soprattutto dopo il successo della miniserie televisiva “Vanina”, trasmessa sulle reti Mediaset. Questo fervore per le storie siciliane è ulteriormente evidenziato dal clamore intorno al romanzo “I leoni di Sicilia”. Inoltre, il recente annuncio del bando per le Produzioni Audiovisive 2024-2025 da parte della Regione Sicilia ha aperto nuove opportunità per portare avanti il progetto cinematografico. È chiaro che per rendere possibile questa trasformazione occorre un impegno congiunto da parte di tutti i soggetti coinvolti. La combinazione di interesse pubblico, risorse disponibili e sostegno istituzionale potrebbe fare di questo sogno una realtà tangibile, portando sul grande schermo la ricca storia dei maestri d’ascia di Acitrezza».

Quali sono i progetti per il futuro?
«Guardare al futuro è come scrutare l’orizzonte in attesa di nuovi orizzonti da esplorare, nuove storie da vivere e raccontare. Il mio obiettivo primario è continuare a stupirmi di fronte alla vita, perché credo che l’aspetto più affascinante di essa sia proprio la sua imprevedibilità. Ogni giorno porta con sé nuove sorprese, nuove sfide e nuove opportunità, e la mia missione è coglierle tutte con occhi curiosi e animo aperto. Non c’è bisogno di inventare storie di esperienze incredibili, perché la vita stessa è un racconto straordinario che si svolge sotto i nostri occhi. Basta volgere lo sguardo dall’altra parte della barricata per scoprire vite ricche di avventure, emozioni e sfide che meriterebbero di essere raccontate. È proprio questa consapevolezza che mi spinge a esplorare nuovi territori narrativi, a cercare nuove storie da portare alla luce e condividere con il mondo. Anche se mi sembra impossibile staccarmi dai personaggi di Acitrezza, che ormai sono diventati parte integrante della mia vita e del mio essere, sto lavorando a due nuovi racconti che spero possano continuare a celebrare il valore culturale e identitario delle comunità che mi hanno ispirato. Attraverso la scrittura, voglio contribuire a preservare e valorizzare le tradizioni, le storie e le testimonianze di luoghi ricchi di storia e di vita, portando alla luce l’essenza autentica di ogni singola esperienza e dando voce a chi non ha la possibilità di raccontare la propria storia».

Cipresso insignito del prestigioso Premio Camilleri

Cipresso insignito del prestigioso Premio Camilleri

Hai ricevuto numerosi premi e onorificenze. A quale ti senti più legato?
«Il primo premio letterario rimane un punto di svolta nella mia vita, un momento carico di emozioni e significati profondi che ancora oggi risuonano nel mio cuore con intensità. Ricordo con nitidezza il giorno in cui, insieme alla mia famiglia e ad alcuni cari amici, ci siamo recati a Cava dei Tirreni per ritirare il premio. Quella giornata non è stata soltanto un momento di trionfo personale, ma ha rappresentato anche un’occasione preziosa per riunire le persone che amo in un clima di gioia e condivisione. Ciò che rende quel ricordo così prezioso non è solo il riconoscimento della mia opera, ma soprattutto il fatto che sia riuscito a coinvolgere mio padre in un momento di serenità e felicità. Da quel giorno, ogni successivo evento o premiazione ha assunto un significato speciale, diventando un’opportunità per celebrare insieme il valore delle relazioni e la forza del legame familiare».



Il cuore vibrante della cultura marinara siciliana sarà celebrato sabato 27 aprile alle 18.30 nella sala Cutuli del Polo culturale Giovanni Verga a Sant’Agata li Battiati (Catania). L’occasione sarà la presentazione del nuovo libro di Clemente Cipresso, “Gli ultimi maestri d’ascia di Acitrezza”. L’evento, promosso e sostenuto dal Comune di Sant’Agata li Battiati, vedrà la partecipazione di illustri ospiti, tra cui la giornalista Rita Vinciguerra, il protagonista Nuccio Rodolico, il vicepresidente del Centro Studi di Acitrezza Giovanni Grasso e la poetessa Maria Grazia Falsone. L’inizio sarà introdotto dal sindaco Marco Nunzio Rubino e dall’Assessore alla Cultura Salvatore Massimo Fazio, con la presenza speciale delle Klostès.

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