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Goliarda Sapienza, lettere dal profondo di una scrittrice

Libri e Fumetti La vita, il pensiero, gli stati d'animo, le emozioni di una scrittrice ed attrice - la catanese Goliarda Sapienza - ricostruite attraverso le sue lettere. Missive inviate a protagonisti del Novecento nell'ambito della letteratura, del cinema, della politica e raccolte nel volume "Lettere e biglietti" curato da Angelo Pellgrino, già marito della scrittrice e pubblicato da La Nave di Teseo. Pellegrino: "Goliarda confidava nella possibilità che una missiva ha di arrivare all'intelligenza del destinatario"

La vita, il pensiero, gli stati d’animo, le emozioni di una scrittrice ed attrice – la catanese Goliarda Sapienza (nata nella città a piedi dell’Etna nel 1924 e morta a Gaeta nel 1996) – ricostruite attraverso le sue lettere. Missive inviate a protagonisti del Novecento nell’ambito della letteratura, del cinema, della politica – scriveva anche al presidente della Repubblica Sandro Pertini-. Lettere informali e piene di vita, che diventano elementi importanti per conoscere meglio la scrittrice Goliarda Sapienza, la sua personalità ma anche il contesto storico-culturale del suo tempo. 

Una giovane Goliarda Sapienza

Questo itinerario biografico-intellettuale è contenuto in un libro molto interessante dal titolo “Lettere e biglietti” curato da Angelo Pellegrino (già marito della scrittrice) e pubblicato da La Nave di Teseo. Giustamente Pellegrino scrive nella prefazione: “Per conoscere Goliarda, la sua opera, ma anche il suo tempo, queste lettere sono indispensabili. Beninteso, lo sono per ogni scrittore le cui lettere, quando ancora gli scrittori scrivevano lettere, aggiungono sempre importanti chiarificazioni, pur non essendo sempre determinanti per la comprensione dell’opera o dell’intima personalità del suo autore. Il caso di Goliarda rientra invece fra quelli di cui non si può prescindere, anche per il carattere fortemente autobiografico del suo scrivere.” 

Pellegrino aggiunge: “L’idea di lettera era già nel suo romanzo d’esordio, Lettera aperta, ma mentre nei romanzi autobiografici, quelli del ciclo Autobiografia delle contraddizioni, la sua voce è un gesto artistico del personaggio Goliarda, che in essi si mette in gioco indossando la maschera del suo io, nell’Arte della gioia è la voce stessa di Modesta, suo alter ego di pieno romanzo, nei Taccuini voce dal tono testimoniale da udire post mortem, nelle Lettere è quella sua più propria e insieme più pubblica, più calda e vera in ogni tono e intenzione. Goliarda confidava molto nel potere epistolare, nella possibilità che una missiva ha di arrivare all’intelligenza del destinatario, scevra dall’emotività che comunque il contatto fisico produce nelle persone”.

Pellegrino spiega che “Goliarda detestava il telefono oltre ogni misura – è detto spesso nelle lettere – lo considerava uno strumento che alterava la vera comunicazione, almeno per lei era così soprattutto nei rapporti con gli amici. Il telefono le provocava sofferenza, che era una forma d’impotenza. Non le bastavano le parole che scomparivano nel buco nero di una cornetta, ma aveva bisogno di chiarire su carta rapporti rimasti inespressi, possibili equivoci, zone d’ombra sospese”.

Angelo Pellegrino e Golaiarda Sapienza

Il libro fa scoprire una dimensione di profonda umanità, e non solo sul piano filosofico-esistenziale ma anche su quello di aspetti pragmatici della vita della scrittrice. Nelle missive vi sono gioie e dolori, desideri, ambizioni e sconfitte, la sua visione della cultura come possibilità di migliorare la realtà. Una donna colta sempre impegnata a vivere la sua esistenza nel mondo non in una torre d’avorio. Non palesa mai di volersi ritrarre dal suo tempo storico. Dalle lettere emerge l’Italia con le sue contraddizioni. L’epistolario curato da Pellegrino è un viaggio nel mondo di Goliarda ma anche della storia e della cultura italiana. Ed il cinema è in primo piano, una dimensione culturale di alto livello che fece dell’Italia -dal neorealismo in poi – un’avanguardia mondiale in questo settore. 

Goliarda Sapienza

Umanità ed interpretazioni culturali e storico-sociali emergono da questa “Lettera di Goliarda a Luchino Visconti”. “Luchino, scusami se mi impongo alla tua attenzione con queste righe ma esco adesso dal cinema dove danno il tuo film e non posso aspettare di comunicare con te con quel mezzo facile e imbarazzante che è il telefono o aspettare… scusami ma non posso non dirti subito quanto l’aver guardato in faccia il tuo Rocco mi ha stravolta: quanto il suo sguardo mi ha rovesciata come una seppia facendomi sentire il sapore del sangue che tanto falso, accorto pudore e raffinato gusto prudente cerca di soffocare con deodoranti e saponette profumate”. 

Ed ancora, con lucidità critica ed analitica: “Mi pare che se La terra trema torna a rivivere dentro di noi mentre ascoltiamo lo sguardo chiaro di Rocco, è per rivelarcelo più compiutamente e per ritrovare in questo sguardo quello teso, pronto alla lotta, del piccolo della famiglia Valastro che si stringe alla vita di ‘Ntoni mentre tutti ridono intorno a loro, e per ricordarci che questa è la storia e per riempirci già di nostalgia per quella che sarà la storia di questo ultimo piccolo Luca che scandisce il finale del film carezzando l’immagine del fratello moltiplicata sulle copertine dei rotocalchi come a raccogliere, carpire la linfa che lo nutrirà o lo farà crescere”.

Sapienza non nascondeva le sue gioie e le palesava con autenticità come in questa lettera ad Attilio e Ninetta  Bertolucci.“Roma, 29 luglio 1995”. “Attilio caro e Ninetta soave, poche righe (sto lavorando in un film in funzione di dialogue coach) ma non volevo dirti questo, volevo solo comunicarti la mia gioia per la frase su di me che hai dato al mio giovane regista Paolo Franchi. Non mi crederai ma sono felice come se avessi vinto il Nobel”.

Goliarda Sapienza

E manifestava le sue emozioni senza alcuna ipocrisia come in questa missiva a Marta Marzotto: “Marta cara, sono rimasta così commossa nel sapere che il mio romanzo Le certezze del dubbio uscirà sotto la tua protezione che non posso non scriverti due righe per ringraziarti, subito, a voce e non attraverso quel gelido filo alienante che chiamano telefono. Già, per me scrivere (deviazione professionale?) è come parlare… e, mentre ti parlo, vedo il tuo viso grande, generoso, proteso verso gli altri. Sono commossa, ma devo vincere questo insano pudore isolano per dirti quello che forse non sai: il tuo intervento salva una scrittrice dall’indicibile dolore di vedere il proprio lavoro-figlio costretto a marcire nella solitudine buia di un cassetto. Ti dono questo mio frutto mentale sicura che lui, col tempo, ti dirà la bellezza del tuo gesto”.

Un’altra interessante analisi intellettuale è contenuta in questa Lettera ad Enzo Siciliano su Pasolini (Bolzano, 1 gennaio 1979): “Enzo caro, ho letto il tuo Pasolini tutto d’un fiato e la mia “attenzione camino” ha bruciato la tua costruzione sapiente di ceppo su ceppo, a piramide, col vento del mio interesse per ingurgitarla, assorbirla… Benjamin! Finalmente qualcuno che si interessa di chi legge in questa nostra epoca improntata alla teorizzazione anti lettere. In altre parole: io sono nata più lettrice di romanzi che scrittrice (al contrario di quello che dice Stendhal) e ti posso assicurare che l’interesse sempre teso che mi ha costretto a divorare le tue pagine è per me il più grosso valore (in tutti i sensi) per giudicare un’opera. Tanto più che io non ero né amica né nemica di Pasolini, e la sua vicenda non avuto echi in me, essendo il suo ‘fatto’ (come tu affermi) troppo costruito a priori, anche se da una mente geniale e capace del fantastico. Condivivo in pieno la tua diagnosi poetica su di lui e, cosa che ti dissi tanti anni fa (non so se te ne ricordi), per la prima volta ho sentito cedere il ‘tappo-pudore’ del tuo incoscio-vulcano di uomo del Sud, troppo pudore del Sud o mediterraneo – come vuoi – che ancora ti teneva”.

Un libro tutto da leggere e da scoprire…

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