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Al Bellini di Catania “L’elisir d’amore” neorealista di Calenda

Recensioni Una traslazione temporale ai giorni postbellici ispirati dalla cinematografia neorealista di De Sica, e geografica, nella Sicilia ai piedi dell'Etna, ha permesso al regista Antonio Calenda con la sua mise del donizettiano "L'elisir d'amore", in scena al Bellini di Catania fino al 17 maggio, di rimettere in campo quel genuino dinamismo di un tempo, fatto di cose  semplici, senza inficiare la partitura del musicista

Ci chiediamo ancora una volta se una rilettura decontestualizzata possa veicolare nel miglior modo possibile un’opera lirica composta circa due secoli fa, ovvero in piena epoca romantica, quando il melodramma italiano già dispiegava una fluente vena melodica, da sempre polo di attrazione nei calendari operistici italiani ed europei. Dal repertorio del musicista bergamasco Gaetano Donizetti, per l’appunto, ecco la mise novecentesca dell’opera “L’elisir d’amore”, firmata dalla regia di Antonio Calenda per la stagione del Teatro Massimo Bellini di Catania (repliche fino al 17 maggio), con la sua  competente orchestra diretta per l’occasione da Tiziano Severini.

Una scena dell’Elisir d’amore in scena al Bellini di Catania, foto Giacomo Orlando

Una traslazione temporale (dal 1832, data di composizione e della prima rappresentazione il 12 maggio  al Teatro della Cannobiana di Milano, su libretto di Felice Romani tratto da Le Philtre di Eugène Scribe) e geografica, nella nostra Catania, dove la scelta registica si avvale della bellezza naturalistica siciliana, sul campeggiare del nostro vulcano, il Mongibello (da un verso di Dulcamara, somministratore del famoso elisir), messo in luce da una tavolozza multicolore e dallo sfondo sonoro del coro, valida compagine ben istruita da Luigi Petrozziello. 

Ancora una scena dell’Elisir d’amore in scena al Bellini di Catania, foto Giacomo Orlando

Attingendo da spunti cinematografici (il capolavoro neorealista Ladri di biciclette di Vittorio De Sica del 1948), oltre che in analogia con la ripresa storica del dopoguerra, le numerose scene del melodramma giocoso in due atti si popolano di biciclette, che, pur lontane certamente dall’ambientazione agreste donizettiana nei Paesi baschi (come nel libretto di Felice Romani) rimettono in campo, come vuole Calenda, quel genuino dinamismo di un tempo, fatto di cose  semplici, senza inficiare la partitura del musicista.

A dipanare le pagine donizettiane nella freschezza d’ispirazione compositiva, tra rivoli di comicità che richiamano lo stile rossiniano, si sono ben dedicati i protagonisti: Adina, nella fermezza luminosa e corposo ventaglio sopranile di Irina Dubrovskaya, figura appariscente sul palcoscenico, mai esente da vanità e ricerca di ammirazione capricciosa nei confronti di  chi la corteggia;

Irina Dubrovskay è Adina ne L’Elisir d’more firmato da Antonio Calenda al Bellini di Catania

Nemorino, che la ama con suadente perseveranza, nel  gradevole timbro tenorile di Mario Rojas (con salopette  da tenuta fiabesca), tra mestizia, amenità d’accenti e rilievo espressivo nella malinconia romantica  dell’aria Una furtiva lagrima, nel cogliere l’emozione di Adina.

L’elisir d’amore al Bellini di Catania, Nemorino (Mario Rojas)  e Adina (Irina Dubrovskaya), foto Giacomo Orlando

Un Nemorino proteso alla conquista della sua amata, e disarmante nella fiducia al ciarlatano Dulcamara che gli vende il magico elisir, mai immaginando che si tratta invece di un liquore. A vestire i panni di quest’ultimo, la forte presenza scenica del baritono Francesco Vultaggio, d’incisivo ruolo  baritonale, col quale ribadirà le sue origini catanesi nella moderna stesura), accanto  a quello di Clemente Antonio Daliotti, anch’egli apprezzabile, nei panni del tenente Belcore; mentre nei ruoli di Giannetta e dell’assistente di Dulcamara, rispettivamente Paola Francesca Natale e Giancarlo Latina. Il tutto si è avvalso della scenografia e cure costumistiche di Manuel Giliberti.

L’elisir d’amore al Bellini di Catania, Adina e Belcore (Clemente Antonio Daliotti), foto di Giacomo Orlando

Hanno curato l’allestimento inoltre Manola Plafoni assistente alla regia, Giovanni Ragusa assistente alle scene, Giovanna Giorgianni aiuto costumista, Jacqueline Bulnés responsabile movimenti scenici, Arcangelo Mazza direttore degli allestimenti scenici. La bravura orchestrale, sotto la puntigliosa bacchetta di Severini,  si è addentrata nello spirito giocoso dell’opera restituendone la leggerezza, il brillante piglio ritmico,  la nettezza di fraseggio melodico e quell’essenza comica  rasserenante che pervade la tematica dell’opera. Un “Elisir (d’amore)” che viene incontro, potremmo dire, ai  tempi difficili che stiamo vivendo.



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