Recensioni L'opera mozartiana, assente da decenni sul palcoscenico del teatro d'opera catanese, vi ha trovato collocazione in forma semiscenica, con la regìa di Guy Montavon, all'interno del cartellone “Bellezza, Belcanto, Bellini” per il debutto del Festival "Magie barocche”. La sobrietà della messa in scena, ben armonizzata col classicismo mozartiano, tra spunti di Gluck e Metastasio, nonché la direzione competente e appassionata di Claudia Patanè, hanno favorito il gradimento del pubblico
Rappresentata per la prima volta a Monaco il 29 gennaio 1781 al Residenztheater, su libretto di Giambattista Varesco (cappellano di corte di Salisburgo) tratto da Danchet, l’opera mozartiana “Idomeneo re di Creta” K 366, assente da decenni sul palcoscenico del Teatro Massimo Bellini di Catania, vi ha trovato collocazione in forma semiscenica, sotto la regìa di Guy Montavon, all’interno del cartellone “Bellezza, Belcanto, Bellini”: ha debuttato così il X Festival Internazionale del Val di Noto “Magie barocche”. La pertinenza interpretativa dei ruoli vocali, la compattezza del coro istruito da Luigi Petrozziello, la sobrietà della messa in scena che si è ben armonizzata col classicismo mozartiano, tra spunti di Gluck e Metastasio, nonché la direzione competente e appassionata di Claudia Patanè, hanno certamente favorito un alto gradimento del pubblico, che, sia pure non molto numeroso e stressato dal caldo di una serata settembrina, ha elargito un ampio plauso a fine serata.
In oggetto la storia di Idomeneo, re di Creta, che prima di approdare nell’isola al ritorno dalla guerra di Troia, viene colto insieme alla sua flotta da una rovinosa tempesta. Pertanto, nell’intento di salvarsi, fa voto al dio Nettuno di sacrificargli la prima persona in cui s’imbatterà sulla terraferma. Ma a riparare la sfortuna del re, di avere incontrato il figlio Idamante da immolare all’altare del dio, sarà la benevolenza dello stesso Nettuno, che smussando la sua rabbia, rinunceràda a qualsiasi vittima (prima Idamante, poi Ilia, divenuta sua schiava, che se ne innamora) a condizione che Idomeneo abdichi a favore del figlio e che quest’ultimo si unisca in matrimonio a Ilia. Come contraltare alla grazia principesca di quest’ultima, i cui panni rivestiva Maria Grazia Schiavo con rilevanti chances vocali, era una grintosa Elettra, a quanto si evinceva dall’autorevole spessore vocale di Daniela Schillaci, che ha saputo calarsi in un personaggio di forbita e ferrea vocalità, con acuti svettanti , convergendo la sua presenza scenica sull’ostilità sferzante verso la principessa Ilia, sua rivale in amore: quest’ultima, dal canto suo, ne ha ben rappresentato l’antagonista che si impone col suo savoir faire di equilibrio espressivo, manifestato dalla Schiavo. Nelle vesti di Idamante invece il mezzosoprano Maria Josè Lo Monaco che ha sfoderato un registro vocale duttilissimo, pronto a molteplici screziature di colore. Apprezzabile il registro tenorile di Philippe Castagner nelle vesti di Idomeneo, accanto a Diego Goday (l’Arbace) e Andrey Andreychick (la Voce).
Riconoscendo quindi i giusti meriti a un più che preparato cast degli interpreti e alla bacchetta spiccatamente puntigliosa della Patanè, e tenendo conto dell’essenzialità dei costumi (tra una tunica per Ilia, stivali appariscenti alla Bonaparte per Idamante, e un mantello dorato per Idomeneo), possiamo senza dubbio affermare che a dominare su tutto (compensando la mancanza dei balletti, voluti da Mozart alla fine del primo atto), è stata la musica del grande musicista salisburghese: e a riscattarne un’opera per anni caduta nell’oblio, si irradiava dalla partitura una innegabile leggiadria e squisitezza melodica.
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