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2023: Odissea nel teatro classico

Recensioni Protagonista un acclamatissimo Giuseppe Sartori, con "Ulisse, l'ultima Odissea", rappresentazione teatral-coreutica dell'epopea di Omero firmata da Giuliano Peparini, si chiude la stagione classica 2023 della Fondazione Inda di Siracusa. E non è il Teatro Greco che guarda al futuro, è il futuro che entra nel mondo classico

Si chiude nell’immensità della scena teatral-musical-coreutica di “Ulisse, l’ultima Odissea”, la 58a stagione classica dell’Istituto nazionale del dramma antico al Teatro greco di Siracusa, un magniloquente spettacolo immersivo firmato dal coreografo e regista romano Giuliano Peparini che ha voluto condensare in un’ora e tre quarti di parola recitata, danza, danza acrobatica, musica, e scena digitale, la più emblematica delle storie classiche: l’Odissea. L’epopea di Omero –  quella mediaticamente più vincente (i più agée ricorderanno nel 1968 Bekim Fehmiu e Irene Papas nella tv in bianco e nero) – è stata considerata da sempre quasi un paradigma della civiltà occidentale, con quell’esaltazione della furbizia del personaggio centrale, Odisseo, colui che odia (i Proci, i nemici che vogliono scalzarlo a casa sua a Itaca) e colui che è odiato (certamente dagli Dei che tutto fanno per farlo tornare il più tardi possibile a casa, dopo aver messo a ferro e fuoco Troia).

Il Teatro Greco di Siracusa durante “Ulisse, l’ultima Odissea”, foto Christian Chiari

Peparini non odia Odisseo, né il pubblico siracusano odia Giuseppe Sartori, che in questo spettacolo è il front leader di una magnifica squadra di 100 artisti. Anzi, l’attore veneto è uno più amati delle ultime stagioni siracusane, dopo il grande successo dell’Edipo firmato lo scorso anno da Robert Carsen  e quello dell’Orestea di Livermore che gli aveva concesso il ruolo chiave di Oreste. Attraverso la chiave del viaggio, Peparini col suo kolossal teatral-musical-coreutico a tema classico restituisce fiducia all’uomo contemporaneo, perso nel suo curioso vagare infinito tra mille sollecitudini, talvolta anche drammatiche, che gli hanno fatto perdere la retta via, e sosprattutto gli restituisce la certezza del ritorno a casa. Ovvero la chance di ritrovare se stesso, vero e unico domicilio cui un uomo non dovrebbe rinunciare mai.

Ascolta il regista Giuliano Peparini

Il musical senza canto di Peparini, in scena fino a domenica 2 luglio al Teatro greco di Siracusa, produzione della Fondazione Inda, coglie nel segno della contemporaneità e riesce a veicolare trama, messaggio e azione senza soluzione di continuità. E si vedono tutti gli anni francesi di Peparini, al servizio dei nuovi re del musical europeo (non c’è solo “Notre Dame” sotto il cielo): il centinaio fra attori, ballerini e performer in scena trasformano il Teatro Greco di Siracusa nel paese dei balocchi di coloro che amano le emozioni forti, tagliate con l’accetta. Il pubblico della prima applaude spesso, la scena è totale, non sono solo i cento artisti in scena a fare lo spettacolo, i 4 mila sugli spalti sono comprimari.

Guarda alcune scene di “Ulisse, l’ultima Odissea”

 

Dal tentativo di musical al kolossal teatral-musicale (senza canto) il passo non deve essere necessariamente breve. Lo spettacolo globale di Peparini, forte anche della efficace traduzione di Francesco Morosi, dà lezioni di scena a chi lo spettacolo musicale l’ha tentato, sempre a Siracusa, senza riuscirvi. Ci riferiamo ovviamente al mal riuscito esperimento de “La pace”, la commedia di Aristofane firmata da Daniele Salvo, andata in scena a giorni alterni dal 9 al 23 giugno. I mille registri usati dal regista emiliano – che spaziano dalla commedia musicale classica alla Garinei e Giovannini al christian show del Gen Rosso, dal cabaret fluido alla messa pop, dai cartoon manga al folk revival alla Roberto De Simone, dalla citazione operistica alla fanfara balcanica alla Bregovic – hanno avuto l’esito di restitutire uno spettacolo che troppo ha detto per non dire alla fine granché.

Peparini no, sceglie il suo stile, assolutamente pop, forse un po’ televisivo, già conosciuto e sperimentato. Ci puoi trovare lo scouting degli anni di “Amici” (per i tanti giovani ballerini in scena aver lavorato con lui fa curriculum), certamente fa capolino anche la briosa macchina da scena dei concerti e degli spettacoli di Claudio Baglioni (i due stanno già lavorando al tour “Atuttocuore” che passerà dal Velodromo di Palermo dal 12 al 14 ottobre), ma, prendere o lasciare, i suoi spettacoli sono così, un sapiente mix di attorialità, musica, figura, luci, ritmo, azione, gesto.

Giuseppe Sartori (Ulisse), foto Aliffi

Sartori è un primus inter pares, naviga a suo agio all’interno di questo mare umano – un mondo prevalentemente maschile e fluido (stupenda la rappresentazione no gender delle sirene ammaliatrici) – che lavora all’esaltazione del messaggio di fondo. Parlando di viaggio, il tutto si muove da un aeroporto dove la meta Itaca viene cancellata dal display delle partenze. Sartori/Ulisse è già lì quando il pubblico entra a teatro, è un po’ Viktor Navorski/Tom Hanks nel film “The Terminal” di Spielberg, attende un viaggio che per un motivo o per un altro non arriva mai. La parola chiave dello spettacolo è “explore the world” che appare in una delle finte pubblicità che appaiono sul wall digitale: la curiosità del nostro personaggio è immensa, viaggia tanto ma non arriva mai. Perché?  A Itaca c’è il sole dice la pubblicità ma Itaca è lontana…

Giuseppe Sartori, foto Maria Pia Ballarino

La musica è ruffiana, è un po’ rock, un po’ alternative, un po’ indie ed è della band canadese Reuben and the Dark: una sola pecca, è registrata. Perché non averli dal vivo? Non si capisce. Bravi i comprimari, a partire da Massimo Cimaglia in scena nel doppio ruolo dell’aedo (ottimo), meno efficace come Polifemo. Stenta a decollare Giovanna Di Rauso, una Circe che arriva in scena più maitresse di un boudoir sadomaso che maga o dea ma poi diventa pian piano una protagonista. Ha carisma Giulia Del Fiume nel doppio ruolo di Calipso ma soprattutto di Anticlea, madre di Odisseo, o almeno la sua anima, quando il figlio scende nel mondo dei morti per incontrare l’anima dell’indovino Tiresia, un efficace Alessio De Mastro, più incisivo quando interpreta l’addetto alle pulizie dell’aeroporto, tra i protagonisti del racconto delle travagliate gesta eroiche del protagonista.

Giulia Fiume (Calipso), foto di Maria Pia Ballarino

Nel cast anche Gabriele Beddoni che fa diventare il fedele cane Argo un onnipresente clochard, già incarnazione del padrone tornato a casa sotto lacere spoglie. Perché la casa, in cuor nostro, è sempre là, raggiungibilissima. Gianlorenzo De Donno è un viaggiatore mentre i performer sono Gabriele Baio, Michele Barile, Andrea Biagioni, Luca Capomaggi, Dennis Cardinali, Jhonmirco Baluyot Cruz, Mariaelena Del Prete, Gloria Ferrari, Gianmaria Giuliattini, Luca Gori, Giulio Hoxhallari, Raffaele Iorio, Claudio Lacarpia, Theo Legros-Lefeuvre, Christian Pace, Carlo Padulano, Andrea Raqa, Giuseppe Savino, Andrea Tenerini, Giuseppe Troise (compagni di Odisseo/viaggiatori bloccati), Dennis Carletta, Simone Cataldo, Tancredi Di Marco, Rosario Graceffa, Giuseppe Orto, Gabriele Scatà (viaggiatori).




Nello spettacolo sono coinvolti anche gi allievi dell’Accademia d’Arte del dramma antico. Le scene sono di Cristina Querzola e Lucia D’Angelo, i costumi di Valentina Davoli, le coreografie di Giuliano Peparini, le musiche della band Reuben and the Dark, light designer è Alessandro Caso, videomaker è Edmundo Angelelli, assistenti alla regia sono Tim Vranken e Gianluca Merolli, assistente coreografo è Francesco Sarracino, assistente costumista è Silvia Oliviero, ideazione e direzione dei cori cantati Simonetta Cartia, direzione del coro Elena Polic Greco, direttore di scena è Mattia Fontana, assistenti alla direzione di scena Dario Castro, Eleonora Sabatini, assistente alla drammaturgia Aurora Trovatello; coordinatori artistici sono Federica Panzeri e Christophe Allemann.

Gabriele Beddoni (Argo) e Massimo Cimaglia (Aedo), foto Aliffi

Cosa c’entra tutto questo col Teatro Greco di Siracusa e con la stagione classica dell’Inda? Il Temenite si è messo a guardare al Cirque du Soleil? E’ solo un prezzo da pagare alla contemporaneità? Forse. Non c’è da essere pessimisti, comunque, come il critico del Corriere della Sera Franco Cordelli ha espresso nell’articolo “Il declino culturale del teatro italiano” di qualche settimana fa. Prendiamo a prestito una delle repliche a quel fondo, quello di Davide Livermore, oggi direttore del Nazionale di Genova, e regista molto amato a Siracusa negli ultimi anni per il suo teatro “spettacolare” dalle mille contaminazioni: il teatro è avanti, dice Livermore, più avanti di noi con le sue tecnologie e la sua poesia.

Giovanna Di Rauso (Circe), foto Pantano

Con la sua scena globale Peparini ha fatto della tecnologia e della fisicità dell’interprete la sua poesia e la scelta dell’Inda va difesa per aver messo “Ulisse, l’ultima Odissea” come evento speciale alla fine della stagione, dopo le due tragedie e la commedia. Chi non risica non rosica, chi non sperimenta non si evolve. 2023, Odissea nel teatro classico, non è il Teatro Greco che guarda al futuro, è il futuro che entra nel mondo classico.

Giuseppe Sartori (Ulisse) e Giovanna Di Rauso (Circe), foto Aliffi

E’ la somma che fa il totale. E prendiamo a prestito dal Principe de Curtis Totò una delle sue massime più conosciute per dare un giudizio finale alla stagione classica 2023 che sta per concludersi ed il voto è certamente ampiamente sopra la sufficienza. Come abbiamo scritto il “Prometeo” era troppo incatenato, alla “Medea” è piaciuto vincere facile (ma quest’anno non aveva rivali), “La pace” non ha saputo dare allo spazio commedia la giusta importanza, l’“Ulisse” infine ha creato un prodotto che può essere tranquillamente esportato, ammesso che si trovi un teatro così importante da poterne ospitare cento in scena. Ciò che conta è che il teatro classico è vivo e vegeto, e danza con noi.

Giuseppe Sartori e Gloria Ferrari, foto Pantano

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