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“Testimoni sepolti” di Michele Rondelli: «Ieri come oggi il lavoro può diventare un pericoloso inferno»

Libri e Fumetti L'insegnante-scrittore di Casteltermini continua a ricevere premi e menzioni per il suo romanzo d'esordio, un noir storico pubblicato da Ianieri nella collana Le Dalie nere, con la prefazione del regista Michele Guardì. L'ultima è la menzione della giuria all’8° edizione del bresciano Festival Giallo Garda. Rondelli parte dalla tragedia mineraria del 4 luglio 1916 a Casteltermini: «Sentivo l'urgenza di nararre questa storia»

Dopo essersi aggiudicato, col suo romanzo d’esordio “Testimoni sepolti”, il premio speciale nella sezione narrativa alla XXV° edizione del premio letterario nazionale “Alessio Di Giovanni” di Raffadali, nell’Agrigentino, lo scrittore Michele Rondelli, originario della vicina Casteltermini, conquista anche la menzione della giuria all’8° edizione del bresciano Premio letterario Giallo Garda. Questa la motivazione: “Un vivace affresco noir storico sulla nascita di un fenomeno criminale mafioso, nel passaggio da antiche ritualità pastorali agli intrecci con la politica locale, sullo sfondo della tradizionale attività di estrazione mineraria e delle condizioni di sfruttamento che la caratterizzavano”.

Michele Rondelli al recente festival Giallo Garda

Michele Rondelli, docente liceale di latino e italiano, nonché blogger di lunga esperienza, ha pescato nella storia intrisa di zolfo della sua Casteltermini, non a caso il romanzo si avvale della prefazione del noto regista Michele Guardì, anche lui nativo della cittadina agrigentina, una terra ricca di pirrere, per romanzare una delle più grandi tragedie minerarie d’Europa del secolo scorso, che costò la vita a ottantanove sventurati “carusi”e il ferimento di altri trentaquattro.
Era il 4 luglio del 1916 quando a causa di inadeguate misure di sicurezza, l’ennesimo crollo nelle viscere della terra pose fine all’esistenza di tanti padri di famiglia. Solo un ragazzino sopravvisse, Vincenzo Vutera, che riemerse da quella tomba gigantesca dopo undici giorni, dopo avere scavato con le mani per aprirsi la via della salvezza. Di lui parla anche lo storico Francesco Lo Bue nel suo “Uomini e fatti di Casteltermini nella storia moderna e contemporanea”. Una tragedia dimenticata di cui si custodiscono gli atti nelle sentenze dei tribunali.

Rondelli romanza quel contesto, calando i suoi personaggi nell’immaginaria Calarmena. L’autore tratteggia un’umanità variegata, conduce il lettore nella Sicilia del secolo scorso e gli fa conoscere il giornalista Ruggero De Robertis, giovane e ben deciso a decifrare la chiave degli strani delitti in cui si imbatte per coprire le responsabilità di quelle morti in miniera.
“Testimoni sepolti”, edito da Ianieri nella collana Le Dalie Nere diretta da Raffaella Catalano e Giacomo Cacciatore, è stato anche presentato all’ultima edizione del Termini Book Festival lo scorso settembre, il partecipato festival letterario di cui è direttore artistico lo scrittore termitano Giorgio Lupo, e alla seconda edizione di Agrigento Noir nella splendida location di Palazzo dei Filippini.

Michele Rondelli all’ultimo Termini Book Festival

«L’idea di scrivere su questa storia –racconta Michele Rondelli – nasce dalla necessità, oserei dire dall’urgenza, di farla conoscere. Si tratta del più grave disastro minerario dell’Italia postunitaria: 89 morti in miniera verosimilmente a causa della negligenza altrui, e assai poco probabile per un caso fortuito. A fare da contraltare di speranza, la sopravvivenza di Vincenzo Vutera, unico sopravvissuto, la cui testimonianza pone però inquietanti interrogativi. E quando si scrive un romanzo, partendo da un fatto accaduto realmente, ci si trova, volenti o nolenti, a dovere cercare un bilancio tra storia e fiction. Io ho adottato un metodo molto semplice: negli aspetti più controversi mi sono ancorato fortemente alla realtà, il sopravvissuto e gli 89 morti. Man mano che mi allontanavo dai fatti storici, ho dato sempre più spazio alla fantasia, facendo in modo che il romanzo si alleggerisse, arricchendosi di altri poli d’interesse: i primi vagiti della mafia rurale, le storie personali dei personaggi, il ruolo dell’intellettuale, specie s’è donna, in quel periodo, storie d’amore e tanti altri elementi».

Michele Rondelli

Ovviamente non sono mancate le difficoltà di stesura, per lo più legate all’inesperienza di Rondelli come scrittore che con questo romanzo d’esordio ha comunque fatto centro. «In effetti tendevo a spiegare al lettore ogni singolo dettaglio e ho imparato a mie spese cosa sono le cosiddette infodump, ma per fortuna ci hanno pensato i miei editor, Raffaella Catalano e Giacomo Cacciatore, direttori della collana Le Dalie Nere, che con pazienza e sapienza mi hanno guidato lungo tutto il percorso di editing. Va da sé che nei vari personaggi ho trasferito gran parte del mio mondo. Alcuni hanno la mia stessa passione per i libri, altri la mia fobia per i luoghi chiusi e bui, altri incarnano le mie frustrazioni e i miei sogni. Ma mi sono sforzato di non fare di ogni personaggio me stesso».

Agrigentini da leggere, Michele Rondelli e Gaetano Savatteri

La tragedia mineraria di Cozzo Disi ci insegna l’importanza di conservare la memoria. «“Testimoni sepolti“, anche se è ambientato nel 1916 è molto attuale – conclude Rondelli -. Ci ricorda che quando si abbassa il livello della sicurezza, il posto di lavoro diventa un pericoloso inferno, le tanti morti bianche che falcidiano l’Italia lo dimostrano. Ci avverte che nel mondo ci sono ancora tanti bambini sfruttati, bambini che in tenera età sono costretti a lavorare in miniera, a vivere di percosse e stenti. Ci rammenta che in ogni occasione l’uomo deve essere considerato il fine e mai il mezzo. Io sono innamorato della mia gente, con la quale ho un rapporto viscerale. Proprio per tale motivo questa tragedia andava raccontata, per rispetto verso la mia gente, verso quella povera moltitudine che nelle viscere della terra ha sofferto le pene dell’inferno per portare a casa un pezzo di pane, si è ammalata ed è morta. Spero che il mio romanzo sulla tragedia di Cozzo Disi contribuisca a conservare e allargare la conoscenza e la memoria di quei fatti».


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