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Quel che sappiamo di Monica Guerritore

Eventi L’attrice romana, in un tiepido e ventoso tramonto di luglio, incanta il pubblico con la presentazione di "Quel che so di lei" e ricominciano, così, gli incontri alla terrazza Killichè di piazza Duomo a Siracusa. A dialogare con la scrittrice anche Antonio Calbi, sovrintendente della Fondazione Inda, e il padrone di casa Pucci Piccione

L’attrice Monica Guerritore, in un tiepido e ventoso tramonto di luglio, incanta il pubblico con la presentazione di Quel che so di lei e ricominciano, così, gli incontri alla terrazza Killichè di piazza Duomo. A dialogare con la scrittrice anche Antonio Calbi, sovrintendente della Fondazione Inda. Guerritore, nel testo che sembra già essere pronto per dare vita ad una sceneggiatura, ripercorre l’assassinio della nobildonna palermitana Giulia Trigona, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che venne trovata morta il 2 marzo 1911 in un albergaccio di Roma vicino alla stazione Termini. Ecco che il fatto di cronaca, un femminicidio, del quale si sporcò le mani l’amante di Trigona, diventa spunto per una riflessione interiore più profonda. Con avidità Guerritore indaga gli abissi dell’animo umano che lungo tutta la sua carriera di interprete teatrale, del piccolo e grande schermo, hanno lasciato un segno feroce nel suo percorso artistico. Gli intrighi della psiche sono stati per l’attrice materia di studi che sin dagli esordi della sua attività artistica non ha mai smesso di approfondire con minuziosità scrupolosa. Gli avvenimenti della propria vita artistica e privata diventano aneddoti del testo.

L’incontro con Monica Guerritore sulla Terrazza Killichè di Siracusa

«La prima volta che sono entrata in una sala prove di teatro mi preparavo a mettere in scena Il giardino dei ciliegi – ha raccontato Guerritore –. Il primo giorno di prove, avevo quindici anni, era in corso la riunione della compagnia. Il regista, Giorgio Strehler, mi fa posizionare davanti ad un tavolo ed attorno a me tutti gli altri. Accanto a Strehler era rimasto un posto vuoto e mi sussurra Marisa Minnelli che sarebbe stato il posto di Valentina Cortese che era in ritardo. Quando arriva Valentina, molto in ritardo, era preceduta da una asta ed una flebo, si siede accanto a Strehler. Valentina iniziava spesso dicendo che non sarebbe riuscita ad interpretare il personaggio, così fece anche quella volta, perché si sentiva ormai troppo vecchia. Susseguiva solitamente un botta e risposta tra Strehler e l’attrice fino al momento in cui il regista non perdeva completamente la pazienza».

La narrazione iniziale intrapresa dall’attrice ha fatto vivere in maniera reale e vicino ai partecipanti quel contesto teatrale. «Alla quinta volta Strehler si scaglia su di lei – ha proseguito Guerritore – e Valentina come un ninja si stacca la flebo dal braccio ed inizia a scappare. Strehler inciampa nelle scale del Piccolo Teatro di Milano, cade e si rompe un braccio. Si sospendono così le prove per quattro giorni. Quello che io ho tenuto a riportare è stato ciò che lei ha fatto durante lo spettacolo. Il personaggio che interpretava era una donna devastata dalla fine di un amore che torna nella sua casa in Russia dove un tempo era stata felice e dove, invece, tutto finiva. La stessa cosa accadeva nella vita di Valentina. Questa eco tra personaggio e persona creava una grandissima emozione che era però raffreddata dall’intelligenza dell’attrice che non portava in scena i propri sentimenti ma li veicolava metaforizzandoli nel personaggio. Un giorno, durante una delle repliche dello spettacolo, inventò una scena. Dopo aver ricevuto un telegramma da Parigi consegnato dal cameriere, dice semplicemente “c’è scritto che mi chiede perdono e mi chiede di ritornare. A quel punto, non l’aveva mai fatto prima, inizia a strappare il telegramma verde acqua in tanti piccolissimi pezzetti. Li butta nell’ombrellino che aveva davanti, tira su l’ombrellino e comincia a giocarci facendo diventare quei frammenti di carta come gocce di acqua, di pioggia, di lacrime. Mentre tira su l’ombrellino dice solo “finito con Parigi” e guarda la platea. Io mi trovavo in quinta e ho sentito un silenzio che era una tela e dopo un po’ ho sentito Strehler che diceva “brava Valentina”. Lì ho capito che più forte del loro legame sentimentale che si era rotto c’era quello artistico, ancora intatto. Lì ho colto la grandezza di quell’artista».

La Guerritore tra Antonio Calbi e Pucci Piccione

Killichè si riconferma, così, un luogo di condivisione nel quale personalità dello spettacolo ed intellettuali che animano il panorama contemporaneo non smettono di susseguirsi. Tra gli spettatori anche gli attori impegnati nella messinscena Coefore Eumenidi, diretta da Davide Livermore e rappresentata al Teatro Greco, come Laura Marinoni, Giuseppe Sartori, Gaia Aprea, Giancarlo Judica Cordiglia, Alice Giroldini, Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina, Stefania Visalli, Olivia Manescalchi, Chiara Osella, Graziana Palazzo e Maria Grazia Solano. Ad avviare questo percorso culturale nella propria casa-agorà sono stati, già da diversi anni, Pucci Piccione e Cochita Grillo che al figlio, Alessandro, hanno trasmesso amore per la bellezza e la conoscenza. Tosca, Moni Ovadia, Mario Venuti, Luigi Lo Cascio sono stati solo alcuni degli ospiti degni di nota che la famiglia ha accolto. La terrazza mondana, oggi gestita da Alessandro, è diventata per gli artisti un tappa fissa del dopo spettacolo in occasione di eventi culturali come le rappresentazioni classiche o l’Ortigia Film Festival. In questo ambiente che la scrittrice Elvira Seminara aveva definito “sospeso nel tempo e nello spazio”, che sospeso è, affacciandosi da un lato su piazza Duomo e dall’altro sul porto grande della città, si raccontano storie di umanità narrata attraverso gli occhi e le sensibilità che sono state protagoniste degli scorsi appuntamenti.

Monica Guerritore con Pucci Piccione, il padrone di casa di Killichè

In particolare, Guerritore, ha trascinato sin dalle prime battute il proprio pubblico in una vicenda tanto tormentata quanto affascinante. Sette porte per rivivere altrettanti momenti significativi che hanno scandito la vita della nobildonna. Questo è ciò che immagina la scrittrice abbia vissuto Trigona nei suoi ultimi istanti di vita. In quel corridoio, luogo per eccellenza della metafora, si consumano gli ultimi colpi di scena fino all’arrivo in quell’ultima stanza in cui il delitto si compia ma che resta anche sede di grandi interrogativi. Perché Giulia Trigona ha voluto incontrare l’amante dal quale si era separata? Non sospettava che un ultimo incontro le sarebbe stato fatale? Rispondono ai turbamenti di Trigona, di Guerritore e forse delle donne di ogni epoca le figure femminili che hanno impresso un cambiamento sociale o più semplicemente hanno permesso all’attrice di scrutarne, a volte portandole sul palcoscenico, le menti. Emma Bovary, Oriana Fallaci, Carmen, la Signorina Giulia. Ognuna di loro ha qualcosa da aggiungere alla vicenda della quale, però, l’unica vera regista resta Guerritore.

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