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Elvira Seminara e il giovedì sera sulla terrazza Killichè sospesa nel tempo e nello spazio

Eventi A Siracusa la terrazza Killichè sospesa nel tempo e nello spazio ha fatto da cornice alla presentazione, moderata da Daniela Sessa, del romanzo edito da Einaudi “I segreti del giovedì sera” della scrittrice catanese. Le porte di casa Piccione si sono aperte al pubblico per suggellare una scrittura autentica e sincera che la Seminara cuce da brava artigiana della parola. Uno spazio, quello della terrazza, gestito da Alessandro, rampollo di casa Piccione: «I progetti in cantiere sono tanti»

A Siracusa la terrazza Killichè sospesa nel tempo e nello spazio ha fatto da cornice alla presentazione, moderata da Daniela Sessa, del romanzo edito da Einaudi “I segreti del giovedì sera” della scrittrice, giornalista e già docente universitaria catanese Elvira Seminara. Le porte di casa Piccione si sono aperte al pubblico per suggellare una scrittura autentica e sincera che la Seminara cuce da brava artigiana della parola, come solo lei sa essere. Quello che Daniela Sessa definisce un «romanzo non romanzo, poiché ogni capitolo ha una storia a sé che si consuma e si compie» è l’esaltazione di un presente-passato-futuro che si materializzano ed accavallano nello spirito e, forse ancor più, nei desideri dei personaggi.

Daniela Sessa e Elvira Seminara durante la presentazione de “I segreti del giovedì sera” sulla Terrazza Killiché. Alle loro spalle il Duomo di Siracusa

I protagonisti della vicenda, seppur in qualità di “campione ridotto” come ama sottolineare l’autrice, si fanno portavoce della generazione dei cinquantanovenni che Seminara chiama “i cinquatasessantenni” in bilico tra gli eventi del passato, lo stato febbrile di chi ha voglia di costruire e progettare il futuro e l’insonnia di chi ha paura di non arrivare ad attuare le proprie ambizioni. Eppure, quei protagonisti potremmo essere noi lettori di ogni età. Ed è la stessa Seminara a specificare che «si tratta di un romanzo transgenerazionale, poiché d’altronde l’anagrafe è una piccola cosa dentro le nostre biografie. Credo di non avere mai avuto per più di mezz’ora la stessa età, ci sono momenti in cui mi emoziono a tal punto che mi sembra di avere dodici anni e momenti in cui mi sembra di averne centoquaranta accompagnati da un senso di fatica o quella percezione di aver visto le stesse cose troppe volte. È ottuso e meschino parlare in termini di “essere giovani” o “essere vecchi”».

Daniela Sessa, Elvira Seminara e Pucci Piccione

Il testo vuole essere una vera e propria incursione di letteratura contemporanea che prende spunto dalla narrazione che contraddistingue le serie tv piuttosto che il cinema. Le voci dei personaggi sono note di una partitura polifonica, si orchestrano ed intersecano le une sulle altre regalando uno spaccato di vita vera, reale, che è anche pugno allo stomaco e schiaffo di sincerità dove a dirigere è un narratore-autore che si veste di nuove consapevolezze. È la parola la vera protagonista, è la scrittura che si piega a fedeli ricostruzioni interiori e a paesaggi di una Catania che la Seminara abita e ben conosce. «Tutto è letteratura – ha concluso la scrittrice -. Le nostre vite sono dei romanzi, quello che cambia è la narrazione che facciamo delle nostre vite. Se la letteratura è ovunque basta raccontare la vita com’è con cura, con attenzione al dettaglio, ed è fatta. Questi personaggi sono persone come tante. Ne fa personaggi da romanzo l’ascolto, l’attenzione alle loro vite. L’io narrante sono io, ha il mio nome, non per narcisismo ma perché racconta i miei pensieri, per assunzione di responsabilità. Lei, il narratore-autore, spesso dice “io non ho capito” poiché al contrario dell’io onnisciente che ha dominato dall’Ottocento ad oggi il romanzo, che prevede tutto, che ha uno sguardo radiografante, che ti attraversa dentro, questa “Lei- Elvis” ha la consapevolezza di non sapere, di non aver capito. L’io onnisciente non si presta più a raccontare la realtà per quella che è, pulviscolare, parcellizzata, frantumata, polverizzata. Non si dice più individuo ma “condividuo” ognuno di noi è un aggregato di persone e voci». L’ironia è sinonimo di quella tragicommedia che è la vita, fa da garante nella restituzione di frammenti di quotidianità, o meglio disegna quella che Seminara chiama «dimensione ilaro-tragica, vena “malin-comica” che è malinconia e tragicità insieme come le vicende della nostra vita che ci riguardo e che hanno un aspetto comico anche nel contesto più tragico». E se davvero tutto fa, ed è, letteratura come la Seminara ci insegna e ci promette allora anche il contesto che ha incorniciato la presentazione del romanzo che è già giunto, di certo per merito, alla sua terza ristampa, ha una storia da raccontare.

La terrazza Killichè che si affaccia sulla maestosità del Duomo di Siracusa è «una casa privata che si apre alla letteratura» come ha sottolineato nel corso dell’incontro il suo proprietario, Pucci Piccione presidente dell’associazione Amici dell’Inda e della Deputazione della Cappella di Santa Lucia. E a prendere le redini di quella che potrebbe diventare un’idea imprenditoriale e non solo la location del dopo Inda e dell’Ortigia Film Festival, la tappa di uno shooting per il noto brand Martini piuttosto che luogo in cui ospitare l’Ortigia Sound System o accogliere i tecnici della Rai per alcune riprese esclusive di Linea Verde, è il figlio ventiseienne Alessandro Piccione, siracusano che non intende lasciare il territorio alla ricerca di fortuna altrove ma che progetta di esaltare le ricchezze della sua Sicilia.

Alessandro Piccione

«Sono stati i miei genitori che circa 30 anni fa – ha raccontato Alessandro, studente di Scienze del Turismo – hanno avuto l’opportunità di acquistare la casa e solo dopo anni di affitto, complice la caparbietà di mia madre, sono riusciti ad acquistare anche la terrazza. Inizialmente era casa mia, mi sono trasferito appena diciottenne ma le condizioni in cui si presentava non erano quelle in cui è oggi. Dopo la ristrutturazione sono successe molte cose. Anche il corso della mia vita è cambiato: ero iscritto alla facoltà di Giurisprudenza per seguire le orme di mio padre, avvocato e mia madre, magistrato. In realtà al terzo anno ho interrotto quel percorso per dedicarmi ad altro ed ho iniziato a studiare Scienze del Turismo, nel frattempo è nata l’idea della terrazza ma anche di uno spazio che ho in campagna destinato ad altro. Il desiderio di fare imprenditoria ha fatto sì che nascesse “Killichè” che viene da Killichirioi ovvero i Cilliri, gli abitanti originari di Ortigia prima che Archia venisse da Corinto a conquistare la città rendendoli schiavi. Abbiamo aperto al pubblico da tre anni installando contestualmente un gazebo e rendendola abitabile. Un’opportunità nata quasi per gioco, per piccoli eventi privati e compleanni fino a quando non ho ricevuto una telefonata dell’azienda Martini che era interessata a realizzare uno shooting. In occasione dell’Ortigia Film Festival siamo arrivati ad ospitare ben 250 persone un numero che allo stato attuale, per via delle restrizioni da Covid, non potremmo di certo replicare. Quest’anno abbiamo visto che una delle sue connotazioni naturali è quella di realizzare piccoli eventi eleganti lasciando agli ospiti quella idea di ospitalità e convivialità che può garantire solo una casa di proprietà. D’altronde, le sfumature che si possono cogliere al tramonto sono sempre cangianti ed io stesso che le vivo quotidianamente credo di non potermi abituare mai».

Alcuni partecipanti all’incontro sulla Terrazza Killiché

Piccione jr. ha quindi le idee molto chiare sulla possibilità di fare impresa nella consapevolezza di aver avuto anche una buona dose di fortuna che schiettamente, non intende assolutamente negare. «I progetti in cantiere sono tanti – ha concluso il giovane imprenditore – ed il merito è sicuramente delle scelte che hanno fatto i miei genitori ed in un certo senso è dettato dallo stile di vita che amano condurre. Se non fosse stato per loro difficilmente avrei mai potuto pensare di ospitare sul terrazzo di casa tante personalità della cultura come Tosca, Moni Ovadia, Mario Venuti, Luigi Lo Cascio solo per citarne alcuni».

Alessandro Piccione tra il padre Pucci e la madre Cochita Grillo

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