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Pippo Fava, un sacrificio che non cancella la lotta antimafia dei siciliani

Società Neanche quest'anno, per le regole anti-Covid, si sono potute organizzare eventi in presenza per ricordare il sacrificio del giornalista e intellettuale siciliano uccisio il 5 gennaio 1984 a Catania dalla mafia etnea comandata da Nitto Santapaola. La Fondazione fava ha rinviato la consegna del premio Fava a Paolo Bondani. La redazione de "I Siciliani giovani" ha organizzato un dibattito on line che ha coinvolto anche don Luigi Ciotti di Libera

La sera del 5 gennaio 1984, di fronte il Teatro Stabile di Catania, la mafia uccideva il giornalista Pippo Fava, direttore del mensile “I Siciliani” da lui stesso fondato. Da due anni, dalle pagine del suo giornale, faceva clamorose rivelazioni sulle collusioni che legavano imprenditori, politici e mafiosi catanesi. Intellettuale poliedrico impegnato con coraggio e passione civile sul versante della legalità, scrittore, drammaturgo, saggista, sceneggiatore Fava aveva ottenuto importanti riconoscimenti. Era nato a Palazzolo Acreide 59 anni prima. I rappresentati politici disertarono i suoi funerali. A lungo molti hanno cercato di far credere che fosse rimasto vittima di un delitto passionale. Soltanto molti anni dopo i processi hanno accertato che la matrice dell’omicidio era mafiosa e il fatto che a ucciderlo fu il mafioso Aldo Ercolano che, insieme a Maurizio Avola, gli tese un agguato e lo uccise con cinque colpi di pistola alla nuca per ordine del boss etneo Nitto Santapaola. Nel 2003, quindici anni dopo l’agguato, Maurizio Avola, divenuto collaboratore di giustizia e reo confesso, è stato condannato a 7 anni di reclusione. l boss mafiosi Benedetto Santapaola e Aldo Ercolano sono stati condannati all’ergastolo quali mandanti. Sui possibili mandanti politici si è indagato per anni, ma senza risultato.

 

Giuseppe Fava

Il Consiglio regionale di Assostampa Sicilia ha ricordato ieri sera Pippo Fava ucciso in un agguato, 38 anni fa, la sera del 5 gennaio 1984, nei pressi del Teatro Stabile di Catania. Fava, 59 anni, direttore de “I siciliani”, assassinato da Cosa Nostra, era impegnato da anni a denunciare le collusioni che legavano imprenditori, politici e mafiosi nella città in cui tutti negavano che la mafia fosse presente e in piena attività. «Ci sono voluti dieci anni anni per accertare che fu la mafia a uccidere il giornalista che era rimasto cronista attento – scrive la segreteria regionale di Assostampa Sicilia – . A lungo si cercò di far credere che si trattava di un delitto passionale, come è accaduto anche per coprire altri omicidi di matrice mafiosa. Alla fine i processi hanno accertato che fu il capomafia Nitto Santapaola insieme ad Aldo Ercolano a ordinare di mettere a tacere Pippo Fava. Lo ha confermato definitivamente la Cassazione nel 2003. Dai processi sono usciti assolti Marcello D’Agata, Francesco Giammusso e Vincenzo Santapaola, che erano stati condannati in primo grado come esecutori».

La storia di Pippo Fava e la ricostruzione del lungo iter processuale per accertare le responsabilità della sua morte si possono leggere sul sito di Ossigeno “Cercavano la verità” (giornalistiuccisi.it), dedicato ai trenta giornalisti uccisi da mafie, terrorismo. Per il preoccupante numero di contagi da Covid-19 a Catania, la Fondazione Giuseppe Fava ha deciso di rinviare a data da definire la consegna del Premio Giornalistico Nazionale 2022, quest’anno assegnato a Paolo Biondani. Annullato anche il presidio sotto la lapide del giornalista.

La fondazione Giuseppe Fava ha voluto ricordare il giornalista e intellettuale citando “La speranza”, tratto da I Siciliani.: “…ma c’è anche la sua infinita pazienza al dolore ed il suo terribile bisogno di giustizia. C’è anche la sua intelligenza ineguagliabile, il suo senso morale della morte, cioè il suo ideale che la vita sia sempre l’occasione di lottare per qualcosa. Il siciliano viene vinto continuamente dal mondo, ma mille volte si rialza e continua a lottare. La verità è che egli è vivo come nessun altro e cerca disperatamente nella vita tutte quelle cose che possono dare una ragione alla vita stessa”.

 

La redazione de I siciliani giovani stamattina, dal Giardino di Scidà, bene catanese confiscato alla mafia, ha organizzato un dibattito on line che ha visto la partecipazione di don Luigi Ciotti di Libera. «“I soldi dei mafiosi a chi lavora”: con questa parola d’ordine comincia il nostro concreto lavoro di quest’anno – dichiara la redazione de “I siciliani giovani” in una nota -. E’ un obiettivo politico, diciamolo con chiarezza: ma di un’altra politica, quella della Repubblica, del dopoguerra. I nostri “politici” siete voi che ascoltate, ragazze e ragazzi che arrivate ora, o amici che avete già fatto parte, in un modo o nell’altro, della nostra storia. Il momento è ora: questo è l’otto settembre e nessuno ci salverà se non ci salveremo noi stessi».

«Pippo Fava nel silenzio assordante e connivente delle istituzioni e della società civile, in un tempo nel quale si negava l’esistenza della mafia, ha denunciato gli intrecci tra Cosa Nostra, politica, affari, imprenditoria e massoneria – dichiara il sindaco di Palermo Leoluca Orlando -. Le sue inchieste e il suo concetto etico del giornalismo, libero da ogni forma di ingerenza o condizionamento, rappresentano un grande esempio per i giovani e i professionisti dell’informazione. Fava cercava con senso del dovere la verità in un momento storico nel quale questa doveva essere taciuta a tutti i costi. A distanza di trentotto anni dal suo omicidio resta vivido il ricordo di un intellettuale delegittimato durante la sua carriera che ha portato avanti con coraggio i valori della libertà d’espressione e della lotta all’illegalità».

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