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Sull’asse Grecia-Sicilia quando il Mediterraneo generava fiorenti civiltà

Libri e Fumetti Il volume “I Greci di Sicilia. Le città” (Abulafia editore), scritto dall'archeologo ibleo Giovanni Di Stefano e corredato dalle suggestive foto di Luigi Nifosì, analizza e racconta con efficacia e rigore la nascita della civiltà greco-siciliana che ha lasciato segni e tracce indelebili nella storia culturale, sociale, architettonico-monumentale, economica, politica, filosofico-antropologica, che ancor oggi pervadono la nostra visione del mondo

Studiare la genesi e l’evoluzione della colonizzazione greca in Sicilia vuol dire viaggiare indietro nel tempo, nel cuore della storia del Mediterraneo, alle origini dell’Europa. Sull’asse Grecia-Sicilia si sviluppò, e si estese in altri luoghi della parte meridionale della Penisola (la Magna Grecia), una delle civiltà più fiorenti, vivaci e innovative della storia dell’umanità. Una civiltà che ha lasciato segni e tracce indelebili nella storia culturale, sociale, architettonico-monumentale, economica, politica, filosofico-antropologica, che ancor oggi pervadono la nostra visione del mondo. I templi e i teatri greci in Sicilia sono alcuni dei grandi simboli di un patrimonio storico costituito anche di opere d’arte, statue e oggetti, che trascendono il tempo e arricchiscono il patrimonio culturale dei musei isolani. Non a caso Siracusa e Agrigento, solo per citare delle punte d’avanguardia, rivaleggiavano con Atene e altre poleis. 

“I Greci di Sicilia. Le città” è un libro ben strutturato e ben realizzato, scritto da un archeologo di valore quale il ragusano Giovanni Di Stefano e corredato da suggestive foto di Luigi Nifosì. Il volume analizza e racconta con efficacia e rigore questa dimensione. Il testo voluto dalla Banca Agricola Popolare di Ragusa si avvale dell’introduzione dell’autorevole studioso Massimo Cultraro, ed è stato pubblicato da “Abulafia editore”.

 

Il libro mette in evidenza come: “La colonizzazione greca dell’VIII-VI sec. a.C. fu il movimento di uomini più imponente nella storia del Mediterraneo. Nessun modello migratorio moderno può paragonarsi alla colonizzazione greca della Sicilia. Le dinamiche economiche, parentali, sociali e commerciali che determinarono questo fenomeno furono all’origine dei processi  di fondazioni di nuove città. Il ruolo politico e religioso degli ecisti, delle città-madre e delle élites furono determinanti nei processi di occupazione dei territori da parte dei Calcidesi, dei Megaresi e dei Corinzi che fondarono colonie primarie (Naxos, Siracusa, Megara ecc.) e secondarie (Selinunte, Camarina, Agrigento). La scelta dei siti e la prima urbanizzazione delle aeree pubbliche (civile e religiose) è un processo unico nella storia urbana del mondo antico d’Occidente. Anche la monumentalizzazione delle colonie con gli edifici civili (il teatro di Siracusa) e i templi ( il tempio di Zeus a Selinunte, l’Olympieion di Agrigento) può considerarsi un unicum nella storia dell’architettura greca”. 

Il direttore generale della Banca Agricola Popolare di Ragusa Saverio Continella e il presidente Arturo Schininà scrivono che il libro “racconta la presenza dei Greci in Sicilia e la trasformazione storico-sociale determinata dalla fondazione delle città greche tra le coste dell’Isola e le aree dell’immediato entroterra, nella mirabile sintesi della successione di nuove presenze di ‘colonizzatori’ che hanno trasformato, anche sul piano delle relazioni tra le popolazioni, le vicende della Sicilia di quei secoli lontani, dando la misura affascinante di un’urbanizzazione caratterizzata da monumentalità imponenti, da un tessuto economico e quotidiano preziosamente avanzato, offrendo di quella presenza di civiltà la cifra identificante per la lettura di un territorio, tra templi e teatri, tra agorà e porti. Tutto questo si può leggere anche guardando la Sicilia dall’alto e recuperando, nelle immagini fotografiche di oggi, le vestigia, le tracce, le pietre di una storia della quale non possiamo non sentirci imbevuti, coinvolti, forse anche inconsapevolmente condizionati”. 

Giovanni Di Stefano

Protostoria e storia

Massimo Cultraro sostiene: “Nel corso del Bronzo Finale e al passaggio all’età del Ferro (1100-900 a.C.) si colgono nella Sicilia protostorica segnali a favore di un rinnovato rapporto tra comunità e territorio, codificato in un vero e proprio paesaggio di potere. Si profila un modello di città maggiore (un central place secondo la teoria elaborata nell’ambito degli studi di geografia politica), che si configura quale sede di attività artigianali ed economiche, ma anche politiche e religiose. Intorno a questo nucleo, che poteva adottare soluzioni architettoniche esogene come nel caso di Pantalica, si sviluppa un complesso di villaggi più piccoli, che gravitano intorno a quello principale. Alcuni sono votati ad attività agricole, altri all’allevamento, mentre non mancano quei centri minori dislocati lungo le linee di controllo delle vallate e dei fiumi, quasi a delimitare i confini di unità territoriali. Sono questi reami politici di cui i Greci serbano un lontano ricordo nel regno del re siculo Hyblon a Xouthia, da ricercare nella costa orientale siracusana, e in quello del celebre sovrano sicano Kokalos presso Kamikos, nel territorio di Agrigento”. 

Giovanni Di Stefano argomenta: “La storiografia moderna che deriva dagli studi delle colonizzazioni europee ha evocato schemi e divisioni fra colonie agrarie e commerciali a seguito di processi di dominio e modelli di produzione capitalistici. A parte queste superficiali analogie i processi di fondazione delle colonie greche in Sicilia sono certamente correlati con le conoscenze geografiche, acquisite già dall’età micenea, che determinarono la frequentazione di rotte marittime a scopi commerciali”.



Economia, demografia, eventi naturali, politica e cultura

Di Stefano aggiunge: “Ovviamente, anche altre motivazioni verificatesi nella madre-patria sono preminenti: fenomeni di eccedenza demografica, con la conseguenza dell’esodo di gruppi di cittadini; disagi di vario genere causati da eventi naturali ( siccità ed epidemie); nuove dinamiche all’interno delle genealogie parentali; l’evoluzione del rapporto fra il possesso e la fruizione della terra”.

Platone, Aristotele e Tucidide

“Queste motivazioni, che trovarono poi una teorizzazione in Platone e in Aristotele, tengono conto dello stato di necessità che comportò una nuova fondazione a causa, ad esempio, dell’alto numero dei cittadini in rapporto ai lotti agricoli originariamente assegnati. Proprio la vocazione agricola fu certamente determinante in questi processi di fondazione. I coloni che parteciparono alle fondazioni sono coordinati dalla città-madre e non sono mai dei fuggiaschi, anche se rimane ancora da chiarire il rapporto sociale fra le aristocrazie che organizzavano le spedizioni e i cittadini che si imbarcavano e diventavano coloni.  Il fondatore, l’ecista, il capo dei coloni designato dalla madre-patria, è responsabile dei rapporti con la metropoli e anche delle istituzioni della nuova città. Soprattutto grazie a Tucidide conosciamo, come vedremo, i nomi di alcuni dei fondatori, segno che la memoria collettiva  e quella della tradizione storica avevano conservato il ricordo dei nomi dei capi designati di queste spedizioni”.

Platone e Aristotele al centro dell’affresco “La scuola di Atene” di Raffaello Sanzio (Musei Vaticani)

La fondazione di Naxos in Sicilia

“Nella fase di organizzazione di una apoikia i sacerdoti, su richiesta dell’ecista, interrogavano il dio Apollo tramite la sacerdotessa che emetteva poi gli oracoli. La fondazione, dunque, era sempre preceduta da una interrogazione oracolare e successivamente seguita da un rituale di consacrazione ad Apollo Archeghetes, fondatore. Sia l’inno omerico ad Apollo che Tucidide descrivono i momenti successivi all’arrivo dei coloni sul luogo dove fondare la nuova città. Tucidide in particolare per la fondazione di Naxos, in Sicilia, ci riferisce dell’altare al dio. Si predisponeva la costruzione di un altare e poi collettivamente si consumava una libagione. L’altare di Apollo a Naxos fu omaggiato da ogni ecista siciliano. Ma le nuove città furono completamente autonome dalle città-madre dalle quali derivano probabilmente alcuni culti del pantheon religioso e gli ordinamenti legislativi. 

L’arrivo dei coloni sul sito prescelto della nuova città implicò altresì una serie di attività: delimitare lo spazio urbano, organizzare i quartieri per i coloni, urbanizzare l’area adibita alle attività cittadine, cioè prevedere le aree pubbliche (religiose e civili), e poi destinare, forse per sorteggio, i lotti rurali nella chora”.

Le antiche mura della Naxos greca

Archeologia e storia della Sicilia

Di Stefano ricostruisce con efficacia il contesto della Sicilia all’inizio della fase di colonizzazione da parte dei greci: “Nella Sicilia agli inizi dell’VIII secolo a.C. il quadro delle popolazioni indigene ci è restituito dall’archeologia: nella parte orientale dell’isola, quella sicula, scompaiono i grandi villaggi risalenti all’età del bronzo finale (Metapiccola di Leontinoi, Cassibile, Monte Dessueri) al posto dei quali si intensificano poi i centri di Pantalica, di Adrano, di Paternò; nella parte occidentale, quella sicana, sopravvivono alcuni centri fortificati lungo il fiume Platani (Polizzello, Sant’Angelo Muxaro). I villaggi siculi della Sicilia orientale, inquadrabili nella facies di Pantalica III, sono caratterizzati da un sostrato culturale, di tipo ausonio, tipico dell’Italia meridionale; invece gli abitanti della Sicilia occidentale si rifanno ancora a tradizioni culturali del tardo-bronzo.

Il tatro greco di Siracusa, foto di Franca Centaro

La fonte principale della colonizzazione greca in Sicilia è Tucidide. A parte probabili tradizioni locali di ogni singola città dove le élite terranno memoria dei calcoli cronografici, forse costruiti sulla base di generazioni, le date di fondazione delle colonie siciliane si possono ricavare dal libro VI dell’opera di Tucidide sulla spedizione ateniese in Sicilia. Qui lo storico raccoglie le fondazioni con una scala cronologica relativa, rapportando ogni città alla fondazione di Siracusa: ad esempio Naxos sarebbe stata fondata un anno prima di Siracusa, Leontinoi, invece, cinque anni dopo”.

Busto di Tucidide

La fondazione della Catania greca

Molto interessante è anche l’analisi della fondazione di Megara Iblea, Leontinoi, Catania, Akrai (l’odierna Palazzolo Acreide): “Dopo aver lasciato il Capo Zefiro in Calabria, Capo Schisò era il primo approdo in Sicilia. Teocle partecipa poi alla fondazione di Megara Iblea con un gruppo di coloni provenienti da Megara; quindi fonda Leontinoi su un insieme di scoscese colline, al margine meridionale della pianura del Simeto. Infine, viene fondata Catania sulla collinetta, oggi Piazza Dante, che sovrasta il porto naturale. 

Akrai fu fondata settanta anni dopo Siracusa, nel 663-662 a.C., nell’altopiano fra i fiumi Tellaro e Anapo, a circa 770 metri di quota; Casmene, ancora venti anni dopo Akrai, nel 643-642 a.C., fu costruita sulla piattaforma vulcanica del Monte Casale, a 830 metri sul livello del mare: una vera fortezza militare con funzioni anti-sicule. Camarina, fu l’ultima sub-colonia siracusana fondata centotrentacinque anni dopo Siracusa, nel 599-598 a.C.

Il Teatro greco-romano di Catania

La grande Akragas, una sub-colonia di Gela

Per comprendere il ruolo storico molto rilevante della Gela greca è importante fare riferimento alla fondazione di Akragas: “Anche la fondazione di Agrigento, sub-colonia di Gela, fu promossa dai due ecisti Aristonoos e Pistilo, che fondarono la colonia centootto anni dopo Gela, nel 580 a.C. La colonia fu insediata su una piattaforma calcarea lungo il corso del fiume Akragas, non direttamente sul mare. La fondazione delle città greche in Sicilia fu un complesso movimento di uomini che per almeno due secoli, dall’VIII al VI secolo a.C., ha segnato la storia del mondo”.

Agrigento e la sua Valle dei templi

Una storia tutta da leggere…



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