Recensioni Un grumo di nervi, un corpo vitale e attraversato da palpiti ed emozioni, due occhi intensi, aperti sullo sgomento dell’esistere, prima come Elma, poi come Cia, infine come Nessuna... In scena allo Stabile di Catania fino al 29 gennaio l'opera pirandelliana, interpretata da una icastica Lucia Lavia, con la regia di Luca De Fusco, mette in scena il dramma dell'identità di tutta un'Europa prima del secondo conflitto mondiale
La perdita dell’identità di una donna. Ma insieme la perdita d’identità di tutto un mondo, quello europeo. Luigi Pirandello, da acuto interprete della crisi, nel 1930 dà alle scene, con “Come tu mi vuoi”, un dramma rivelatore e foriero di tristi presagi sull’imminente secondo conflitto mondiale.
E non a caso il Teatro Stabile di Catania ha donato al pubblico (dal 20 al 29 gennaio), per la seconda volta nella sua stagione, un’opera pirandelliana che prese spunto da un fatto di cronaca molto noto allora, la vicenda dello “smemorato di Collegno, omaggiando l’intelligenza e l’acutezza del nostro scrittore italiano più conosciuto al mondo, grazie alla superba regia del direttore Luca De Fusco. Protagonista d’eccezione una figlia d’arte (ma forse, definendola così, si rischia di sminuirla), Lucia Lavia, nei panni dell’inquietante personaggio dell’Ignota, ignota agli altri, ma prima di tutto a sé stessa, senza radici, lingua e nazione.

Lucia Lavia in “Come tu mi vuoi”, foto di Antonio Parrinello
La giovane attrice si è cimentata sicuramente in una parte molto impegnativa, se solo pensiamo che il dramma nacque in Pirandello come atto d’amore per Marta Abba, con l’intenzione di creare una piece ambiziosa e accattivante che valorizzasse appieno le doti della sua pupilla e primadonna. Non a caso inoltre la parte dell’Ignota si rivelò particolarmente adatta alle caratteristiche della celeberrima Greta Garbo per un breve adattamento cinematografico del 1932. Una sfida, dunque. Una sfida che anche Lucia Lavia ha accettato, vincendola su tutti i fronti con una piena padronanza del personaggio e della sua non identità, incarnandosi agevolmente in una donna bella e dolente, stanca delle brutture del mondo; dalla sua “patria” tedesca, infatti, Elma, l’Ignota, torna alle dolci colline italiane con la speranza di trovarla, finalmente l’identità piena da quella lacerata che la contraddistingue, alla ricerca di una purezza smarrita a Berlino: ma nel Bel Paese, divenuta Cia, è solo trionfo di interessi meschini, giochi opportunistici e avidi calcoli, che la portano a dolenti riflessioni e a rinunciare a consistere.

Un momento dello spettacolo, foto di Antonio Parrinello
Un grumo di nervi, un corpo vitale e attraversato da palpiti ed emozioni (animato dalla coreografia di Noa e Rina Wertheim), due occhi intensi, aperti sullo sgomento dell’esistere, prima come Elma, poi come Cia, infine come Nessuna… Lucia Lavia vibra sulla scena, entra dentro gli spettatori con una gestualità vibrante, mai sopra le righe, aiutata dalla astuta e geniale regia di De Fusco, che rifrange anche visivamente il personaggio con proiezioni di immagini, che ne amplificano la smaniosa ricerca di sé e la consapevolezza di essere solamente “un corpo senza nome in attesa che qualcuno se lo prenda”.

L’intero cast di “Come tu mi vuoi” allo Stabile di Catania, foto Antonio Parrinello
Attorno a lei un ottimo cast che ha dato vita alla famosa “stanza della tortura”, (la famosa tecnica nata nel “Così è (se vi pare)” e sancita da una nota definizione di uno dei più acuti critici pirandelliani, Giovanni Macchia), dallo zio Salterio del bravo Bruno Torrisi, alla Zia Lena dell’icastica Alessandra Costanzo, fino alla demente interpretata con perizia da Alessandra Pacifico, il tutto condito dalle belle musiche di Ran Bagno.
Un plauso va, dunque, al Teatro Stabile di Catania per avere portato in scena un’opera non sempre rappresentata, ma animata da una grande idea drammaturgica. Davvero un Pirandello che va oltre, scavando a fondo nel tema dell’identità e arricchendo lo spunto esistenziale con i toni cupi dell’imminente tragedia europea. L’Ignota, tra pochi anni, si sarebbe incarnata in un continente senza più radici, sconosciuto a sè stesso, misero scenario dei più grandi orrori di tutti i tempi.
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