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La Camerata Strumentale Siciliana rivisita in modo pertinente i brandeburghesi di Bach

Recensioni Un sentito omaggio a Bach, quello della Camerata Polifonica Siciliana, con i sei concerti brandeburghesi eseguiti in due serate per la rassegna "Corti e castelli". Nel primo concerto, il M° Giovanni Ferrauto ha profuso una gestualità sempre calibrata, guidando l'ensemble ad esiti di felice compattezza esecutiva ed efficacia agogica; il lavoro di concertazione di Augusto Vismara si è connotata di garbo melodico e aderenza stilistica alla partitura

Un sentito omaggio a Johann Sebastian Bach, quello organizzato dalla Camerata Polifonica Siciliana per la rassegna “Corti e Castelli” in corso di svolgimento nell’accogliente corte del Museo diocesano. A trecento anni dalla pubblicazione dei sei Concerti brandeburghesi del maestro di Eisenach, la Camerata Strumentale Siciliana ha sottolineato l’evento in due appuntamenti, il primo dei quali, lo scorso 25 giugno, ha visto l’esecuzione della prima parte della produzione, ovvero il Concerto n. 6 in si bemolle maggiore BWV 1051 per due viole, violoncello, violone e continuo, il Concerto n. 4 in sol magg. BWV 1049 per violino e due flauti ed il Concerto n.5 in re magg. BWV 1050 per tastiera, violino e flauto. La seconda parte del corpus si svolgerà il 13 luglio.

Il M° Giovanni Ferrauto e la Camerata Strumentale Siciliana

L’associazione, presieduta da Aldo Mattina, si avvale da sempre della direzione artistica di Giovanni Ferrauto, al tempo stesso direttore dell’ensemble. In tale veste, captando l’attenzione di un attento pubblico, ha profuso una gestualità sempre calibrata, guidando l’ensemble ad esiti di felice compattezza esecutiva ed efficacia agogica. La resa della compagine, curata dal lavoro di concertazione di Augusto Vismara, si è connotata di garbo melodico e aderenza stilistica alla partitura, già dal concerto n. 6 di apertura con i bravi solisti Vismara e Gaetano Adorno, viole, Alessandro Longo, violoncello, affiancati da Marco Bologna, Giulio Nicolosi, Carmelo La Manna, e al clavicembalo Alistair Sorley.

Un momento del concerto nella corte del Museo Diocesano di Catania

La leggerezza flautistica di Giovanni Roselli e Andrea Virzì contornava le arcate incisive del violinista Marcello Spina, distintosi nel Concerto n. 4: qui la veste del concertino (che nella tipologia del concerto grosso barocco si differenzia dall’insieme) ha assunto maggiore spicco e ciò si è ravvisato altresì nel Concerto n. 5 , poi bissato nel primo movimento, con ampio plauso di pubblico. Si coglievano a piene mani la spigliatezza e il puntiglio tastieristico di Maria Pia Tricoli, nel trasporre sul pianoforte la levità cembalistica e la perentorietà di accenti consone alla pagina bachiana. Una rivisitazione pertinente dunque, che ci ha reso ancora una volta attraente il linguaggio di Bach, accolto con vivo riscontro dalla numerosa platea intervenuta.

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