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I sette papi della mia vita

Blog Alla Via Crucis di poche sere fa ho visto un Bergoglio triste, stanco, forse malato, e ho sofferto per questo grande vecchio umiliato e offeso dall’ottusa Vandea dei nostalgici del papa-re, dei dogmi e delle inquisizioni. Sette i pontefici cattolici nel corso della mia vita, dall'incomprensibile Pio XII allo spirito genuinamente evangelico della tradizione francescana unita alla capacità di comunicazione di Francesco

Per i miei Plausi n. 94 (arrivato a 100, giuro, smetterò di rompere i cabbasisi) propongo e aggiorno un mio vecchio post su Facebook, ignoto ai lettori di SicilyMag, sui pontefici della chiesa vaticana che, ammirati o biasimati, hanno comunque accompagnato la mia vita. Perché lo riprendo? Perché alla Via Crucis di poche sere fa ho visto un Bergoglio triste, stanco, forse malato, e ho sofferto per questo grande vecchio umiliato e offeso dall’ottusa Vandea dei nostalgici del papa-re, dei dogmi e delle inquisizioni, delle messe in latino e dei preti che somministravano il pass per i Campi Elisi assieme a carezze non sempre paterne.

Sette pontefici cattolici, dunque, nel corso della mia vita: quand’ero bambino, l’algido Pio XII, inaccessibile e incomprensibile;

Pio XII

poi venne la rivoluzione di Giovanni XXIII, il “papa buono” dell’agiografia, ma tanto determinato e consapevole da promuovere il Concilio Vaticano II, ovvero la “riforma cattolica” mancata nel ‘500 in risposta a quella luterana. E il suo leggendario discorso della luna con la carezza ai bambini che commosse e fece riflettere laici, agnostici, atei, restituendo per una sera a quella chiesa il suo mandato universale.

Giovanni XXIII

Da giovane, e ancora cattolico, vissi il pontificato di Paolo VI, grande e tormentato intellettuale, che nel ricordo associo ad Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, come lui problematici e titubanti, in fin dei conti travolti dalle loro incertezze. Ma di lui ricordo la splendida lettera agli “uomini delle Brigate Rosse” nei giorni del sequestro di Moro, che mi fece pensare allo starets Zosima di Dostoevskij inginocchiato al cospetto del potenziale assassino Dimitrj Karamazov.

Paolo VI

Poi l’enigma Giovanni Paolo I e la sua misteriosa morte: tutto, della sua disarmata mitezza, faceva pensare a un altro Giovanni, e oggi al futuro Francesco.

Giovanni Paolo I

Nell’età adulta il mio agnosticismo, il mio allontanamento dalla fede furono incoraggiati dal coriaceo e tetragono papa teocrate, Giovanni Paolo II, un Bismarck in abito talare e tiara, liquidatore del comunismo ma anche del Vaticano II. Negli ultimi anni del suo pontificato io ero approdato a una chiesa protestante: facile vedere in lui l’Anticristo.

Giovanni Paolo II

Che dire di Benedetto XVI, il “pastore tedesco”? Buon teologo ma sopravvalutato, ex arcigno custode dell’ortodossia da cardinale, non ha saputo dare un segno né nettamente conservatore com’era nella sua natura, né tanto meno riformatore, al suo mandato, concluso col “pasticciaccio” – altro mistero fra i tanti – dell’abdicazione.

Benedetto XVI

Quando si insediò papa Francesco, ero ormai – e sono tuttora – un cristiano senza chiese, ma per questo più attento e meno prevenuto nei confronti di quella cattolica. E Francesco mi conquistò subito, sin da quel suo primo timido “buona sera”.

E poi fu un crescendo di consenso e simpatia per questo papa che ha unito il pauperismo, l’accorata attenzione agli ultimi e ai reietti, lo spirito genuinamente evangelico della tradizione francescana alla capacità di comunicazione, all’alacre operosità di quella gesuitica ch’è la sua. E sue sono due splendide encicliche come Laudato si’ e Fratelli tutti, che tutti dovrebbero leggere, sua è la sorprendente apparizione nella piazza vuota che resterà forse l’immagine del secolo, suo è il messaggio di tenerezza, accoglienza, fraternità che è una nuova “carezza” per questi tempi così ardui e per un mondo così disperatamente incattivito.

Da ragazzo lessi (e mi sconvolse, perciò è rimasto il “mio” libro, più volte riletto) il Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos, con quel timido, mesto e combattivo parroco di Ambricourt che spirando diceva: “Tutto è Grazia”. Quella frase è da allora il mio mantra, e sono certo che sia cara anche a papa Francesco, come non lo è ai sedicenti cattolici per i quali al contrario tutto è peccato, da redimere usando il Crocifisso come una clava.

Lunga vita a papa Francesco.

Papa Francesco

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