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Fascismo e violenza, un legame naturale

Blog Il fascismo nacque nel 1919 e fece subito conoscere la sua natura violenta con l'assalto a "L'Avanti". Ennio Flaiano scriveva in "Don't forget" che "Il fascismo conviene agli italiani perché ... esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità". Ribadiva Umberto Eco in "Il fascismo eterno" che nei fascisti di oggi vive "un mix di rivalsa, frustrazione, voglia di violenza (anche solo verbale) e nostalgia per qualcosa di non vissuto e idealizzato"

Il primo vagito del fascismo nel marzo del 1919, quando Mussolini fondò a Milano i fasci di combattimento, venne fuori alquanto sonoro appena un mese dopo. Quando uno degli arditi, Ferruccio Vecchi, guidava altri facinorosi all’assalto della redazione del giornale socialista l’”Avanti!” inaugurando una escalation di violenze senza limiti a favore del fascismo con l’avallo delle autorità.

“Violenze inutili. Distrutto! Ma se è più… vivo di prima!”, vignetta del 1922 di Gabriele Galantara per la rivista satirica “L’Asino” sull’assalto degli arditi e dei fascisti alla redazione de “L’Avanti” a Milano nel 1019

Il programma dei fasci era chiaro dall’inizio. Era “anti” tutto: antisocialita, antiliberale, e da qui si comprende quanto fosse illegale e malintenzionato. Era anche anticapitalista, antianarchico e anticlericale. Il movimento ingrossò le sue fila cavalcando l’onda del malcontento emerso dalla Prima guerra mondiale e, reclutando gli squadristi, si fece organizzazione paramilitare. Infatti, dai già citati arditi (un gruppo d’assalto) soprannominati la “compagnia della morte”, questi assorbirono quasi tutto. Dagli accessori delle divise come il fez nero al grido di battaglia “a noi!”, dal motto “me ne frego!” al manganello e perfino, con alcune modifiche, l’inno Giovinezza.

Il quadro era completo. Da quel momento sedi di partito, di sindacati, redazioni, case di nemici, sedi di associazioni cattoliche vennero distrutte o date alle fiamme picchiando o uccidendo ai loro frequentatori e abitatori. Tutto questo per anni. 

Dal 1919 fino alla 1922, anno della marcia su Roma, si contano 425 fascisti uccisi, contro gli oltre 3000 tra socialisti, comunisti, democratici, liberali e cattolici, senza contare i feriti di cui non si sanno con esattezza le stime. Scommetto tuttavia che tra i fascisti attuali quei 425 potrebbero perfino essere descritti come vittime, eroi e martiri. Purtroppo non è così, almeno per la stragrande maggioranza di loro. E di certo non eroi.

“La Roma di Mussolini, apoteosi del fascismo”, dipinto di Luigi Montanarini, Foro Italico Roma. Fonte Catalogo generale dei Beni culturali CC-BY 4.0

Le violenze che permisero la soppressione della democrazia e di ogni libertà – è storicamente riconosciuto – venivano puntualmente avallate dalle autorità. Scrive la professoressa di Storia contemporanea Simona Colarizi nel suo La resistenza lunga. Storia dell’antifascismo 1919-1945″ (Edizione Laterza, 2023): “Alla sconfitta dei socialisti non avevano contribuito solo la superiorità nella donazione di armi e nell’organizzazione militare delle squadre fasciste; determinante era stata l’evidente collusione, ampiamente documentata, delle Guardie Regie e degli agenti di Pubblica Sicurezza, da sempre usati a reprimere le manifestazioni del proletariato e adesso ben felici di aver trovato nei fasci di combattimento chi li sostituiva con maggiore ferocia. Così negli scontri la forza pubblica restava per lo più in disparte, quasi fosse spettatrice neutrale di una sfida sportiva, e interveniva contro i socialisti solo quando gli squadristi si trovavano in difficoltà. Una partita truccata anche nel finale, quando i militanti del Psi venivano arrestati in massa e condannati ad anni di carcere, mentre i fascisti tornavano invece liberi. Nei rari casi di un fermo e poi della traduzione in tribunale [dei fascisti], l’assoluzione era assicurata dai magistrati in genere complici o, se imparziali, minacciati direttamente dalle camicie nere nel caso di sentenze non gradite“. Unica eccezione rilevante a Sarzana. Tutto questo cento anni fa in Italia era prassi.

Mussolini dal canto suo ne era più che consapevole. Tant’è che il 3 gennaio del 1925, durante il discorso alla Camera quando si assunse la responsabilità del delitto Matteotti disse: «Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!».

Opinione opinabile, anzi criticabile: una “passione superba” non di certo e nemmeno della “migliore gioventù”. Troppo puzza di fogna per poter parlare di passione.

Una vignetta del giornale satirico “L’Asino” del 2-8 luglio 1922, Archivio Fondazione G. Feltrinelli

Ma cos’era, cos’è o cosa può essere il fascismo? Umberto Eco nel suo saggio Il fascismo eterno” del 1995 ne traccia i punti caratteristici. Tra le insofferenze di sempre ci sono il rifiuto del modernismo (a favore di una fantomatico benessere del passato); il disaccordo delle loro convinzioni inteso come diversità da sopprimere o perlomeno visto come male per la società; il rifiuto della cultura; un nazionalismo utile a vedere nell’altro il nemico; un folle sentimento di difesa della verità, o meglio la convinzione che tutto ciò che si ritiene vero lo sia realmente senza margine di errore (tant’è che la falsa propaganda del Ventennio viene ancora utilizzata e creduta), quindi si abbracciano “verità” e assunti privo di valore scientifico o di altra natura, però con una forte base emotiva e fanatica; e molto altro riscontrabili in un mix di rivalsa, frustrazione, voglia di violenza (anche solo verbale) e nostalgia per qualcosa di non vissuto e idealizzato in intime fantasie ed elucubrazioni.

I social, tra i troll di professione e i troll per emulazione loro malgrado, ne danno prova quando si vede lo sfogo di odio verso chi nel bene o nel male ha qualità, notorietà, privilegi, o soltanto meriti che molti non possono avere e sanno di non avere. Insultare atleti italiani di colore, per esempio, racchiude un po’ tutto questo e ben altro.

Alla fine della fiera, però, quelli che si professano, in segreto o in palese, fascisti, dei concetti “ideologici” non sanno che farsene, nemmeno li capiscono il più delle volte. Ripetono a pappagallo quelle tre o quattro cose apprese per sentito dire, falsi storici e tanto basta per essere “orgogliosi”. Anche perché leggere un libro di storia per loro è difficile oltre che psicologicamente doloroso. Allora come sono affascinati così tanto da un movimento tutto sommato rozzo, falso, privo di contenuti e inconsistente? La risposta potrebbe darcela Ennio Flaiano nel suo appunto del 1976 tratto da Don’t forget” (scritti postumi, Adelphi, 2002): “Il fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità. Il Fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di culture, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli “altri” le cause della sua impotenza o sconfitta.
Il fascismo è lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre, ma alacre, plagiatore, manierista. Non ama la natura, perché identifica la natura nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi; ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali, non ha senso dell’arte, non ama la solitudine, né rispetta il vicino, il quale d’altronde non rispetta lui.
Non ama l’amore, ma il possesso. Non ha senso religioso, ma vede nella religione il baluardo per impedire agli altri l’ascesa al potere. Intimamente crede in Dio, ma come ente col quale ha stabilito un concordato, do ut des. È superstizioso, vuole essere libero di fare quel che gli pare, specialmente se a danno o a fastidio degli altri. Il fascista è disposto a tutto purché gli si conceda che lui è il padrone, il padre“.

Riflessione impeccabile.

Fascisti contemporanei

E gli altri? Le persone con qualità? Quelli che vedono che al loro posto sono seduti i raccomandati di prepotenza e i graditi, che pensano? Forse con un filo di sconforto quello che Piero Calamandrei scriveva nei suoi diari: “Ancora una volta le previsioni e i calcoli delle persone oneste sono caduti e smentiti. Gli imbecilli e i malvagi hanno sempre ragione” e “ancora una volta abbiamo torto. Sono venti anni che ogni giorno abbiamo torto: a fare le persone per bene, gli idealisti, gli uomini della pura coscienza e dalle mani nette abbiamo torto“.

Tuttavia è meglio avere torto, avere difficoltà da persone oneste, che accettare la feccia e le violenze di mafie e fascismi (di tutti i colori) e di chi ne subisce la fascinazione.

Postilla. A scanso di equivoci strumentali quanto scritto fin qui parla di fascismo, e non della destra che può essere benissimo antifascista e democratica.

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