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Duecento accoltellatori mazziniani dalla Sicilia a Milano, le fake news che vengono della storia

Blog Anno domini 1869, a Milano arriva una delegazione di mazziniani per tentare di organizzare un moto repubblicano, tra questi c’erano i siciliani Edoardo Pantano, futuro ministro, e Giuseppe Greco Ardizzone. La stampa filomonarchica parlò di "duecento accoltellatori di Palermo" assoldati dal loro capo, Giuseppe Mazzini il quale, nell'articolo "Ai Nemici", rispose che la notizia voleva “infamare” la Sicilia davanti all’Europa

Oggi si chiamano fake news, ieri bufale: ogni epoca ha avuto le sue notizie false. È bastato cambiare nome per far risorgere vecchie, più accentuate, emozioni. Scatta il panico stupido a ogni mezza notizia, tutti a chiedersi “Sarà vero?”, “Sarà falsa?”. Tutti preoccupati, tutti che ne parlano, e tutti che le leggono. Eppure alle volte è proprio facile capire quanto assurda sia una notizia falsa per la sua natura incredibile-grottesca. E mentre tutti ne parlano, ne spiegano le dinamiche, noi, di fronte a cotanti sapienti, ci limitiamo a invitarvi a riflettere sulla funzione della bufala raccontando una storia sepolta dall’oblio degli anni.

Siamo nel Risorgimento, esattamente nell’anno domini 1869. L’Unità del regno era già stata proclamata, a breve si sarebbe compiuta quella memorabile giornata che liberò Roma dall’assolutismo del Papa, la Breccia di Porta Pia. A Milano era arrivata una delegazione di mazziniani per tentare di organizzare un moto repubblicano, tra questi c’erano Edoardo Pantano, nato ad Assoro (Enna) che anni dopo sarebbe stato nominato più volte ministro e Giuseppe Greco Ardizzone proveniente da Linguaglossa, oggi in provincia di Catania.

Menotti Garibadi, Edoardo Pantano e Giuseppe Greco Ardizzone

Arrivata l’informazione all’orecchio delle autorità che la combriccola era in città non certo per visite turistiche, si attivarono le forze dell’ordine compiendo arresti, fermando e rispedendo alle prigioni borboniche i due siciliani. Il 22 aprile il giornale vicino al governo L’Opinione, quindi filomonarchico, pubblicò un articolo dal titolo Vasta cospirazione mazziniana scoperta dall’autorità, in cui si legge: «La setta pei suoi fini aveva assoldati duecento accoltellatori di Palermo, per gittarsi sugli ufficiali, sulle prime autorità civili e militari e su altre persone distinte ed assassinarle nelle vie e nelle case: il capo loro si sa essere in Milano».

Il “capo loro” era Mazzini, lo si cercava un po’ in tutta Europa, e non tardò a rispondere. Bastava, ieri come oggi, un briciolo di buonsenso e ragionamento per capire quanto assurda potesse essere una spedizione di 200 – dico 200 – accoltellatori che attraversano tutta l’Italia, da Palermo a Milano, per portare confusione, sangue e morte, perfino dentro le case. Così l’Apostolo della libertà italiana scrisse nell’articolo di risposta intitolato “Ai Nemici” che la notizia voleva “infamare” la Sicilia davanti all’Europa, “capace di spedire, viaggiatori commessi a sgozzare, duecento accoltellatori”, e difendevano i repubblicani che per diverse ragioni non erano “capaci d’assoldarli”. A un prezzo equivalente, che possiamo solo immaginare, meglio un gruppo pronto a far guerra che non uno armato solo di coltello. Inoltre, nello stesso articolo Mazzini scrive una cosa su cui molti di noi pensando alle fake news non tengono in considerazione, al di là dell’interesse economico e politico che può dare la bufala. Parlando dell’arma della calunnia prosegue: «[…] e desume intanto dalla scelta delle vostre armi [la diffamazione], che le altre vi sfuggono, che siete oggimai vittime della Dea Paura, che siete e vi sentiti perduti. Noi […] non abbiamo bisogno d’arti siffatte». 

E se la notizia falsa fosse utile, oltre che a distrarre, anche a far credere che tutto il sistema sia solido e ben funzionante? O che lo spauracchio si agita da sé? Insomma, a nascondere le enormi falle socio-politico-economiche? Resteremo col dubbio. Così come restarono col dubbio i tanti che per tanto tempo cercarono il caro e compianto (da pochi illuminati pensanti) Mazzini, e lo ritrovarono diretto in Sicilia con un passaporto inglese a nome di John Braun. 

Chiudiamo tentando di strappare un sorriso. Nella raccolta di poesia Stornelli italiani di Francesco Dall’Ongaro c’è una divertente poesia intitolata Mazzini scritta intorno al 1862 (altre fonti la danno già scritta nel 1851) che suona così:

“Mazzini” di Francesco Dall’Ongaro

Giuseppe Mazzini

Chi dice che Mazzini è in Alemagna,

Chi dice ch’è tornato in Inghilterra.

Chi lo pone a Ginevra e chi in Ispagna,

Chi lo vuole sugli altari e chi sotterra.

Ditemi un po’, grulloni in cappa magna,

Quanti Mazzini c’è sopra la terra?

Se volete saper dov’è Mazzini,

Domandatelo all’Alpi e agli Appennini

Mazzini è in ogni loco ove si trema

Che giunga a’ traditor l’ora suprema.

Mazzini è in ogni loco ove si spera

Versar il sangue per l’Italia intera.

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