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Dominique Desforges Marzotto, la contessa italo-francese che si occupa di arte, cinema e vino

Calici & Boccali Intervista alla contessa che da un anno è alla guida della Tenuta Baglio di Pianetto di Santa Cristina Gela, griffe dell'enologia italiana fondata dal conte Paolo Marzotto, che fin dal suo esordio ha coniugato terroir siciliano ed eleganza francese, nel rispetto della sostenibilità

Che cosa lega l’arte, il cinema e  il vino? «La creatività che permette di dare vita ad un’opera d’ arte, di fare un film o di creare un vino, e poi di  lasciarle andare, anche se sono parte di noi». Parola di Donna Dominique Desforges Marzotto, da un anno alla guida Baglio  di Pianetto, griffe dell’enologia italiana fondata in Sicilia dal padre, il conte Paolo Marzotto, classe 1930, appassionato di corse che insieme ai suoi fratelli partecipava alla Targa Florio e al Giro di Sicilia di cui conquistò il podio nel 1952, a bordo di una Ferrari. Quella con la Sicilia è una  storia d’amore lunga vent’anni che si rinnova con Dominique, seconda generazione di un marchio che fin dal suo esordio ha coniugato terroir siciliano ed eleganza francese, nel rispetto della sostenibilità.

Il conte Paolo Marzotto a bordo di un’auto d’epoca

Eclettica, discendente di una dinastia d’imprenditori tessili dell’alto Vicentino, Dominique ha nel dna l’amore per l’arte come la madre Florence, paladina della musica ed appassionata pianista, e come il padre Paolo, che ha creato l’Arpai, l’associazione che si occupa del restauro del patrimonio artistico e culturale, e di cui Dominique cinque anni fa ha raccolto il testimone. «Sono oltre 300 le opere complessivamente restaurate dal 1989 ad oggi, grazie al contributo di fondazioni, mecenati e sponsor privati che hanno a cuore la salvaguardia dell’immenso tesoro artistico e culturale del nostro Bel Paese – spiega la presidente Marzotto -. Attualmente e per i prossimi tre anni, l’Arpai, insieme ad altri enti, è impegnata nel restauro degli affreschi di Giotto nella cappella Bardi di Santa Croce a Firenze».

Dominique Desforges Marzotto

Gentile e affabile nei modi, Dominique è impegnata anche come produttrice cinematografica: corti e documentari su temi di scottante attualità, di denuncia come il propagarsi dell’Aids in Cina, considerato un argomento tabù nel Paese orientale, o l’inquinamento ambientale. Ma nei film da lei prodotti c’è anche la Sicilia, quella delle polveri dei petrolchimici scandagliata dalla macchina da presa dei due giovani registi acesi, Fabrizio e Bruno Urso, autori del cortometraggio “Libera me”, in uscita il prossimo anno.
«Se vent’anni fa la salvaguardia dell’ambiente si sussurrava – spiega Dominique – oggi è diventata una necessità. Abbiamo una precisa responsabilità nei confronti di tutte quelle generazioni che verranno dopo di noi». Un testamento etico che nella Tenuta di Santa Cristina Gela,  acquistata dal Conte Paolo Marzotto nel 1997, è realtà.

La tenuta Baglio di Pianetto a Santa Cristina Gela

«E’ un’oasi di pace…  quando nel 2009 organizzai qui un atelier di scrittura – racconta Dominique Desforges Marzotto -, nessuno alla fine voleva andare via, perchè questo è sicuramente un luogo ricco di ispirazioni». Con tutte queste attività, Dominique riesce a seguire anche l’azienda, ma sempre con umiltà: «Mi sento come quella moglie che, pur non avendo esperienza, dà ogni tanto qualche consiglio, ma mi fido pienamente della squadra che lavora in azienda, condividendone le scelte».
Il ricordo del suo primo incontro con la Sicilia lo porta ancora con sé, nel senso più stretto del termine: sono degli orecchini di antica e pregiata fattura orafa che indossa anche oggi. «Me li regalò mia madre la prima volta che venni qui  – racconta – e decidemmo che saremmo diventati siciliani e cittadini di Santa Cristina Gela. Era l’estate del 1999, e da lì a poco avrei festeggiato 40 anni. Quel giorno mia madre portò me e mia sorella Veronica in giro per i negozietti di Piana degli Albanesi, che ci conquistarono immediatamente».  

I vitigni della tenuta Baglio di Pianetto a Santa Cristina Gela

Il ricordo di vent’anni fa le illumina lo sguardo azzurro, mentre gli ultimi bagliori di un caldo pomeriggio di fine ottobre inondano di luci e di sfumature diverse  un paesaggio che sembra rubato ai pennelli di Monet. Dalla sala dell’Agrirelais che ospita 14 camere eleganti, si gode la vista di una Sicilia inaspettata: una piccola Svizzera ad appena 20 minuti da Palermo. L’ampia vallata, a forma di anfiteatro naturale, è puntellata di alberi da frutto e ulivi secolari che si specchiano nelle acque di un piccolo lago che serve a potenziare la maturazione di alcune uve, e i frutti dell’orto utile al ristorante del relais. Qui l’aria profuma di spezie aromatiche e delle migliaia di rose che si perdono a vista d’occhio lungo i filari di viti. Siamo nel cuore di uno scrigno di biodiversità che il conte Paolo Marzotto, pioniere nell’Isola di una sfida green oggi all’avanguardia, ha voluto declinare nei suoi vini biologici. «Baglio di Pianetto è certificata biologica dal 2016 – spiega Renato De Bartoli, amministratore delegato dell’azienda – ma da sempre è stata impegnata sul fronte dell’ecosostenibilità attraverso scelte agricole e produttive volute personalmente dal conte Paolo che, quando è arrivato in Sicilia, ha subito avuto le idee chiare su come piantare le radici della sua azienda in quell’Isola di cui si era innamorato fin da bambino».

Il conte Paolo Marzotto

Organizzata in due tenute, il cuore  di Baglio di Pianetto è nella Tenuta di Santa Cristina Gela che viene attraversata da una strada che nella toponomastica porta il nome –  e sembra un segno del destino – di quel Paese, la Francia, di cui Paolo è appassionato. Tant’è che su questi terreni ricchi di silicio, particolarmente drenanti e minerali, in un’area posta a 650 metri sul livello del mare, costantemente ventilata e sottoposta a elevate escursioni  termiche, crescono insieme agli autoctoni tradizionali siciliani (l’Insolia, il Grillo ed il Catarratto), vitigni internazionali classici come il Merlot ed il Cabernet Sauvignon.

Paolo Marzotto porta al debutto in Sicilia  la raffinatezza di vitigni francesi, quali il Viogner per i bianchi e il Petit Verdinot per i rossi. Una sfida ed un sogno insieme.
Nell’altra Tenuta, in contrada Baroni, sul versante sud est dell’Isola, esattamente a Pachino, in una zona vicino al mare e che gode del calore del sole, sui terreni di natura calcarea vengono coltivati Nero D’Avola, Moscato, Frappato ed il più mediterraneo dei vitigni francesi, il Syrah. Con le due tenute vent’anni fa il conte Paolo Marzotto suggellava la nascita del suo brand, che oggi con circa 110 ettari vitati in produzione e 750mila bottiglie, è presente in ben 24 Paesi. L’azienda fa affidamento esclusivamente sulle uve di propria produzione la cui raccolta avviene solo ed esclusivamente a mano. Baglio di Pianetto è un  brand che in questi anni ha consolidato la produzione con circa 110 ettari vitati: «Dalla selezione in vigna, dove si è scelto di produrre cinquemila ceppi per ettaro, meno di due chili per pianta così da garantire una migliore qualità, alla vinificazione – spiega De Bartoli -, Baglio di Pianetto è una realtà che mette al primo posto, nel suo intero processo produttivo, il rispetto per l’ambiente».

Renato De Bartoli, amministratore delegato di Baglio di Pianetto


Dall’impianto fotovoltaico all’ utilizzo al cento per cento di fonti rinnovabili, fino alla costruzione di una cantina ad impatto zero che sfrutta i principi della geotermia, con circa 30 metri di profondità dove “riposa” la barricaia.  «Il conte Paolo Marzotto – aggiunge De Bartoli -ha fatto un investimento che resiste nel tempo, a dispetto di chi pensava che il suo interesse per la Sicilia fosse mordi e fuggi».
Per festeggiare i primi vent’anni di Baglio di Pianetto,  lo scorso 4 ottobre l’azienda ha presentato a Mondello due prestigiose etichette che già nel nome rivelano il legame della famiglia Marzotto alla  Francia e alla  Sicilia: Viafrancia Rosso Riserva e Viafrancia Bianco Riserva. «E’ stata anche l’occasione per il lancio di Fushà, il nostro primo spumante Brut biologico di uve selezionate di Insolia, un vitigno che stiamo verticalizzando –  conclude De Bartoli -. La scelta del nome, che in lingua arb
ëreshe indica una zona  pianeggiante vicino al vigneto, è il segno del nostro attaccamento a queste  terre».

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