Blog In questa epoca in cui tutto ha un nome pensiamo che qualche fenomeno sia nuovo quando di nuovo ha solo un nome legato alla cultura digitale. Vedi il ghosting, quando qualcuno fa perdere le sue tracce come se fosse un "fantasma". Il fenomeno, però, lo racconta già Giovanni Boccaccio nel 1344 nella sua "Elegia di Madonna Fiammetta", racconto che scruta i dolori di una donna ferita nell'amore
In questa epoca in cui tutto ha un nome, tranne ciò che è utile, siamo subissati da parole e definizioni sopratutto per quanto riguarda le mode di costume e i social, i problemi di salute fisica e psicologica e le svariate forme di violenza. Questo fa sì che, erroneamente, abbiamo la tendenza a credere che alcuni fenomeni siano nuovi, quando invece solo il loro nome lo è, ed è qualcosa di vecchissimo o insito nella natura umana.
Uno di questi fenomeni è il ghosting ovvero il non farsi più vivo improvvisamente con un partner o con gli amici, come se “si diventasse un fantasma”. Tale atto merita ancora uno studio approfondito e bisognerebbe usare molte cautele – a mio avviso – prima di definirlo una violenza dolosa, o piuttosto una reazione di difesa scaturita dalle più svariate motivazioni. Nulla toglie però che il ghosting faccia male a chi lo subisca, tuttavia non è un fenomeno legato alla vita digitale, ne è prova un’opera di uno dei più grandi scrittori italiani in assoluto, Giovanni Boccaccio, che scrivendo il romanzo Elegia di Madonna Fiammetta, ha descritto già nel 1344 un caso di – ebbene sì – ghosting.
L’opera di grande valore psicologico e di innovazione per l’epoca, fa di Fiammetta – una donna –, l’autrice, la protagonista e la voce narrante dei suoi dolori d’amore rivolgendo “il suo” libro alle donne. I dolori scaturiscono dal fatto che Panfilo, questo il nome dell’amato, con cui ha instaurato una relazione, parte promettendo di ritornare, invece non si fa più vivo. Quindi l’Elegia è tra i più illustri casi letterari che indaga il ghosting, scrutando i dolori di una donna ferita, abbandonata dopo vane promesse e scoprendo che i suoi sogni d’amore erano solo illusioni della sua mente infranti da un uomo che nel frattempo ha creato nuove relazioni mentre lei, Fiammetta, è ancora “bloccata” da quell’amore incompiuto, sospeso.
Eppure Fiammetta è una donna colta, decisa, risoluta, che sa cosa vuole, però la società maschilista non attribuisce colpe all’uomo, ma solo a lei che ha avuto la sventura di abbandonarsi all’amore (molte volte infatti lei afferma di essere senza colpe perché ha amato) con la persona sbagliata.
Sarebbe utile una rilettura delle opere di Boccaccio e non stupirebbe che la donna nelle sue opere è emancipata o abbia un ruolo centrale non di tipo ornamentale, come per esempio nel Decameron che è dedicato alle donne e nel quale se ne trovano di diversa indole, oppure nel De mulieribus claris (Sulle donne famose) che passa in rassegna donne che nel bene o nel male sono passate alla Storia.
È vero pure che nel Corbaccio tutto questo sembrerebbe smentito, ribaltato con connotazioni di forte misoginia, infatti questo breve testo è una lunga invettiva contro la donna degna della VI Satira di Giovenale (dal quale ad un centro punto prende spunto), ma è anche un atto di ribellione contro i canoni tradizionali della poesia, smitizzando l’idea dell’amore puro e la donna angelica che ne è assoluta protagonista. È chiaro che il discorso è ben più lungo e complesso, e va fatto nelle sedi opportune e non così superficialmente.
In conclusione, il politically correct di oggi è una pastoia che Boccaccio sicuramente non aveva, e come tutte le imposizioni forzate non permette di produrre opere memorabili se poi la vita smentisce sia chi lo applica alla lettera sia chi lo demonizza. L’arte e la cultura devono saper anche infrangere certe convenzioni che sembrano soltanto utili a spegnere il pensiero o tappare la bocca “perché sennò poi…”.
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