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A Natale la storia si gioca lontano dai libri di storia

Blog E' un Cristo adulto e amletico quello del Vangelo secondo Marco e né Giovanni, né Matteo ci parlano di mangiatoie e pastori. Fu Luca, il più letterato e immaginifico degli evangelisti, a inventare il Natale che conosciamo, dando uno sfondo efficace, tra emarginazione e prodigio, a quell’Evento che ha mutato la storia dei popoli

Qual è la figura sulla quale più si è scritto nella storia dell’umanità? Non c’è dubbio, è Gesù. Eppure di Lui continuiamo a sapere così poco, brancoliamo nel buio delle congetture e delle interpretazioni che ogni interprete, ogni comunità, ogni epoca, hanno ritagliato sulle proprie esigenze. E perfino il più antico dei vangeli, quello di Marco, è interamente attraversato dalla domanda sull’identità di Gesù. E tra gli altri è Lui stesso a porsela: quel Gesù amletico e scontroso di Marco che a me pare resti il più umanamente verosimile.

Il Gesù di Marco parla al singolo uomo, ignora le istituzioni e le autorità mondane e fugge dalla folla, e invita quel singolo a confrontarsi da solo, “in piedi”, a tu per tu con Dio fuori dal tempio. Il Gesù di Marco esita, s’interroga, annunzia un Verbo che non vuole si diffonda e opera miracoli di cui non vuole che si parli, va alle folle e poi si isola, tenta di sottrarsi e poi si sottomette e infine nuovamente sembra ribellarsi alla volontà del Padre. E come dimenticare lo sgomento con cui si chiude quel vangelo? Marco conclude (o meglio interrompe) la sua narrazione con una tomba vuota, una cieca vertigine, una penosa incertezza del futuro: la nostra.

Inizio della traduzione latina del Vangelo secondo Marco dall’evangeliario di Durrow (VII secolo), Trinity College, Dublino

Quel vangelo si apre nel segno del Battista, cui viene incontro un Gesù già adulto, senza passato e dall’incerta identità. Sarà invece l’evangelista Luca a descriverci la Natività, a dare il via alle infinite repliche dell’Evento nella storia dell’arte, nella devozione popolare, nell’immaginario collettivo. Luca inventa il Natale. E inventa un’icona, quella della mangiatoia circondata dal canto degli angeli e dalla devozione dei pastori. Marco e Giovanni non ne parlano, Matteo inizia ad annunciazione e concepimento avvenuti, e senza mangiatoia né pastori. E non è un caso che queste pagine di Luca abbiano avuto tanta fortuna, segnando l’immaginario delle civiltà attraverso i secoli: Luca dà a quell’Evento un volto di bambino, una cornice di sofferente intimità, una scorta di dettagli che dalla vertiginosa metafisica del canto degli angeli vanno alla precisa scansione storica imposta dal censimento imperiale.

Ma il censimento non si svolse in quell’anno, né si può stabilire se Gesù nacque in quel giorno e in quell’ora che celebriamo: spiegatelo a quegli incolti politici nostrani che starnazzano e si stracciano le vesti perché quest’anno non si brinderà a mezzanotte. Quello che importava a Luca, il più letterato e immaginifico degli evangelisti, era di dare uno sfondo efficace, tra gelo, stenti e tenebre squarciate dalla luce, tra emarginazione e prodigio, a quell’Evento che ha mutato la storia dei popoli. Era di dire che la storia, e i destini dell’umanità, si giocano ai margini, lontano dai decreti e dalle leggi, lontano dai luoghi da dove quegli ordini partono e nel cuore dei luoghi dove arrivano e marchiano a sangue: non nel teatrino dove recitano i potenti ma dietro le quinte, dove soffrono non visti i reietti, i dannati della terra.

Lorenzo Lotto, Natività, 1523, Washington, National Gallery of Art

La storia si gioca lontano dai libri di storia, lontano dagli eventi delle cronologie ufficiali che abbiamo imparato a scuola, lontano dall’apparenza e dalla ribalta: lontano dagli schermi televisivi, lontano dalle cronache del regime, in quel punto lontanissimo in cui un’unica volta la misericordia di Dio ha incrociato le vicende degli uomini, che è quello dell’incarnazione, dopo il quale Dio si è nuovamente allontanato e a noi non resta che l’attesa ai piedi della Croce, ma con la speranza della resurrezione, e del trionfo della giustizia divina.

E quel punto in cui Dio ha attraversato la storia degli uomini è il cuore di tenebra della miseria e dell’esclusione, della sofferenza e della schiavitù, che irradiato dalla luce abbagliante di quell’Evento si trasfigura, si fa luogo privilegiato e motore segreto della storia. Cristo è Dio che entra dentro la storia, dentro la realtà umana, dentro la carne dilaniata e il sangue versato dei reietti, di quel popolo di straccioni e di emarginati cui Egli si accompagnerà, dentro il peccato che è il cuore segreto della condizione umana, che ci fa invocare la Grazia con un sincero strazio che è ignoto alla coscienza immacolata dei farisei: quel peccato che è il cuore segreto della storia perché la storia è sopraffazione e sfruttamento, è subordinazione e violenza.

Buon Natale, amici miei; che la Stella d’Oriente illumini questa anche nostra interminabile notte.

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