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Vincenzo Vizzini: «Far parte del collettivo Valery Esperian vuol dire parlare una lingua comune»

Libri e Fumetti Da Ragusa a Milano, Vincenzo Vizzini, vice direttore della rivista letteraria Writers Magazine Italia organizzatrice dell'omonimo premio, è tra le firme del collettivo di scrittori noto come Valery Esperian che ha dato vita alla fortuna serie "Il romanzo dei faraoni" (Fanucci): «Basilare è stato provenire dalla stessa scuderia, creata da Franco Forte»

Tutto comincia nel 2004 con una settimana di full immersion nella tranquillità d’un agriturismo adagiato nella campagna di Gradara (amena località in provincia di Pesaro e Urbino), dove si immerge in un workshop di scrittura creativa tenuto dallo scrittore Franco Forte, nome di spicco del panorama letterario, oggi anche editor Mondadori, ideatore di una casa editrice totalmente digitale, traduttore e instancabile promotore culturale. Da allora Vincenzo Vizzini, nato a Noto e residente a Marina di Ragusa, oggi “giovane” sessantunenne, di strada ne ha fatta davvero tanta.

Lo scrittore Vincenzo Vizzini

Lasciando finalmente libera una scrivania alla Regione Siciliana, prima che la legge Fornero imbrigliasse l’uscita dal pubblico impiego e complicasse la vita a milioni di italiani, Vizzini s’è votato anima e corpo alla sua divorante passione: la scrittura. Nella sua carriera letteraria è diventato a sua volta docente di scrittura creativa con il corso Lettera 32 e tiene lezioni in tutta Italia. Dal 2015 è vicedirettore della Writers Magazine Italia, autorevole rivista letteraria che anno dopo anno organizza l’omonimo Premio WMI che dà visibilità ad autori e autrici di qualità, premiando i migliori racconti (i vincitori delle ultime edizioni sono made in Sicily: Giorgio Lupo di Termini Imerese con A mala corda e Alessandro Miceli di Ragusa con Punti di vista).

Vizzini, che ha anche tenuto all’Università per stranieri di Siena la lezione magistrale  Come NON scrivere un racconto. Gli errori degli esordienti, è inoltre curatore di Delos Crime, la collana della Delos Digital dove vengono pubblicati gialli e thriller dei migliori autori italiani. La selezione è durissima, ma una sola la regola aurea che vale per tutti: si pubblicano soltanto storie valide, capaci di appassionare i lettori.

Gli impegni di Vizzini però non finiscono qua, e infatti collabora come editor e valutatore per diverse case editrici e, ovviamente, scrive. Ha pubblicato racconti di vario genere tra cui Slide e La vedova Licitra, entrambi sui Gialli Mondadori, Superstiti nella raccolta Il magazzino dei Mondi 2 e, per le serie 365 racconti per un anno, di Delos Books.

Vincenzo Vizzini è soprattutto uno dei nomi del collettivo Valery Esperian che raccoglie diversi scrittori e scrittrici e ha dato vita alla serie Il romanzo dei faraoni, forse il più ardito progetto di scrittura collettiva degli ultimi anni, che ha prodotto ben sei romanzi: Cheope. L’immortale; Akhenaton. L’eretico; Tutankhamon. Il fanciullo; Ramses. Il figlio del sole; Cleopatra. La divina. E l’ultimo: Il re Scorpione. Il fondatore dell’Egitto.

La serie Il romanzo dei faraoni

La serie è pubblicata da Fanucci ed è già in corso di traduzione in altri Paesi. Vincenzo Vizzini è coautore, insieme a Luigi Brasili (autore di Tivoli ben noto negli ambienti letterari), del primo e dell’ultimo volume della serie. «Questo collettivo vede coinvolti molti autori della scuderia di Franco Forte con cui avevo fatto il mio primo corso di scrittura creativa nel 2004 – spiega Vizzini -. Un’intera settimana staccati dal mondo esterno e a stretto contatto con lui che ti apriva il cervello e ti infondeva il suo sapere, proiettandoti in una prospettiva completamente nuova. Ci si alzava la mattina e ci si metteva a lavorare.  Dopo un ottimo pranzo, il pomeriggio di nuovo al lavoro con Franco ed Emanuele Terzuoli. Dopo la cena, teoricamente, saremmo dovuti andare tutti a nanna perché la mattina ci si alzava presto. In realtà si facevano le ore piccole, fino alle tre, sia perché c’erano gli esercizi da completare, sia perché ci si ritrovava a parlare in piena amicizia. Eravamo un bel gruppo di ventidue allievi entusiasti».

Come mai nel 2004 decise di iscriversi a una scuola di scrittura creativa?
«Perché sono sempre stato appassionato di lettura, ma quando cominciai a sperimentare il piacere di scrivere, mi resi conto che abbisognavo di appropriarmi dei ferri del mestiere. Cominciai, quindi, a cercare in rete e mi imbattei nella rivista di cui oggi sono vicedirettore, la Writers Magazine Italia, che allora era agli inizi. Mi piacquero l’impaginazione e i contenuti, tant’è che mi abbonai. Scoprii così che Franco Forte organizzava dei corsi di scrittura creativa e decisi di iscrivermi per migliorarmi. Quando si scrive non lo si fa solo per se stessi, ma principalmente per gli altri, perché si ha dentro qualcosa da dire, qualcosa che si vuole tirare fuori e comunicare, ma bisogna imparare a farlo nel migliore dei modi se si vuole portare qualcuno nel proprio mondo. Morale della favola, mi iscrivo a quel corso e comincia fin da subito la mia collaborazione con Franco Forte, perché un mio racconto piacque e venne pubblicato sulla rivista. Gioia immensa, ovviamente. Essere stato valutato e apprezzato da professionisti, mi diede ulteriori input per continuare il mio impegno letterario».

Il gruppo di Gradara nel 2004

C’erano altri allievi siciliani in quel gruppo?
«
No, soltanto io. Per altro ero arrivato in auto da Ragusa. Ero già pelato e mi sono presentato buon ultimo, tant’è che mi hanno accolto con un saluto che era tutto un dire: Il commissario Montalbano è arrivato. Dopo quel primo corso ne feci un altro di approfondimento, anch’esso di una settimana, sempre con Franco Forte ed Emanuele Terzuoli. Poi Emanuele dovette lasciare l’incarico alla rivista perché oberato da altri impegni e Franco Forte mi propose la carica di caporedattore. Accettai di buon grado. E così, quando lui organizzava vari corsi in Italia, mi chiamava a fargli da spalla. Da un lato, quindi, cominciavo a dare del mio, ma dall’altro sono cresciuto tantissimo accanto a una personalità di spicco come Franco Forte che dà sempre il massimo a tutti, ma bisogna anche saperselo guadagnare. Mi ha introdotto negli ambienti editoriali, procurandomi lavori come ghostwriter ed editor esterno in Mondatori. Ho avviato dei corsi miei di scrittura creativa a Ragusa, condensandoli per questioni di tempo, e oggi abbiamo una piccola grande squadra di autori ragusani che va crescendo».

Cosa significa lavorare nel collettivo Valery Esperian che conta tanti autori?
«
Significa fare lavoro di squadra, e seppure all’inizio è stato complicato, ci eravamo dati un coordinamento generale per cui tra un romanzo e l’altro non si notano differenze significative. Basilare è stato infatti provenire dalla stessa scuderia, per cui parliamo una lingua comune e al di là di qualche smussatura, la scrittura segue un codice univoco. Certo nel collettivo poi ognuno porta il proprio contributo personale».

Questo come linea generale, ma nello specifico com’è stato lavorare con Luigi Brasili, autore di lungo corso e caratterialmente ben definito?
«Io mi sono occupato di più dell’approfondimento storico, insieme abbiamo stabilito la scaletta dei romanzi e infine abbiamo collaborato scrivendo ognuno una scena del libro, vale a dire una determinata situazione che magari andava avanti anche per più di un capitolo.  Poi ognuno passava il suo elaborato all’altro che lo rivedeva, dava dei suggerimenti, aggiungeva o toglieva, si tirava una linea e si chiudeva quella parte per passare alla prossima».

Lo scrittore Luigi Brasili del collettivo Valery Esperian

Detta così sembra tutto rose e fiori, ma in realtà quante volte ve le siete cantate?
«
Non è stato tutto rose e fiori, ci sono stati momenti in cui lo scontro è stato anche forte, ma come ci ha insegnato Franco Forte, non siamo dei pivelli ma dei professionisti e come tali dobbiamo comportarci. E un professionista, per quanto in disaccordo possa essere col partner di scrittura, deve trovare il modo di andare avanti, perché il lavoro lo deve finire. Un bravo scrittore deve imparare ad ammettere i propri limiti, a tenere conto dei suggerimenti altrui, tenendo a bada la suscettibilità e mai dimenticare di fare un bagno d’umiltà. Non bisogna restare rigidi sulle proprie posizioni. Bisogna imparare a crescere insieme se si vogliono appassionare i lettori, quindi se Luigi aveva un’idea migliore della mia, ben venga la sua proposta. È chiaro però che ognuno difendeva la propria posizione, anche con scontri molto duri, ma alla fine la professionalità ci portava a trovare il giusto punto di incontro. Da professionisti e da amici, come siamo».

L’illustrazione di copertina de “Il re scorpione” di Maurizio Manzieri è stata selezionata tra le opere vincitrici nell’annuario americano Infected By Art

Avevate già un editore quando avete inziato a scrivere?
«No, il collettivo aveva dei progetti che abbiamo presentato a degli editori. Fanucci ha approvato quello sul romanzo dei faraoni, ma come tutti gli editori ha le sue tempistiche e ha quindi dettato i tempi. Per cui in pochissimo tempo abbiamo dovuto tirare giù le trame dei singoli romanzi e trovare un filo conduttore che legasse i vari personaggi nello scorrere dei secoli. Una scommessa vinta. La serie è già stata acquistata nella Repubblica Ceca dove già i primi volumi sono stati tradotti e pubblicati. Fanucci per un anno e mezzo ha continuato a ristampare in hard book e non nella veste economica, tant’è che poi è stato pubblicato anche il nostro ultimo volume: Il re scorpione. Il fondatore dell’Egitto».

Cos’ha attualmente in cantiere?
«Sto lavorando attorno al personaggio di Vincenzo Ibla, protagonista del racconto Mondadori La vedova Licitra, ambientato nella Ragusa degli anni Venti. E sto portando avanti tutta una serie di progetti ma preferisco non anticipare nulla per scaramanzia».

Come trova il tempo di fare tutto?
«
Sono in pensione da un po’ perché ho cominciato a lavorare prestissimo, a sedici anni, e anche se non sembra mi avvio a compierne 62. Ma non contento di tutto quello faccio, mi sono pure iscritto all’Università per stranieri di Siena e sto studiando Mediazioni linguistica e interculturale».

Parliamo della rivista Writers Magazine Italia di cui è stato prima caporedattore e da cinque vice direttore.
«Si tratta di una rivista letteraria trimestrale, che dà spazio a molti validi autori che magari non trovano spazi adeguati su giornali o con gli editori tradizionali. Non pubblichiamo tout court, ma soltanto quei racconti che superano un accurato vaglio redazionale. Ma è soprattutto una rivista tecnica perché ci sono molti articoli su come si scrive, come si fa una descrizione, come si struttura un dialogo».

Cosa significa per un autore/autrice vincere il Premio Writers Magazine Italia?
«
Conquistare un ottimo traguardo. Oltre a pubblicare il racconto vincitore, noi mettiamo la foto dei vincitori in copertina, non soltanto per un fatto estetico, ma soprattutto perché copie della rivista vengono inviate agli agenti letterari. Il che si traduce in un’ottima vetrina per chi si vuole fare avanti.”

La copertina di WMI con la foto del termitano Giorgio Lupo, vincitore del 43°concorso letterario, che trionfò col racconto “A mala corda”

Nelle due ultime edizioni il Premio WMI è rimasto in Sicilia.  Una bella soddisfazione. Che vuol dire questo?
«
Significa che la scuola siciliana sta crescendo. Vuol che quello che per alcuni autori siciliani era il timore di farsi avanti, sta svanendo. La scuola siciliana, insieme a quella napoletana, è stata sempre molto attrezzata. Per altro gli autori che hanno vinto lo hanno fatto con pieno merito, con storie originali e ben scritte. Punti di vista di Alessandro Miceli, è un racconto aperto, molto attuale. A mala corda di Giorgio Lupo, è uno scorcio storico siciliano che porta alla luce tematiche dimenticate se non nascoste».

Alessandro Miceli, dai racconti al romanzo: «Il premio WMI mi dà forza per continuare a imparare»

Alberto Odone ha vinto il Premio Tedeschi 2018 con “La meccanica del delitto” pubblicato sul Giallo Mondadori (luglio 2018)

Lei è anche curatore di Delos Crime. Come funziona? Chiunque può pubblicare in questa collana?
«Diciamo che chiunque può mandarci i suoi lavori, non bisogna per forza essere abbonati alla nostra rivista. Tali lavori, qualora ritenuti meritevoli di pubblicazione, saranno regolarmente contrattualizzati e sottoposti a royalties. L’autore è quindi tutelato e rimane titolare dei diritti cartacei, non è vincolato con Delos. Noi però siamo molto selettivi, e pubblichiamo soltanto racconti lunghi e romanzi brevi di qualità. Ma non disdegniamo neppure i romanzi che superano le 300.000 battute. Ovviamente non pubblichiamo soltanto esordienti, basti dire che abbiamo in catalogo molti autori vincitori del Premio Tedeschi».

I lettori digitali sono in crescita?
«
Sicuramente, i lettori sono in crescita, ma soprattutto noi restiamo vicini all’autore. E se l’autore è ad un buon livello, noi lo facciamo crescere ulteriormente apportando quei correttivi in fase di editing che sfrondano le opere e le rendono di più immediata lettura».

Vincenzo Vizzini nel suo studio

Che consiglio si sente di dare a chi si vuole mettere alla prova come scrittore/scrittrice?
«Se chi vuole scrivere decide di seguire un corso di scrittura, consiglio di valutare bene il curriculum dei docenti.
Se è gente che si è auto pubblicata, meglio lasciar perdere e risparmiare i propri soldini. Inoltre bisogna leggere tanto, ma proprio tanto. E, infine, non perdere mai l’umiltà, condizione che fa la differenza. Se un editor professionista muove degli appunti, non lo fa per sminuire il lavoro che gli viene proposto, ma soltanto per migliorarlo, con buona pace della suscettibilità dell’autore e della propria autoreferenzialità».

In conclusione, cosa vuole dire alla sua Sicilia che vanta tanti bravi autori?
«Ho sempre spinto affinché la Sicilia crescesse. Da qui i miei corsi di scrittura nell’isola, proposti con la traccia che dava Franco Forte, ovvero non quella di chi infonde conoscenza nozionistica, ma quella del maestro che aiuta a tirar fuori il meglio di sé, come ci insegna la maieutica. Sono un siciliano che crede nella Sicilia e voglio che la mia Sicilia si faccia avanti, ma per farlo deve avere i mezzi.  E questi mezzi sono: innanzitutto studiare, ma anche trovare gli agganci giusti con chi di dovere, e nel mondo dell’editoria tali agganci stanno a Milano, c’è poco da fare. Lì sta il mondo vero dell’editoria. Ecco perché diventa fondamentale sapere bene con chi ci si confronta».

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