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Porta Ferdinandea, l’anima in bianco e nero di Catania

Beni culturali E' uno dei simboli della città dell'Elefante: la porta Garibaldi, eretta nel 1768 per commemorare le nozze di re Ferdinando III° di Borbone con Maria Carolina d’Asburgo Lorena, cuore dell'antico quartiere del Fortino, rappresenta una spettacolare testimonianza del fervente barocco della città con la sua elegante bicromia che alterna il bianco della pietra di Lentini ed il nero della pietra lavica che rendono unico questo arco trionfale

E’ uno dei monumenti più caratteristici ed importanti di Catania collocata fra le piazze Palestro e Crocifisso alla fine di via Garibaldi: la Porta Ferdinandea poi ribattezzata porta Garibaldi. Venne eretta nel 1768, su progetto di Stefano Ittar e Francesco Battaglia, per commemorare le nozze di re Ferdinando III° di Borbone con Maria Carolina d’Asburgo Lorena. La porta è un arco trionfale dedicato ai reali sposi. Inaugurata come porta Ferdinandea dal nome del re Borbone, venne subito dopo dai catanesi “battezzata” come “a potta u Futtinu” per un antico fortino poco distante edificato dal principe di Ligne, Claudio Lemoraldo, per riparare e fortificare  le difese murarie cinquecentesche che la disastrosa eruzione del 1669 aveva distrutto. Di quella costruzione  rimane oggi solo la porta di via Sacchero comunemente chiamata “u Futtino vecchio”.

Porta Ferdinandea, foto di Giovanni Musumeci

La porta Ferdinandea rappresenta una spettacolare testimonianza del fervente barocco catanese con la sua elegante bicromia che alterna il bianco della pietra di Lentini ed il nero della pietra lavica che rendono unico questo arco trionfale. Il progetto, in origine, presentava a lati della porta due torrioni semiconici che vennero poi eliminati e di cui si è persa la memoria, ora visibili solamente in antiche e sbiadite stampe d’epoca. La basse costruzioni delle due piazze antistanti riprendevano sulle facciate la dicromia,di cui ancora oggi esiste la testimonianza, della Porta. Quest’ultima, ad un attento osservatore, presenta diversi simboli legati alla città: Sant’Agata, l’elefante, l’araba fenice, solo per citarne alcuni. La “santuzza” è presente anche in una edicola addossata sul lato di piazza Palestro ed è fatta oggetto di venerazione dalle giovani spose che vi depongono il loro bouquet di fiori. Per la festa di Sant’Agata, la sera del 4 febbraio quando il sacro fercolo sosta sotto la porta, uno degli appuntamenti clou è il pirotecnico “focu ddu futtinu”!

Il Fortino nel 1700

L’elefantino sopra l’architrave della porta venne così descritto, nel 1841, da Francesco Paternò Castello, principe di Biscari: “Sopra l’architrave ai fianchi due geni alati imboccano la tromba e nel centro l’elefante di lava retto da Minerva sostiene addosso uno scudo coi mezzi busti in marmo a basso rilievo di Ferdinando I° , allora III°, e di Maria Carolina d’Austria, intorno al quale aleggia un’aquila che tiene nel rostro corona d’alloro”. L’Araba Fenice, simbolo di ricostruzione, al centro del medaglione porta alla base un motto: De cinere melior surgo (rinasco migliore dalle ceneri), come a voler suggellare il carattere e lo spirito indomito dei catanesi pronti a rialzarsi dalle calamità per ricostruire una Catania sempre più bella.

Porta Ferdinandea, foto di Giovanni Musumeci

Nel 1860, con la rivolta garibaldina che spazzò via il regno Borbonico, la porta venne dedicata a Garibaldi come la strada Ferdinandea che porta in piazza Duomo. Il medaglione con le effigi reali venne sostituito con un orologio. Negli anni ’30 del Novecento, visto il crescente flusso veicolare attraverso la porta, vennero eliminate la case adiacenti per snellire il traffico. Durante la II° guerra mondiale alcuni giovani e maldestri ladri rubarono l’orologio e tutti gli ingranaggi. I ladri vennero presi ma alcune parti meccaniche erano andate perse. Nel 1946 il Comune di Catania ripristinò l’orologio che venne affidato a Orazio Otero, un uomo mite ed onesto, che in cambio della giornaliera manutenzione andò ad abitare con la famiglia nei modesti locali della Porta. La dedizione del signor Otero riscosse la crescente stima della popolazione per il suo l’impegno. Un giorno un vigile osservò davanti l’abitazione delle bombole che un amico gli aveva lasciato in momentanea custodia. Nella  relazione fatta dal vigile, il povero Otero venne incolpato di  vendita clandestina. Pur con i  chiarimenti e le discolpe dei protagonisti, il Comune non volle sentire ragioni e lo costrinse a lasciare casa e manutenzione dell’orologio. La mattina del 10 luglio 1954, giorno del trasloco, Orazio Otero venne trovato morto a letto: aveva 33 anni. Il medico scrisse come causa di morte: forte dispiacere! La burocrazia aveva ucciso un povero ed onesto uomo. Vi fu una forte protesta popolare, il Comune corse ai ripari affidando la manutenzione dell’orologio e la casa alla vedova a tempo indeterminato.

Porta Ferdinandea, foto di Giovanni Musumeci

Per secoli la porta d’ingresso da ovest è stato l’arco del Fortino che rappresentava il confine della città con l’aperta campagna. Attraverso la porta passavano contadini, artigiani, diligenze, cavalli, carretti con mercanzie. I cortei funebri anticamente venivano sciolti sotto la porta del Fortino data la sua vicinanza con il cimitero. La tradizione popolare ha tramandato così questa usanza: “passannu sutta l’arcu d’u futtinu/ ti trovi di Palestru ‘nta lu chianu/ e senza fari chiù tanti vaneddi/ arrivi drittu drittu ‘e tri canceddi”.

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