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La sfida di De Fusco per rendere Stabile l’instabile Teatro di Catania: «Ripartiamo da noi»

Teatro e opera Riportare la gente a teatro è il primo obiettivo della nuova governance dello Stabile di Catania che ha presentato “Cambio di stagione”, cartellone 2022-23 forte di 14 titoli che riporta al Verga i grandi drammaturghi siciliani e tanti attori catanesi. Numerose le coproduzioni per tenere a bada i costi. Tra le novità la riapertura della Scuola d'arte drammatica. Annunciata per settembre la serata di premiazione de “Le maschere del teatro italiano”. Il neo direttore artistico: «Dateci fiducia»

«Tra tutte le arti il teatro è l’unico a poter esistere solo in presenza di pubblico. Quindi vi invito a tornare a teatro, se ci sono state delle incomprensioni dobbiamo sanarle. Dateci fiducia, dateci un’opportunità, ne vale della vita di questo storico teatro».
E’ un appello accorato, una mano tesa al pubblico, negli ultimi anni sempre più disamorato, quella con cui Luca De Fusco, nuovo direttore artistico del Teatro Stabile di Catania, ha concluso la presentazione della Stagione 2022/2023, in calendario dal 4 novembre al 18 giugno 2023, intitolata “Cambio di stagione. Ricrescono le nostre radici”.

Catania anche questa volta ha fatto la sua parte, accogliendo con entusiasmo la proposta artistica del nuovo direttore che, forse per le sue origini partenopee, oltre che per la lunga esperienza nel settore, sembra già godere della simpatia di una città che ripone in lui molte aspettative e non vuole essere delusa.
E la proposta di De Fusco, navigato uomo di teatro, sembra essere nelle corde della città: quattordici titoli (più due in opzione) che riportano al Teatro Verga i grandi drammaturghi siciliani (da Verga a Pirandello, da Sciascia a Martoglio e Camilleri), un paio di nuove drammaturgie (Claudio Fava e il premio Nobel Mario Vargas Llosa), alcuni dei più grandi attori nazionali (Eros Pagni, Gabriele Lavia, Pamela Villoresi e Giuseppe Pambieri, solo per citarne alcuni) ma, soprattutto, riporta sul palco dello Stabile etneo una schiera di attori catanesi, su tutti Tuccio Musumeci (88 anni compiuti da poco), che ritorna a calcare le tavole dello Stabile dopo oltre un decennio.
«Tanti voi oggi qui, e tanti i nostri sforzi – ha detto De Fusco – per essere i primi in Italia a presentare la nuova stagione, che sia di rinascita per tutto il settore e in particolare per il Teatro Stabile di Catania, dove mi sono subito sentito a casa. “Cambio di stagione” significa tornare alla struttura storica di questo teatro, significa ripartire da noi stessi».

COPRODURRE, LA SPENDING REVIEW DEL TEATRO STABILE

Presenti sul palco Silvana Cardì, in rappresentanza della Città Metropolitana e Paolo Di Caro, responsabile della direzione cultura del Comune di Catania, è toccato a Paolo Zimbone, vice presidente del Consiglio di amministrazione, fare gli onori di casa e a sostituire la presidente Rita Gari Cinquegrana, assente per motivi di salute: «L’obiettivo del nuovo Consiglio di Amministrazione è ridare al Teatro Stabile di Catania la sua originaria identità: un teatro di respiro nazionale ed internazionale che deve dare spazio anche agli artisti del territorio. Da qualche anno il numero degli abbonati a teatro è sceso vertiginosamente, oggi se ne contano poco meno di un migliaio, ma c’è stato un tempo in cui gli abbonati erano 14mila ed era persino difficile riuscire a trovare posto. Il Cda ha scelto il direttore De Fusco contando molto sulla sua esperienza e sul suo operato per risollevare le sorti del nostro teatro. Lo ringraziamo inoltre per aver ridotto il suo compenso, perché la situazione del teatro è tutt’altro che rassicurante».

Da sinistra Cardì, Di Caro, Zimbone, Messina e De Fusco, foto Parrinello

Secondo De Fusco la situazione economica del Teatro è «al limite perché sotto-finanziato», ma la soluzione c’è e si chiama “coproduzioni”: «Le alleanze rendono tutti più forti sempre, ancora di più in un momento di fragilità come quello che sta attraversando lo Stabile di Catania». La Stagione 2022/2023 si contraddistingue quindi per le numerose coproduzioni che siglano nuove (e vecchie) alleanze: con Il Teatro della Città (che coproduce “La Lupa” con Donatella Finocchiaro e “L’altalena” con Tuccio Musumeci), Scenario Pubblico (“Kristo. Quadri di dubbia saggezza” con Salvatore Romania), il Teatro Biondo di Palermo (“Così è se vi pare” con Eros Pagni, “Centoventisei” con David Coco), il Teatro Sannazaro (“Come tu mi vuoi” con Lucia Lavia, Alessandra Costanzo e Bruno Torrisi, oltre a “Così è se vi pare”), il Teatro di Genova (“I racconti della peste” con Angelo Tosto), il Teatro della Toscana, quello del Friuli Venezia Giulia, ed altri.

Claudio Fava, in veste di autore, tra l’assessore Messina e il direttore De Fusco



VECCHI E NUOVI DEBITI

«Sono sicuro che tutti i miei predecessori hanno agito con l’intento di rafforzare questo teatro – ha ribadito il direttore De Fusco – ma non tutte le ciambelle purtroppo riescono col buco. Sappiamo tutti che il Comune di Catania è in dissesto finanziario e il contributo regionale riesce a malapena a coprire il mutuo».
E’ stato nel corso di uno scambio di vedute tra Tuccio Musumeci e Manlio Messina, sul ruolo della politica nelle sorti del Teatro Stabile, che l’assessore regionale del Turismo e dello Spettacolo ha fatto cenno a un «buco di 500.000 euro del teatro», alla nostra richiesta di chiarimenti, prima il notaio Zimbone e poi il direttore De Fusco hanno fatto riferimento a «un deficit del 2021». Un deficit maturato nel post pandemia? Difficile a credersi a fronte della pioggia di contributi arrivati al teatro e alle attività ridotte al minimo.
E’ stata la presidente Rita Gari Cinquegrana a contattarci per fare chiarezza: «Anzitutto una premessa. Il settore dello spettacolo dal vivo è caratterizzato da un fenomeno, il cosiddetto “morbo di Baumol”, che prende il nome dall’economista che per primo ne ha descritto i caratteri. Semplificando, Baumol ci spiega che ci sono settori, come quello delle arti performanti, dove non si possono utilizzare le nuove tecnologie, come si fa in altri settori, per abbassare i costi di produzione, i settori cosiddetti a “tecnologia stagnante”. Così – continua Gari Cinquegrana – i costi della messa in scena di un dramma shakespeariano o di un’opera di Puccini, cresceranno molto più in fretta del tasso di inflazione perché non potranno avvalersi della compensazione che nasce dall’utilizzo dello sviluppo tecnologico. Dunque i costi di uno spettacolo prodotto oggi sarà infinitamente maggiore dello stesso spettacolo prodotto cento anni fa. Ne consegue che la vendita dei biglietti non potrà mai coprire i costi di produzione di uno spettacolo dal vivo, soltanto il finanziamento pubblico può farlo. È lo Stato, se vuole mantenere o addirittura far crescere il livello culturale di un Paese, a dovere sostenere il Settore».

Rita Gari Cinquegrana, presidente del Cda dello Stabile

Tra il pubblico anche il regista Giuseppe Dipasquale che porterà in scena “La concessione del telefono” di Andrea Camilleri

«Nei dati forniti oggi c’è stato un fraintendimento – puntualizza la presidente -. Nei mesi scorsi abbiamo comunicato pubblicamente ai Sindacati e ai nostri Soci (Comune, Regione, Città metropolitana, Ente Teatro di Sicilia) che i contributi fin qui erogati non sono sufficienti per coprire le spese di gestione, e per fermare lo stillicidio delle perdite d’esercizio bisognerà dunque aumentare il finanziamento di almeno 500 mila euro.
I vecchi debiti (12 milioni di euro contratti sotto la direzione Dipasquale, nda) sono stati, diciamo disciplinati, ma non estinti purtroppo, nel senso che l’Ente ogni mese paga i creditori, secondo un piano autorizzato dal Tribunale di Catania, e ogni sei mesi paga un mutuo. E questo continuerà per molti anni a pesare fortemente sulla gestione del nostro Teatro. Quindi – conclude – se il contributo non è sufficiente e se le spese di gestione non sono comprimibili ne deriva una puntuale, e direi fisiologica, perdita di esercizio annuale, cosa che si è verificata, in misura differente, negli ultimi anni, a prescindere dalla pandemia.
Forse durante la pandemia si sarebbe potuta fare una qualche economia ma, a parte che sono state decisioni prese da un’altra governance su cui non saprei cosa rispondere, immagino che possa esserci stata la necessità di dover produrre per far sì che il Teatro non diventasse soltanto uno stipendificio. Per quanto riguarda il contributo del Comune, una piccola diminuzione di circa 35 mila euro è stata fatta nel 2018, e il ringraziamento che voglio esprimere riguarda proprio il fatto che pur in default, l’attuale Amministrazione abbia continuato ad assicurare il finanziamento».


La Regione Siciliana non s’è certo fatta attendere annunciando che, oltre ai soliti contributi previsti dal Fondo unico regionale per lo spettacolo (Furs), quest’anno destinerà al Teatro Stabile di Catania un contributo extra di 700.000 euro «Una posta di bilancio – ha specificato l’assessore Messina – che deve ancora essere approvata».
Una manna dal cielo per lo Stabile etneo che certamente merita di continuare a vivere, così come meritano di vivere i tanti, tantissimi teatri, che ogni giorno lottano per riaprire il sipario. Ecco, noi ci auguriamo che questo contributo extra possa essere d’aiuto, se non determinante, per le sorti del glorioso Stabile «ammalato» – per dirla con le parole di De Fusco – ma che al contempo non siano somme regionali in qualche modo “sottratte”, o di cui dovranno fare a meno, tante altre realtà private di cui il pubblico non può e non deve fare a meno.

LA SFERZATA DEL NEO DIRETTORE: «ANCHE I SOCI HANNO AVUTO LE LORO COLPE»

Direttore De Fusco, già dal suo insediamento ha parlato di coproduzioni, un obiettivo che constatiamo ha portato a termine. Tra gli enti da lei citati c’era anche la Fondazione Inda, esiste oggi un dialogo con l’ente siracusano?
«Le alleanze sono sempre necessarie e non escludo in futuro delle collaborazioni con l’Inda, più attraverso le scuole che non attraverso le produzioni, perché sono due spazi teatrali che hanno dimensioni architettoniche e poetiche differenti».

Lei è stato il primo a stringere la cinghia ridimensionando il suo compenso ed ha chiesto agli attori ingaggiati di ridurre i loro cachet. Ci risulta però che allo Stabile le paghe fossero già esigue…
«E’ chiaro che il sacrificio non lo chiedo agli attori che hanno paghe minime ma a quanti hanno cachet più alti. Gli attori a paga minima o comunque contenuta non saranno minimamente toccati, ci mancherebbe altro».

Il suo primo atto è stato indire dei provini per conoscere gli attori di questa città, che idea si è fatto?
«Le assicuro che è stata una gran fatica, con Lucia Roccola, la mia assistente, non ne possiamo più – dice ridendo -. Su 300 persone il numero di prestazioni attoriali non interessanti è stato molto alto, non poteva essere diversamente, ma ci sono anche delle punte di eccellenza. In particolare mi ha colpito il desiderio di recitare che c’è da parte di tutti, segno di un grande amore per il teatro».

Luca De Fusco, direttore artistico del Teatro Stabile di Catania

Lei ha fatto un’operazione strategica per accattivarsi le simpatie di questa città riportando a teatro gli autori e gli attori siciliani. In futuro pensa ci possa essere spazio anche per la nuova drammaturgia?
«Due novità drammaturgiche ci sono già, comunque quando il pubblico tornerà a riabbracciarci potremo fare proposte più azzardate. Intanto dobbiamo tornare a vedere questa sala piena, poi potremo fare sperimentazione».

Le ultime due direzioni artistiche, per motivi differenti, hanno lasciato segni profondi in questo teatro che da Stabile è diventato “instabile”. Qual è la sua formula per rimettere le cose a loro posto?
«Puntare sull’identità. E’ del tutto normale che la Comédie-Française faccia anzitutto Molière e che lo Stabile del Veneto punti su Goldoni, per lo stesso motivo è normale che noi facciamo la letteratura siciliana. Ogni Teatro Stabile ha una sua particolare mission. Detto questo, credo che quando si scriverà la storia di questo teatro e della sua situazione finanziaria si capirà che le responsabilità di Giuseppe Dipasquale sono minori rispetto a quelle dei soci. Di chi diceva che avrebbe dato un contributo all’inizio dell’anno, e poi due mesi prima della conclusione della stagione ne annunciavano uno diverso, minore… a quel punto, con i soldi già spesi, il direttore artistico avrebbe potuto fare solo un miracolo! Hanno fatto così per più anni, quindi il teatro è stato messo in ginocchio dai soci, dai suoi stessi proprietari. Comunque, come ho già detto, chiunque abbia avuto questo “giocattolo” tra le mani ha cercato di farlo continuare a vivere. Purtroppo il giocattolo s’è rotto, e ora l’importante è tornare a giocare».

LAST BUT NOT LEAST…

Il direttore Luca De Fusco si è già guadagnato la sua prima medaglia al petto. Oltre ad aver fatto più di 300 provini per incontrare e conoscere gli attori della città, nel corso della conferenza stampa ha annunciando, senza troppi fronzoli, tutta una serie di importanti novità. Anzitutto la riapertura della gloriosa Scuola d’arte drammatica “Umberto Spadaro” – «Ma spingerò affinché ci siano pochi iscritti, una trentina al massimo, da formare a dovere» -; il rifacimento dell’impianto di climatizzazione e la sostituzione delle poltrone – «Non so come abbiano resistito questi 1000 abbonati in un teatro in cui anche le sedie sono inospitali» -; il ritorno del “diritto di prelazione” per gli abbonati (che farà riferimento alla stagione precedente e non a quella appena conclusa); infine la Sala Futura sarà riservata ai più giovani, il nuovo cartellone sarà presentato a settembre. Last but not least, anzi: mercoledì 7 settembre il teatro greco-romano di Catania ospiterà la cerimonia di premiazione de “Le maschere del Teatro italiano”, il più importante premio di settore che porterà nella città ai piedi dell’Etna il gotha del teatro nazionale. Un evento eccezionale per la città, che dovrebbe realizzarsi utilizzando una parte di quel contributo extra atteso dalla Regione, ma che l’assessore Messina ha garantito «si farà comunque».

Da sinistra Raffaele Marcoccio, Tuccio Musumeci, Orazio Torrisi e Miko Magistro

TUTTO CAMBIA PERCHE’ NULLA CAMBI?

E’ questo il vero, grande timore dei catanesi. La frase che, più di ogni altra, ci siamo sentiti ripetere in questi giorni. La nuova governance del Teatro Stabile di Catania – Consiglio di Amministrazione e Direzione artistica insieme – ha dunque una responsabilità altissima, ma porta sulle spalle anche un fardello enorme, quello delle tante aspettative dei catanesi: il pubblico da una parte, gli addetti ai lavori dall’altra.
Già tanto, e in poco tempo, è stato fatto (gli oltre 300 provini ne sono una prova tangibile), ma tanto, tantissimo altro, è ancora da fare. I vertici lo sanno bene.
Se ci fosse chiesto un consiglio, con l’umiltà dei semplici osservatori suggeriremmo di non trascurare alcuni elementi, apparentemente secondari, ma fondamentali per colmare quella distanza che si è venuta a creare tra lo Stabile e la città: serietà, educazione (soprattutto del personale che è l’interfaccia tra il pubblico e l’ente, di cui è il biglietto da visita), e trasparenza.
Le recenti dimissioni dell’addetto stampa (facente funzioni) – giunte l’indomani della conferenza stampa – speriamo mettano una pietra tombale su quella brutta vicenda, mai chiarita, legata proprio al bando per titoli indetto per la scelta dell’addetto stampa del teatro, vinto da chi quei titoli non li aveva, e poi sostituito in corsa secondo criteri ancora oggi sconosciuti.
Ma questo è il passato. Ora bisogna guardare avanti e augurarsi che per lo Stabile etneo inizi davvero un nuovo percorso: limpido, florido e di risalita.



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