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La rivoluzione gentile di Dacia Maraini, anche le idee possono cambiare la storia

Libri e Fumetti La “gentilezza” come strumento di lotta per una maggiore giustizia sociale e “climatica”, è questa finalità etico-morale ad ispirare il nuovo libro di Dacia Maraini. Dal titolo del testo, edito da Rizzoli, si comprende bene che l'obiettivo è di ampio respiro: “Una rivoluzione gentile. Riflessioni su un Paese che cambia". Il libro è di stringente attualità, ha una forma saggistica, e racchiude anni di commenti ed approfondimenti della grande scrittrice Dacia Maraini sulla stampa nazionale

La “gentilezza” come strumento di lotta per una maggiore giustizia sociale e “climatica”, è questa finalità etico-morale ad ispirare il nuovo libro di Dacia Maraini. Dal titolo del testo, edito da Rizzoli, si comprende bene che l’obiettivo è di ampio respiro: “Una rivoluzione gentile. Riflessioni su un Paese che cambia”. Il libro è di stringente attualità, ha una forma saggistica, e racchiude anni di commenti ed approfondimenti della grande scrittrice Dacia Maraini sulla stampa nazionale. Racconti, analisi ed interpretazioni scritte con il suo stile raffinato e chiaro. E vi è una chiave di lettura filosofica e sociale, la scrittrice ritiene che “in quest’epoca di incertezza e di paura abbiamo bisogno di un antidoto all’odio”. Dunque vi è anche una posizione politica, nel senso greco della “polis”.

Dacia Maraini è una intellettuale impegnata nel sociale, crede nel cambiamento e ritiene che le idee, le battaglie culturali e civili hanno inciso ed incidono nel mondo che ci circonda. L’universo che in cui viviamo è in continuo cambiamento, il che comporta evoluzioni ed involuzioni. Si tratta della complessità e dell’imprevedibilità dell’esistenza umana e sociale. Le battaglie civili e culturali che hanno portato alle conquiste sul piano dei diritti vanno sempre alimentate. E vi sono sempre nuove sfide. 

Maraini con impegno eclettico ha affrontato ed affronta temi quali la lotta contro la violenza e i femminicidi, i rapporti delle donne con la Storia e il patriarcato, la maternità, la libertà di pensiero e le sue contraddizioni. Ed uno spazio importante dedica nel libro all’ambiente, dalla salvaguardia dell’acqua, delle piante e degli animali, alle scelte in campo alimentare. La sua è una visione ispirata dal senso etico della solidarietà fra gli esseri umani, le diverse generazioni e le classi sociali. Ecco perché il concetto di rivoluzione riguarda il metodo di vivere, e la gentilezza diviene lo strumento principe della sua visione culturale, di una nuova filosofia della storia. Scrive Maraini: “Cosa intendo per una rivoluzione gentile? Un cambiamento basilare del comune sentire e del comune agire che avvenga senza spargimento di sangue e senza violenze o offese irrimediabili. Ma come è possibile, si chiederà qualcuno, poiché tutti i cambiamenti sono avvenuti con spargimento di sangue e violenze inaudite. Eppure, basta conoscere la storia, ovvero basta saperla leggere per constatare che le fondamentali trasformazioni avvengono per mezzo delle idee, dei comportamenti che seguono alla scoperta di nuovi rapporti dell’essere umano con la tecnologia, con la religione, con la medicina, con la scienza, con le leggi dell’universo eccetera”.

La complessità e le contraddizioni della storia

La Maraini ha ben presente le contraddizioni della storia, ed anche la complessità della ricostruzione storica, potremmo anche dire storiografica. Maraini sostiene: “Ricordiamo comunque che la storia del mondo la raccontano sempre i vincitori. I perdenti vengono sepolti nella nebbia di una memoria mortificata. E la Storia, come l’hanno vista i vincitori, è raccontata soprattutto come una sequenza di regicidi, cambi di dinastie e lotte di potere che sfociano in guerre cruente. Troppo spesso dimenticano di raccontare i sommovimenti utopistici che hanno preceduto le trasformazioni, trascurano i valori che piano piano hanno interessato il comune sentire di intere popolazioni”. In effetti, in questo ambito va ricordata la rivoluzione storiografica del Novecento che è partita da “Les Annales” in Francia, che ha mutato il modo della ricostruzione storica non più fattuale ed evenemenziale ma sociale, economica, antropologica e culturale. Ed altri cambiamenti sono stati apportati da altre correnti storiografiche volte ad una rivisitazione dei modelli del passato. Ovviamente l’ambito di intervento intellettuale della Maraini non è la storiografia, non vuole entrare nelle diatribe interpretative ma riflette invece sulla dimensione dei cambiamenti. E su come gli intellettuali interagiscono con il mondo che li circonda.



Si sofferma con lucidità interpretativa sulla dialettica idee-realtà, pensatori-mondo. Ed argomenta: “Secondo me si tratta di una dialettica complessa: non sono i filosofi e gli scrittori a cambiare il mondo ma sono loro che sapranno come raccontarlo e come contagiare la maggioranza attraverso un pensiero sistematico. Le nuove sensibilità, se sono vere, staranno già circolando nella popolazione, ma saranno i teorici a dare loro un corpo riconoscibile e condivisibile. Quando il bisogno di cambiamento è forte e diffuso lo scambio avviene in tempi rapidi e non c’è niente che possa fermarlo. Viene spontanea un’altra domanda: ma esiste nella storia una linea di progresso?”.

E qui vi è uno degli aspetti più interessanti della sua riflessione. Scrive Dacia Maraini: “Se pensiamo ad alcune abitudini che erano considerate lecite e normali come la schiavitù, l’impalamento, la crocefissione, la lapidazione delle adultere, lo squartamento degli eretici, il rogo delle streghe, dobbiamo dire che qualcosa si è fatto per il diritto e la difesa dell’individuo. Ma pure dobbiamo riconoscere che in certi momenti si ha l’impressione che il progresso si mangi se stesso e la barbarie torni a regnare, come è successo con gli orrori del nazismo, le violenze delle guerre tecnologiche, l’uso delle bombe atomiche eccetera”. Coglie filosoficamente le contraddizioni di una visione teleologica della storia ma nel contempo con realismo ne scorge anche elementi di crescita e di sviluppo. Sul piano delle conquiste civili va sottolineato che vanno difese, non sono mete raggiunte per sempre. Il dinamismo continuo della realtà porta a trasformazioni imprevedibili.

Dacia Maraini è figlia dello scrittore ed etnologo toscano Fosco Maraini e della principessa e pittrice palermitana Topazia Alliata

La battaglia per l’ambiente, la Sicilia come metafora dell’Italia

Nella sua battaglia per l’ambiente, così per altri temi, la Sicilia è sempre nel cuore e nelle mente di Dacia Maraini. “Da Bagheria al mare era tutta una distesa verde, verde di ulivi e di agrumi. In Sicilia l’agrumeto si chiama giardino. Come il giardino del Paradiso, un luogo non legato al denaro ma al piacere. Un segno divino, un terreno capace di dare gioia, godimento spirituale, non solo nutrimento. Se oggi vado da Villa Valguarnera a Palermo vedo semplicemente asfalto, palazzi, case orribili: i giardini sono scomparsi. Non che questo mi consoli, ma penso che la trasformazione riguardi tutta l’Italia, tutte quelle zone che erano particolarmente adatte alla coltivazione degli agrumi come dei pomodori, e che hanno cambiato destino. Questo perchè nel Dopoguerra si è puntato in maniera ossessiva sull’industria. Si è pensato che l’agricoltura dovesse essere sostituita dalle fabbriche, ed è stata una sciagura. Basta vedere come si è ridotta Gela con il petrolchimico – catastrofe ambientale e sociale – oggi in disuso. Macerie di capannoni industriali abbandonate col loro carico di cemento, plastiche, scoli di chimica che marcisce. Abbandonare l’agricoltura è stato evidentemente un errore colossale. Ma io non sono pessimista: si può rimediare, la terra è sempre la terra. Si può sempre migliorare un panorama, si può riconvertire un territorio, si può eliminare l’orrore dei fabbricati industriali”.

Agrumeti di Bagheria

Qual è il futuro della Sicilia?

“La Sicilia a che cosa è destinata? All’agricoltura, alla bellezza dei suoi beni monumentali, alle sue tradizioni, alle sue chiese, al turismo organizzato bene, non di massa. Turismo come cultura, come sviluppo della specificità. Mi vengono in mente i pomodorini di Pachino, un sapore meraviglioso. Li fanno pure i cinesi, ma in nessun posto del mondo hanno il sapore che hanno in Sicilia”.

Il libro contiene molti spunti ed analisi interessanti…


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