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Josè, Lilly e Silvana, futuro e pace le nuove frontiere delle donne siciliane del vino

Calici & Boccali «Per noi donne il vino non è un gusto ma una sensazione, anzi uno stato d'animo». Questo potrebbe essere lo slogan che descrive l’impegno della delegazione siciliana del’Associazione Donne del Vino. E’ questo il leit-motiv che è emerso al recente Vinitaly dopo l’incontro con Josè Rallo della marsalese Donnafugata, Lilly Ferro Fazio dell'ericina Fazio e Silvana Raniolo di Tenuta Bastonaca di Vittoria

«Per noi donne il vino non è un gusto ma una sensazione, anzi uno stato d’animo». Questo potrebbe essere lo slogan possibile, per descrivere l’impegno che anima la delegazione siciliana del’Associazione Donne del Vino. E’ questo il leit-motiv che sento emergere dopo l’incontro con tre donne siciliane – Josè Rallo, Lilly Ferro Fazio e Silvana Raniolo – che appartengono alla compagine femminile del settore del vino, all’interno del padiglione Sicilia nella ritrovata edizione di Vinitaly 2022, che si è svolto dal 10 al 13 aprile dopo il forzato stop dovuto alla pandemia, e giunto alla cinquantaquattresima edizione. L’Associazione nazionale Donne del Vino è nata nel 1988 e rappresenta la concretizzazione di una visione avanguardistica, grazie alla grande capacità relazionale femminile, specialmente nel settore del turismo del vino o wine hospitality, nella comunicazione, nel marketing.

L’ingresso del Vinitaly

Josè Rallo e il moto perpetuo di Donnafugata

Josè Rallo al Vinitaly 2022, foto di Rosalba Cannavò

Abbiamo incontrato Josè Rallo, una delle produttrici più conosciute della filiera produttiva del vino siciliano che nell’edizione del Vinitaly della ripartenza propone due novità, vini speciali di Donnafugata, un Grillo e un Nero D’Avola delle cantine di Vittoria. Assieme al fratello Antonio, è a capo dell’azienda di Marsala che rappresenta nel mondo l’eccellenza artigianale e creativa made in Italy, l’esempio di una Sicilia del vino autentica e sostenibile.

Donne ed enoturismo, binomio sempre vincente. Josè, ci può essere un valore aggiunto dalle donne nella diffusione della cultura del vino.
L’associazione donne del vino ci ha visto protagoniste, sia me che mia madre, sin dalla fondazione. Mia madre ha la tessera numero due. Abbiamo sempre creduto che una associazione di donne possa formare un network, un supporto, una contaminazione, una condivisione di buone pratiche. E’ stato molto importante per una donna che venti o venticinque anni fa poteva avere grandi difficoltà ad intraprendere una attività imprenditoriale, confrontarsi e scambiare delle opinioni sui mercati, sugli agenti che fanno il lavoro di vendita dei nostri vini, importatori, trend. Inoltre stiamo realizzando un lavoro molto importante legato alla cultura del vino nelle scuole.

In cosa consiste questa iniziativa, come la state mettendo in pratica?
«Vogliamo portare la cultura del vino soprattutto negli istituti tecnico alberghieri dove pensiamo che sia molto da fare, come far conoscere il territorio, i vini di territorio, e sono proprio le donne che hanno pensato questo progetto di crescita professionale, proprio nel settore della ristorazione, dove è necessario preparare gli studenti alla conoscenza del vino per poi presentarlo e servirlo ai consumatori italiani e stranieri».

Sua mamma Gabriella Anca Rallo è stata una delle prime donne in Sicilia a produrre vino, in un settore tipicamente dominato dagli uomini, una pioniera della viticultura di qualità al femminile. Cosa significa rappresentare un brand innovativo ed internazionale come donna in  una Sicilia che spesso arranca nella capacità di conformarsi all’eguaglianza di genere?
«Io appartengo a una famiglia molto femminista, non solo da parte di madre che potrebbe essere scontato, ma anche da parte di mio padre Giacomo, l’uomo più femminista che abbia mai conosciuto sulla faccia della terra, che ha sempre creduto nel contributo delle donne: le prime persone che ha assunto a Donnafugata, ed erano gli anni Ottanta, erano donne. Diceva che le donne erano più attente più creative, soprattutto più determinate, capaci di alzare l’asticella e di puntare sempre più in alto. Questa era la sua visione della donna».

Quindi è stato naturale e scontato per lei e sua madre aderire all’Associazione Nazionale delle Donne del Vino.
«Io dico che della Sicilia del vino – che conta moltissime donne, circa sessanta tra giornaliste, produttrici, ristoratrici -, ogni donna che si occupa di vino può farne parte. L’associazione è fatta da donne che hanno una grande voglia di riscatto, che è poi la forza delle donne, e rappresenta anche la voglia di dire che ci siamo. Vogliamo contare per i nostri meriti, non solo perché siamo donne, cercando di mettere anche i nostri  talenti. Alla fine secondo me – i migliori uomini e le migliori donne – fanno sempre le scelte e i progetti migliori».

Mentre parlava mi è venuto in mente che il nome della sua azienda, Donnafugata. Come nasce questo simbolico nome?
«Sì, mio padre e mia madre insieme decisero nel 1983 di dare questo nome alla loro azienda. Il nome Donnafugata fa riferimento a “Il Gattopardo”, il romanzo di Tomasi di Lampedusa. Il termine significa “donna in fuga” e si riferisce alla storia di una regina in fuga che trovò rifugio in quella parte della Sicilia dove oggi si trovano i vigneti aziendali, a Contessa Entellina. Una vicenda che ha  ispirato il logo aziendale: il volto di una donna con i capelli al vento che guarda avanti e non teme il futuro, e questo per me è  la mia mamma».

All’interno di Vinitaly, chi si avvicina al colorato stand della vostra azienda, incontra lei.
«Diciamo che avere due genitori così di esempio, in particolare mia mamma, mi ha aiutato moltissimo. Mi ritengo una persona fortunata, per genetica portata ad essere costantemente proiettata nel futuro. Come me lo è anche mio fratello, e lo è diventata anche l’azienda. Tant’è che noi ci definiamo un’azienda in moto perpetuo».

Ben Ryé, il passito di Pantelleria di Donnafugata

Come l’idea di realizzare una fusion con lo stile di Dolce e Gabbana, un tripudio di colori ed eleganza.
«E’ stata una scelta coraggiosa, perché ci siamo abbracciati con una azienda dalle dimensioni molto diversa dalla nostra, molto più grande, molto più potente e molto più conosciuta, poteva essere anche un rischio. In realtà è una patnership che si fonda sull’amore per la Sicilia, che condividiamo, ma anche su un grandissimo rispetto reciproco, delle rispettive identità e qualità, la nostra competenza del vino la loro competenza nel vestire le nostre bottiglie. Questo rispetto reciproco fa sì che due aziende di dimensioni diverse riescano a convivere e a crescere insieme.

Josè, cosa rappresenta o è il vino per lei?
«Il vino è un viaggio, un’esperienza che mi porta a perlustrare mondi nuovi,  sensibilità nuove, ma proprio anche un viaggio geografico. A me piace bere per assaggiare i vini del Piemonte, dell’Australia o della Napa Valley in California, così come il vino dell’Ungheria con i suoi Tocai. Ci sono mondi che possono parlare e si uniscono attraverso il vino, elemento di convivialità, di gioia, di pace».



Lilly Ferro Fazio, la progettualità delle donne del vino

Lilly Ferro Fazio al Vinitaly 2022, foto di Rosalba Cannavò

Al Vinitaly incontro Lilly Ferro Fazio nello stand di Fazio. Lilly è direttore commerciale della casa vinicola di Erice ed è vice-presidente di Assovini Sicilia associazione che riunisce 89 vitivinicultori siciliani.

La novità in questa edizione di Vinitaly.
«La novità è di essere tornati alla normalità, che era quello che desideravamo tutti e che auspichiamo col tempo divenga sempre più roseo. Questo Vinitaly ci trova tutti particolarmente entusiasti e ottimisti perché segna una ripartenza. La presenza è massiccia, è vero che manca una fetta di mercato estero, specie quello asiatico. Ma poco importa perché invece l’Italia è presente in maniera collaborativa».

Lo stand siciliano al Vinitaly 2022

Con quali proposte pensate di incentivare il mercato, o risolvere questo gap del mercato mancante all’interno del mondo del vino.
«Speriamo di potere riprendere presto a viaggiare. Noi come azienda ci siamo presentati con alcuni vini nuovi e tutto questo nasce dal tentativo e dal desiderio di suscitare curiosità con l’intento di guardare al futuro con ottimismo».

Una caratteristica delle donne del vino?
«L’ottimismo, la progettualità, il fatto di dovere comunque sempre rialzarsi sono caratteristiche di noi donne. E questo Vinitaly per me ha proprio queste premesse».

Assovini Sicilia presente con 41 aziende al Vinitaly

Ci saranno iniziative ed eventi nel mondo del vino per i prossimi mesi in Sicilia?
«A Castiglione di Sicilia si è appena concluso “Le contrade dell’Etna” e dal 28 aprile al 1 maggio si svolgerà ad Erice “Sicilia En Primeur”, un’ anteprima e una vetrina dei vini siciliani. Ci stiamo lavorando tanto perché Erice è l’avamposto del territorio vitivinicolo della Sicilia occidentale. Inoltre a Erice riuniremo  tutte le aziende siciliane facenti parte di Assovini Sicilia. A seguire ci sarà un simposio organizzato dalla Fondazione SOStain sulla sostenibilità e poi il Consorzio doc Sicilia va avanti con l’incoming e le attività promozionali. Siamo molto attivi».

Da produttrice di vino e donna siciliana cosa rappresenta per lei questo mondo e questa bevanda millenaria.
«Nel vino vedo il futuro, perché nella campagna c’è futuro. Il nostro settore ha mostrato una particolare resilienza nelle difficoltà e, comunque, nel momento in cui tutto sembrava buio le vigne fiorivano,  questo mi è sembrato un segnale di positività. Il vino è un modo per guardare sempre avanti e per creare la convivialità che c’è mancata».



Silvana Raniolo, il vino come cultura e passione

Silvana Raniolo al Vinitaly 2022, foto di Rosalba Cannavò

Nel dinamismo e brusio che si vede e si sente nei corridoi luminosi ed aromatici degli stand del  Vinitaly, nell’enorme padiglione Sicilia, il mio viaggio nei vini siciliani si ferma nello stand della Tenuta Bastonaca, azienda vinicola e agricola di Vittoria. Qui incontro Silvana Raniolo, proprietaria dell’azienda assieme al marito Giovanni Calcaterra, anche lei fa parte dell’Associazione Donne del Vino.

Comè nata la sua passione per il vino?
«L’azienda è giovane, è nata nel 2007 per la passione mia e di mio marito. Si sviluppa in due territori completamente diversi che sono Vittoria, dove produciamo Cerasuolo e Frappato, unica Docg di tutta la Sicilia, mentre sull’Etna, a Solicchiata, frazione del Comune di Castiglione di Sicilia, abbiamo circa tre ettari, produciamo Etna bianco ed Etna rosso da un vigneto storico che ha quasi 100 anni. Il territorio è la Contrada Piano dei Daini, una delle zone di produzione etnee più vocate per i vini rossi. Qui produciamo anche piccole quantità di vino bianco,  uva Carricante al cento per cento».

Non solo vino per Tenuta Bastonaca al Vinitaly, foto di Rosalba Cannavò

Cosa rappresenta per lei il vino?
«Il vino racchiude tanto: cultura, passione. Infatti io da donna mi muovo con passione nel mondo del vino principalmente legato anche  al mio territorio che è quello del barocco ragusano».

Avete scommesso su un tipo di coltivazione antica come la vite ad alberello.
«Sì, abbiamo ripreso le tradizioni dei nostri nonni che negli anni si erano perse. E se ancora sull’Etna l’alberello resiste, soprattutto nel territorio di Vittoria molti produttori l’hanno estirpato per sostituirlo con la spalliera che è molto più redditizia. La vite ad alberello impone tanta lavorazione fatta a mano con costi di produzione molto elevati ma il nostro obiettivo è mantenere fede ai principi dei nostri nonni cioè quello di produrre vini di qualità e non di quantità».

Cosa consiglierebbe a chi non conosce l’Etna e i suoi vini?
«L’Etna è una zona entusiasmante. Noi l’abbiamo riscoperta dopo tanto tempo. Mio marito è di origini catanesi ma per tanti anni non siamo andati nel territorio. Oggi consiglio di visitare questi luoghi, soprattutto il territorio Etna Nord, dove produciamo vino. Nel 2013 abbiamo comprato un terreno e ristrutturato una casa che è proprio in mezzo al vigneto. Qui siamo tornati ad un rapporto diretto con la natura, quando siamo là dimentichiamo tutto lo stress della città. E’ qualcosa che non si può descrivere».



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