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In viaggio con Edward Lear, quando il Grand Tour divenne il “Sicilian giro”

Libri e Fumetti Nel libro "Il «Sicilian giro» di Edward Lear: itinerari e visioni inedite", edito da Rubbettino, la giovane studiosa etneo-paternese Giuliana Randazzo ha ripercorso l'itinerario dell'artista-intellettuale inglese che visitò l’Isola nel 1842 e nel 1847. A differenza del Grand Tour del '700, il viaggio di Lear è "più rispondente a quanto il viaggiatore vedeva nella realtà, che non a quanto il viaggiatore interpretava, filtrando i luoghi con la sua sensibilità artistica e con il suo background culturale”

Un libro che fa scoprire una chiave di lettura del Grand Tour legata ai due viaggi in Sicilia del pittore e letterato inglese Edward Lear, avvenuti nel 1842 e nel 1847. Un testo che innovando sul piano metodologico costruisce un quadro di analisi critica razionale ed efficace, e raccoglie e ordina “per la prima volta il patrimonio di immagini e visioni rappresentanti la Sicilia di Lear, sensibilmente implementato da nuove acquisizioni”. Un lavoro culturale ampio, corredato da una seria bibliografia e nel contempo fondato anche su un viaggio nel viaggio. Perchè accanto al lavoro di classica e puntuale ricerca, la giovane studiosa etneo-paternese Giuliana Randazzo ha ripercorso l’itinerario del poliedrico artista-intellettuale Lear. Randazzo è dottoranda di ricerca in Architettura (Urban Regeneration) al Dipartimento di Patrimonio, Architettura e Urbanistica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. I suoi interessi sono rivolti alla storia dell’architettura, della città e del territorio, con particolare riferimento al XVIII e al XIX secolo, al Grand Tour, ai paesaggi ed alle architetture del Mediterraneo.

Giuliana Randazzo

L’autrice nel testo dal titolo Il «Sicilian giro» di Edward Lear: itinerari e visioni inedite (edito da Rubbettino) spiega la filosofia che lo anima. Ovvero, lo spirito del “Ricomporre, ripercorrere per poi comprendere: questo il percorso metodologico che ha segnato le fasi di questo “viaggio nel viaggio”. Un viaggio che ci ha permesso di ricomporre l’opera e gli itinerari del viaggiatore inglese sull’Isola, ripercorrere le sue tracce, per poi comprendere il contributo offerto da Edward Lear alla cultura europea, rappresentando l’immagine reale della Sicilia, la più grande isola del mediterraneo, meta fondamentale nel panorama di quel grande fenomeno che fu il viaggio di conoscenza e di scoperta, sullo sfondo dell’affascinante e controverso clima di cambiamenti all’alba dell’età Vittoriana e dei Moti siciliani”.

Nella prefazione il professore Tommaso Manfredi delinea il contesto storico e spiega: “Il rapporto di Edward Lear (1812-1888) con la Sicilia, sviluppatosi in due viaggi compiuti nel 1842 e nel 1847, è forse il più intenso tra quelli instaurati dall’artista londinese con le tante regioni del mondo visitate e descritte nel corso della sua vita. Le immagini di quello che Lear chiamò il suo «Sicilian giro» sono tra le più ricorrenti nelle selettive rielaborazioni che nella maturità egli trasse dal proprio enorme bagaglio di memorie visive. In particolare, le atemporali astrazioni “turneriane” che connotano le tarde versioni delle vedute paesaggistiche dell’Etna assurgono a metafore di una narrazione soggettiva ed empatica. Una narrazione che pervade l’intera gamma di rappresentazioni dei paesaggi e delle città della Sicilia cristallizzate da Lear come singole porzioni di un grande palinsesto scenografico e letterario».

La medesima multiforme modalità narrativa manifestata nei suoi Journals of a Landscape Painter in Southern Calabria, stampati nel 1852 sulla base dei materiali raccolti nella prosecuzione in Calabria meridionale del secondo viaggio in Sicilia. Il confronto tra le illustrazioni del volume calabrese e i relativi disegni di viaggio, via via emersi in anni recenti, aumenta il rimpianto per la mancata trasposizione a stampa dei molto più numerosi disegni siciliani». Manfredi aggiunge: “Paradossalmente è possibile che proprio tale numerosità avesse contribuito a dissuadere Lear dall’intraprendere la pubblicazione dei Journals dedicati alla Sicilia, sicuramente assai più complessa e onerosa della lineare trasposizione testuale e grafica degli esiti del viaggio in Calabria. Il libro di Giuliana Randazzo dà finalmente la piena dimensione di questa mancanza, raccogliendo e ordinando per la prima volta il patrimonio di immagini e visioni rappresentanti la Sicilia di Lear, sensibilmente implementato da nuove acquisizioni”. 

Edward Lear

E’ cruciale entrare nel cuore della ricostruzione e cogliere le differenze fra il Grand Tour dell’Ottocento e quello del secolo dell’Illuminismo (il Settecento). Giuliana Randazzo scrive con chiarezza:Alla fine della prima metà dell’Ottocento, il fenomeno del Grand Tour nel sud dell’Europa assume caratteri differenti rispetto alla fine del secolo precedente. Se la Sicilia rimaneva una meta consolidata, le motivazioni che spingevano i viaggiatori ottocenteschi sull’isola erano cambiate, e con esse gli itinerari stessi. Le testimonianze dell’architettura classica, e il loro pittoresco contesto ambientale, non rappresentavano più gli unici motivi per i quali i numerosi viaggiatori europei decidevano di affrontare il viaggio in Sicilia. Era soprattutto la contaminazione fra le numerose culture appartenenti alla storia dell’isola ad attrarre artisti, studiosi, architetti e intellettuali europei”. Con una lettura storica e multidisciplinare Randazzo sottolinea: “La scoperta del territorio e del paesaggio siciliano non era più strettamente vincolata alle consuete tappe settecentesche, circoscritte agli itinerari costieri, ma si estendeva all’entroterra, accomunando le grandi città e i centri minori più remoti. Il Grand Tour britannico in Sicilia fu parte integrante del mutamento delle peculiari visioni storiche e dell’evoluzione dei consueti itinerari geografici e culturali, da parte di personalità che a loro volta erano espressione dei mutati assetti della nuova società ottocentesca. In questo contesto, negli anni Quaranta dell’Ottocento, il poliedrico londinese Edward Lear (1812-1888) ebbe un ruolo decisivo nell’approfondimento, tramite la pittura, della conoscenza del territorio siciliano, nella complessità delle sue connotazioni architettoniche e paesaggistiche”. 

Lear e i viaggi in Sicilia

Edward Lear, Veduta di Sciacca, 20 maggio 1847, disegno a matita, penna e inchiostro marrone, 35,4 x 50,6 cm. The Metropolitan Museum, New York

Giuliana Randazzo delinea la figura di Lear palensandone la sua ecletticità poliedrica: “Tra i multiformi interessi artistici, letterari, musicali, naturalistici e zoologici che fecero di Lear un personaggio di primo piano della società inglese − forse solo recentemente emerso in tutta la sua importanza − la Sicilia ebbe così un posto di rilievo. Lear visitò l’isola due volte: nel 1842 e nel 1847. Si trattò in entrambi i casi di vere e proprie ricognizioni figurative, condotte a tappe serrate: la prima per dieci settimane in primavera, la seconda per circa dodici settimane tra la primavera e l’estate. Il primo viaggio, condotto in compagnia di due giovani aristocratici, il figlio di Sir Thomas Dyke Acland, Leopold , e il nipote di Sir Stamford Raffles, William Charles , si svolse nel solco dell’evoluzione della cultura odeporica relativa alla Sicilia, che proprio in quegli anni si concentrava sulla identità autoctona dell’isola, sia per gli aspetti naturalistici, sia per quelli artistici e architettonici, inerenti all’antichità della Magna Grecia e alla più recente riscoperta del Medioevo. Il secondo viaggio, condotto in compagnia dell’aristocratico pittore dilettante John Proby (1780-1858), fu invece intrapreso con la precisa intenzione di approfondire le peculiarità del territorio anche sotto l’aspetto sociale e culturale”.

Molto interessante è l’aspetto metodologico dell’impostazione e dell’attuazione della ricerca da parte di Randazzo: “L’analisi del corpus grafico siciliano di Lear è stata condotta contestualmente alla ricostruzione dei suoi itinerari nell’isola, ripercorsi, quasi in una proiezione diretta e diacronica con l’attuale paesaggio, in un nuovo viaggio di ricerca e di riscoperta. La ricerca ha così consentito di comprendere l’approccio analitico dell’autore ai soggetti architettonici, urbani e paesaggistici, ma anche le modalità e l’evoluzione della loro rappresentazione, talvolta differita nel tempo. L’obiettivo di intrecciare la trattazione complessiva dei disegni alla contestualizzazione topografica diacronica, ordinata cronologicamente per località, ci ha indotto a tentare un approccio metodologico innovativo, caratterizzato dal riscontro diretto sul territorio”. 

Territori, storia e trasformazioni

Randazzo aggiunge: “Ripercorrendo le tracce del viaggiatore inglese in Sicilia, abbiamo così proceduto mettendo a confronto, ‘sul campo’ ed in modo quanto più possibile oggettivo, alcune delle vedute eseguite dal paesaggista inglese con lo stato attuale dei luoghi, rilevando le diverse trasformazioni che nel corso del tempo ne hanno modificato e talvolta, purtroppo, alterato il volto. È il caso, ad esempio, della trasformazione radicale del territorio di Catania e della sua ‘sciara’, delle significative trasformazioni avvenute nel contesto urbano di Modica, o delle importanti testimonianze, registrate nelle vedute in scala architettonica, di Arenella a Palermo, di Taormina, e degli altri suggestivi e numerosi luoghi con cui, in Sicilia, il viaggiatore ebbe modo di entrare in contatto. Ripercorrere le tracce di Lear in Sicilia, ci ha così consentito di mettere a fuoco, con maggiore consapevolezza, lo stretto rapporto che il viaggiatore ebbe con il paesaggio dell’isola e al contempo di contribuire alla ricomposizione dell’identità storica dei luoghi alla fine della prima metà dell’Ottocento. L’espressione “Sicilian giro” suggerisce dunque un modo diverso di concepire l’idea di viaggio e di scoperta, tipica del Grand Tour fino ai primi decenni del diciannovesimo secolo, e più rispondente a quanto il viaggiatore vedeva nella realtà, che non a quanto il viaggiatore interpretava, filtrando i luoghi con la sua sensibilità artistica e con il suo background culturale”.

Arte, itinerari culturali ed aspetti stilistici innovativi

Randazzo argomenta: “Tra gli estremi cronologici, stilistici e concettuali costituiti dalle opere di Claude Lorrain (1600-1682) e del concittadino William Turner (1775-1851), l’interpretazione del genere paesaggistico da parte di Lear fu peculiare e innovativa, lontana sia dagli schemi accademici che dalle mode correnti. Sviluppò così una tecnica disegnativa dal tratto veloce e definito, applicata negli schizzi a matita e carboncino eseguiti sul campo, frutto di una personalissima percezione dei luoghi, espressa progressivamente in dipinti ad acquerello e ad olio, e maturata proprio durante il primo viaggio in Sicilia. Le motivazioni professionali e artistiche poste all’origine del primo viaggio in Sicilia erano ancora lontane da quelle che lo avrebbero spinto ad affrontare il secondo: si trattava ancora di un viaggio di formazione, seppure più impegnativo di quello canonico già compiuto nel Regno di Napoli nel 1838, ma anche un’occasione per evadere dalla routine romana nella quale si era ritrovato dal momento del suo ritorno in Italia, avvenuto alla fine del 1841”.

Catania, l’Etna ed il  mare. Ambiente costruito e natura vulcanica

Edward Lear, Veduta di Catania con lo sfondo dell’Etna, 1847, olio su tavola, 31,1 x 48,3 cm. The Metropolitan Museum, New York

Nel suo primo viaggio di particolare interesse, fra gli altri, è il passaggio nel mondo etneo: “Nel disegno raffigurante la veduta di Catania con lo sfondo dell’Etna (fig. 43), è facile notare come, oltrepassando la tradizionale gerarchia figurativa tra architettura e natura, Lear collochi in primo piano, sullo sfondo della città e del vulcano, la roccia lavica in prossimità del mare, cogliendo lo stretto rapporto tra l’ambiente costruito, e la natura vulcanica del territorio. Un territorio dal quale sarà fortemente influenzato e il cui scenario costituirà una suggestione permanente, che lo accompagnerà nelle opere e nei viaggi”. 

Lo straordinario ricordo della Sicilia da parte di Lear

“Al ritorno a Roma, il 26 maggio 1842, era ancora vivida l’impressione del viaggio siciliano: ogni rovina risaltava nella memoria visiva come «a monument of some change of destiny to the Sicilians», al punto di fargli apparire il Colosseo e le altre antichità romane «shockingly vulgar and modern», se paragonate ai templi di Segesta, Agrigento e Siracusa. Il viaggio che sarebbe dovuto durare un mese, si era protratto per dieci settimane, senza per questo esaurire le curiosità di Lear su una terra che rappresentava la sintesi dei suoi molteplici interessi per le vestigia delle civiltà che vi si erano avvicendate: dai greci e dai romani, agli arabi, sino ai normanni e agli spagnoli. Da qui l’intenzione di tornarvi una seconda volta…”

Il secondo viaggio in Sicilia

Randazzo specifica: “Rispetto al primo viaggio, l’essenza della percezione paesaggistica e territoriale di Lear corrisponde ad una evoluzione tecnica e stilistica, riflessa anche nelle modalità di approccio cognitivo delle località dell’entroterra più distanti dai consueti itinerari del Grand Tour. In particolare, la tecnica rappresentativa è la chiave per comprendere lo spirito differente con il quale Lear affrontò il secondo viaggio siciliano, alla ricerca di un linguaggio personale che potesse consentirgli di misurarsi con il mondo accademico inglese”.

La Valle dei Templi

Edward Lear “Temple of Agrigento Olio su tela, collezione privata © Agnew’s, Londra

“Le quindici vedute di Agrigento assumono il carattere di una vera e propria campagna di studio figurativa della Valle dei Templi. I resti monumentali, infatti, sono rappresentati più che in funzione di una analisi filologica di matrice archeologica, con l’obiettivo tutto pittorico di coglierne l’ancestrale impatto mistico in rapporto al paesaggio circostante”. (…) Le opere di Agrigento esprimono chiaramente l’antico rapporto tra architettura e natura. Nel contesto di quello che fu uno dei centri propulsori della cultura ellenica nel Mediterraneo, e che oggi corrisponde al Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi, Lear percepiva il territorio mediterraneo nella sua complessità, riuscendo a cogliere l’equilibrio tra la natura e le imponenti architetture antiche”.

Lo splendore di Siracusa

Edward-Lear “The Quarries Of Syracuse”

“La successiva tappa dei due viaggiatori fu Siracusa, dove rimasero dal 10 al 13 giugno”. “(…) I disegni sono una dimostrazione evidente di come lo stile di Lear si stesse evolvendo, integrando la visione paesaggistica con un’attenta lettura topografica del contesto osservato, che nel caso delle Latomie di Siracusa apre lo sguardo dell’osservatore verso il profilo della città che degrada sino all’isola di Ortigia, dando spazio alla vegetazione e ai suoi colori, così come annotati sui fogli in vista della loro ripresa a tavolino. In particolare, la veduta della Latomia di Santa Venera fu ripresa più volte da Lear, fino alla tarda età, come è dimostrato dal disegno, datato 1882, apparso recentemente sul mercato antiquario, a sua volta tratto dal quadro ad olio esposto nel 1853 alla Royal Academy of Arts. Da Siracusa, i viaggiatori proseguirono verso il territorio etneo, passando probabilmente da Megara Hyblaea, come testimonia il disegno umoristico datato 14 giugno”.

Il ritorno di Lear nel mondo etneo

“Il ritorno di Lear a Catania è documentato da quattro opere, datate rispettivamente dal 15 al 18 giugno. La prima, ampiamente descritta da Katharine Betjer, raffigura la città sullo sfondo dell’Etna (fig. 95). La seconda, inedita (fig. 96), pur riferendosi al medesimo punto di vista, presenta notevoli differenze. La roccia lavica delle sciare del 1669, anziché amalgamata e uniformata nel tratto e nel colore, appare tagliente e appuntita. Il tratto deciso scandisce i cumoli rocciosi, accentuando tramite il chiaroscuro e l’uso dell’inchiostro la liricità di un paesaggio quasi surreale agli occhi dello spettatore, nel quale si aggirano bianche figure contrapposte ai toni scuri della lava spenta. Due di esse, sulla destra della composizione, sono rappresentate con un lungo e luminoso velo che le copre per intero, e mentre una osserva la città di Catania con l’Etna sullo sfondo, l’altra sembra volgersi in direzione opposta, verso lo spettatore. Circa a tre quarti della composizione, la vista si apre verso la città di Catania, delineata con precisione; sullo sfondo i rilievi dei monti Rossi di Nicolosi indirizzano gradualmente lo sguardo verso il grande vulcano, dipinto con toni chiari e armonici, distante dalle precedenti raffigurazioni dei viaggiatori ottocenteschi, tendenti a esprimerne l’ambientazione infernale. Il terzo disegno, relativo al territorio catanese (fig. 97), datato 17 giugno, raffigura dettagliatamente un fabbricato rurale con lo sfondo dell’Etna sulla sinistra. Nella parte superiore della costruzione, servita da una scala esterna, si nota un meccanismo riconducibile alla sàniya, antico sistema per il sollevamento dell’acqua, a trazione animale, largamente diffuso nel mondo islamico, ormai raro e di grande interesse etno-antropologico”. Ed ancora: “La quarta veduta acquerellata (fig. 98), datata 18 giugno, raffigura la città, con l’Etna sullo sfondo, dal punto di vista della celebre villa del Principe Biscari, edificata sulla roccia lavica e meta prediletta dei viaggiatori del Grand Tour. Nel profilo urbano sono chiaramente riconoscibili quattro edifici sacri: cominciando da destra, si distingue la Cattedrale di Sant’Agata posta in primo piano, e la chiesa della Badia di Sant’Agata alle sue spalle, riconoscibile dalla cupola, mentre più avanti, preceduta dal profilo della Porta Uzeda, in direzione del centro della composizione, si scorge la cupola della Chiesa di San Michele Arcangelo ai Minoriti, e infine la Chiesa di Santa Maria dell’Indirizzo, attualmente sconsacrata”.

Il libro è ricco di contenuti, analisi ed interpretazioni molto interessanti, di valore storico-culturale ed artistico, i due viaggi di Lear in Sicilia sono ricostruiti in maniera rigorosa. E vi è anche una chiave di lettura interpretativa della sua arte. Scrive Giuliana Randazzo: “La scoperta della storia, della natura e del territorio siciliano, rappresentò per Lear l’opportunità di sintetizzare l’incontro fra il paesaggio storico di Turner e Ruskin, la concezione diretta e poetica della natura dei Preraffaeliti, e il suo peculiare approccio topografico. È proprio la dedizione alla ricerca della rappresentazione del reale che costituisce uno degli aspetti innovativi, fra i pochi che accomunano Lear a William Turner”. 

La capacità dell’autrice di unire la razionalità sistematica e puntuale dello studio ad una scrittura chiara e divulgativa rendono ancor più avvincente l’itinerario in tanti diversi luoghi dell’Isola. Da scoprire, pagina dopo pagina…

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