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Il mommo (ovvero il dottor guardone)

Blog Chi poteva a quell’ora essere vigile ed armato di binocolo? Che fosse lei l’oggetto di quell’appostamento? L’io femminino solleticato nella vanità le fece accelerare il battito del cuore. Ma oggetto delle visioni mattutine del marito della signora Marcella era la figura sinuosa, che si contorceva nuda in una specie di danza solitaria, della signorina Terranova Giusy

Il condominio di via San Pancrazio nacque nella Palermo degli anni Settanta, quella lontana dal centro abitato dove ancora lo scempio della Conca d’oro non era vincente. In quella estrema periferia nord della città, i rigogliosi e prolifici agrumeti resistevano eroicamente  tra i bassi e brutti fabbricati che andavano spuntando a macchia di leopardo. La signora Calabria, ancora giovane e non  abbandonata dalle forze fisiche e dall’entusiasmo alla vita, ogni mattina imbracava  le sue amate bestiole e nella primissima aurea primaverile  si avviava con loro verso il silenzioso e  verde polmone d’ossigeno. Incedeva con gli occhi semichiusi alla tiepida luce del mattino siciliano immergendosi nel profumo che zagare, rose selvatiche e rincospermi regalavano all’aria  limpida ed ancora poco avvelenata.

La pace ed il silenzio dell’ora precoce le facevano vivere l’inebriante disorientamento che il bello provoca ed a cui la signora reagiva non perdendo mai di vista la propria abitazione. Stabiliva in tal modo un virtuale filo di Arianna con i luoghi noti sapendo in ogni momento dove si trovava.

Fu così che un giorno, colpita da un riflesso di lente proveniente dal suo stabile rimase per un attimo abbagliata. Ma chi poteva a quell’ora essere vigile ed armato di binocolo? E perché? Che fosse lei l’oggetto di quell’appostamento? L’io femminino solleticato nella vanità le fece accelerare il battito del cuore. Istintivamente   portò la mano frenata dai guinzagli, ad aggiustarsi i capelli neanche pettinati prima di scendere e assunse l’ aria lieve e gioiosa che si riserva sempre ad un inaspettato spasimante. Lo stato di turbamento durò pochi secondi: vergognandosi, dismise subito i panni della lusinga e, ritornata in sé, cercò di capire meglio cosa potesse essere o chi potesse celarsi dietro quel bagliore.

Non sapendo da dove cominciare decise di raccontare in famiglia l’accaduto e si convinse a cercare nel marito, il collaboratore fidato che la potesse aiutare nella complessità dell’indagine. Il coniuge, mandato a sua volta in giro con i cani in diverse ore del giorno, riportò diligentemente orari e fatti, elementi indispensabili al buon fine della ricerca. Il dato ripetitivo e quindi rappresentativo che emergeva era la presenza del binocoluto condomino sempre nelle stesse due fasce orarie: nel primo mattino e ed al principiare della sera. La fonte del balenio risultava piuttosto elementare da individuare, rimaneva solo capirne la motivazione. Una delle cose che  fece la signora Calabria fu quella di rispolverare i cenni di ottica e senza scomodare grossi autori  ripassò su un libro di scuola media come la luce si propaghi in linea retta in un mezzo omogeneo  con proprietà uguali in tutte le direzioni e che la traiettoria seguita da un raggio luminoso per congiungere un punto A (il condomino) ed un punto B (l’oggetto) attraverso il binocolo è quella che richiede il minimo tempo. Il lampo individuato, tradiva nella posizione, la traiettoria e quindi facilitava nell’individuazione, il punto B (l’oggetto).

Essendo in possesso di sicuri dati statistici poteva ora passare alla seconda fase: la conferma sulla identificazione dell’indiziato. Incontrò, e non per caso, nell’ascensore la Signora Marcella, fimmina di casa e chiesa ma soprattutto moglie del rigorosissimo e stimato funzionario di Stato che dava con la sua presenza rispettabilità al condominio. La signora Calabria che, quando voleva risultava anche simpatica e socievole, portò l’argomento sulle sue passeggiate ecologiche, sulla natura, sul cinguettio degli uccelli. L’ignara Signora Marcella cadde nel tranello: «Non lo dica a me! mio marito si è scoperto appassionato di uccelli, si figuri che tutte le mattine e le sere, puntuale come un orologio si posiziona a guadare tutti i passeri; mi creda è diventata per lui una specie di ossessione!». «Bravo! L’interesse di suo marito per la natura è encomiabile» replicò laconica la signora Calabria mentre mentalmente esultava:  «Eh …. bastasieddo! U saccio io che passere ti piace guardare!».

Infatti la sera precedente, armata di un binocolo da teatro preso in prestito dalla sorella, donna colta ed amante di rappresentazioni operistiche, anch’ella aveva “pustiato” l’oggetto B. Dopo qualche minuto trascorso nella difficoltà per la messa a fuoco (le era infatti uscita tutta la vite macrometrica), temeva di aver bruciato attimi preziosi. Ella si maledisse più volte per la sua poca destrezza manuale e più si innervosiva, più la vite scappava; poi, mentre imprecava a bassa voce, le dita, sotto l’egida del cervello lavorarono bene e riuscirono a centrare la vite che fu subito bloccata con il nastro adesivo. D’incanto l’oggetto B prese volumi e forme, e ….. che forme! La figura sinuosa che si contorceva nuda in una specie di danza solitaria, era la signorina Terranova Giusy.

Era quella la carnale cassiera del vicino supermercato, nota a tutti per una carriera da miss interrotta per sventurate vicende sentimentali. Mai rassegnata al tempo che insidia ogni cosa ed alla ferocia delle amiche e conoscenti femmine che le invidiavano la naturale avvenenza, affidava all’etere la chimica delle sue nudità attraenti.

“Donna di spalle con drappo rosso” opera di Santo Nicola

La mattina ancora umida di doccia non sapeva risolversi a vestirsi e si asciugava alla brezza del mattino secondo una lenta e voluttuosa rotazione davanti la finestra aperta in modo che tutte le sue parti fossero ben esposte al ventilatore naturale; la sera, di contro, accaldata e sudata per la fatica del lavoro, si svestiva con indolenza  regalando al  giorno che moriva ultime ed impudiche  immagini.

La bellezza femminile secondo Botero

La signora Calabria, ammutolita davanti a quell’opera d’arte vivente, colpita da una sorta di vaga ammirazione erotica si guardò allo specchio e si chiuse in un silenzio accigliato così come chiuse la vicenda investigativa a cui inizialmente si era proposta dare pettegola pubblicità. Restituì alla sorella che se ne dolse rumorosamente, il binocolo rabberciato alla meglio e quanto al fedele collaboratore che le chiedeva cosa avesse trovato, onde evitare nascenti e pericolosi interessi ornitologici da parte dell’amato coniuge, rispose sbrigativa e con malgarbo: «Che ho trovato?  Che ho trovato? Ku dda minchia di binocolo nu si viriva niente !».

 

 

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