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Gìù nel profondo mare blu degli Uzeda

Musica Cinque mesi dopo l'uscita dell'album "Quocumque Jeceris Stabit", la storica rock band catanese ha pubblicato il video di "Deep Blue Sea", diretto dalla regista etnea Maria Arena. Una collaborazione nata con il documentario "Gesù è morto per i peccati degli altri" e che proseguirà in in film-documentario sugli Uzeda in uscita entro l'anno

Tredici anni dopo “Stella”, il 12 luglio scorso, pubblicato dalla americana Temporary Residence Ltd, e distribuito in Italia da Overdrive, era uscito Quocumque jeceris stabit il nuovo album della storica rock band catanese degli Uzeda. Adesso la band ha rilasciato il video del brano Deep Blue Sea, diretto dalla regista catanese Maria Arena, con cui la band aveva già collaborato per la colonna sonora del documentario “Gesù è morto per i peccati degli altri”. Entro la fine di quest’anno uscirà il film documentario al quale la Arena sta lavorando già da più di tre anni.

Quocumque Jeceris Stabit, ovunque lo getterai, starà retto, dicevano i latini in riferimento alla Triscele, l’essere a tre gambe che in varie parti del mondo è stato scelto come simbolo di stabilità e fierezza. Il motto latino è stato scelto come filosofia portante della bandiera della britannica isola di Man (tra Gran Bretagna e Irlanda) ma lo stesso potrebbero dire i siciliani con la loro Trinacria. E non a caso Quocumque Jeceris Stabit è il titolo del quinto album degli Uzeda (Agostino Tilotta chitarra, Giovanna Cacciola voce, Raffaele Gulisano basso e Davide Oliveri batteria) registrato un anno fa al Sotto il Mare recording studios di Luca Tacconi a Povegliano Veronese, durante una master class di Steve Albini – produttore e ingegnere del suono di tutti gli ultimi dischi degli Uzeda -, ideata, promossa e realizzata da Sound by Side.

Gli Uzeda fotografati da Davide Patania. Da sinistra Giovanna Cacciola, Raffaele Gulisano, Davide Oliveri e Agostino Tilotta

Quocumque Jeceris Stabit suona meno spigoloso rispetto agli album più sincopati della storia degli Uzeda, è più vicino alle sonorità di “Waters”, il primo album realizzato con Albini, meno noise e più aperto. «Siamo certamente più riflessivi rispetto a territori già percorsi – commenta il chitarrista Agostino Tilotta -. Il nostro da sempre è un approccio spontaneo alla musica, dentro di noi vive ancora il ragazzino di sempre. Il rettangolo del palco resta per noi il punto massimo di libertà dove facciamo tutto quello che ci piace di più senza sottostare ad alcuna regola».

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