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Con “Ora” l’essere nel presente della cantautrice catanese Etta Scollo è un battito poetico di parole

Musica Prodotto con Taketo Gohara, il 31 marzo esce "Ora", nuova opera discografica della cantautrice e musicista catanese pubblicata dalla tedesca Jazzhaus Records e distribuito in Italia da Egea. Vale la pena lottare per "adesso" in questi tempi di crisi e di guerra? Con "Ora", Etta Scollo fornisce una risposta musicalmente sfaccettata. Mantenendo alta la tensione drammaturgica, sorprende a ogni pezzo. Tra gli ospiti i Fratelli Mancuso e l'attrice e cantante tedesca Hanna Schygulla

La cantautrice e musicista catanese Etta Scollo torna al disco e lo fa con una nuova opera “Ora”, in uscita simultanea europea il 31 marzo, grazie all’etichetta tedesca Jazzhaus Records e la distribuzione in Italia di Egea. Con Jazzhaus la Scollo, cittadina berlinese ormai da anni, ha un rapporto consolidato. Fu proprio l’etichetta di Friburgo a pubblicare gli album “Il passo interiore” del 2018 e il successivo “Il viaggio di Maria” del 2019. L’album arriva due anni dopo l’opera multimediale “Voci in Sicilia”, libro che accompagna i lettori tedeschi attraverso la Sicilia contemporanea con cd audio a commento sonoro.

Ascolta il commento di Etta Scollo su “Ora”

Etta Scollo, foto di Giulia Bersani

La presentazione dell’album firmata dal giornalista musicale tedesco Stefan Franzen

Essere nel presente: una dottrina che è stata proposta da maestri spirituali e filosofi per millenni. Ma vale la pena lottare per “adesso” in questi tempi di crisi e di guerra? Con la sua nuova opera “Ora”, la musicista siciliana Etta Scollo fornisce una risposta musicalmente sfaccettata. Non contenta di banalità semplici e facili, mantiene alta la tensione drammaturgica, sorprendendoci di nuovo a ogni pezzo. Nella sua prima casa, Catania, lei e il produttore stellare Taketo Gohara hanno prodotto un album che tocca gli ascoltatori, sia poeticamente che politicamente, con più di un barlume di speranza.

“Mi alzo, mi alzo in piedi, la mia mano sta lavorando, accompagna una canzone sulle cose concrete, vissute e subito rinascere. È tempo di essere – adesso, adesso, adesso…” canta Etta Scollo nella title track e in chiusura canzone di “Ora”. «La pandemia ci ha gettato in un letargo musicale – dice -. All’improvviso è sparito tutto, non avevo prospettive e non cantavo una nota. Poi mi sono dato da fare lavorando fisicamente: ho piantato chiodi nelle pareti del mio nuovo appartamento, installato lampade, montato scaffali. Mi è stato chiaro che avevo bisogno per sentire il mio corpo, per sentirmi di nuovo umano in questo periodo di isolamento insopportabile». Scollo afferma che gli impulsi di cui ha bisogno per creare la sua arte arrivano attraverso il tatto, l’armeggiare, la costruzione, gli scambi tattili. Parla della forte relazione che ha, non solo con la sua voce e i suoi pensieri, ma anche con le sue mani. Da questo toccare e fare, da questo risveglio, emerge un album che è scioccante nella sua immediatezza e sorprendente nella sua diversità.

Tutto inizia con una stanza circolare alta quattro metri nella sua nuova casa siciliana. Questo lo lascia a Taketo Gohara per arrangiarlo acusticamente. Il produttore giapponese milanese, che ha già messo a frutto le sue doti acustiche nel lavoro con star come il cantautore Vinicio Capossela e la cantante pop Elisa, prepara la location, aiutato dal tecnico del suono Niccolò Fornabaio: «Taketo ha voluto che la produzione rimanesse molto grezza, e ha lasciato che tutto si avvicinasse molto alla mia voce – dice Scollo -. Quando cantavo, non mi sentivo affatto come se avessi le cuffie. Mi sentivo molto dentro di me. Taketo ha riconosciuto quali canzoni avevano bisogno di più intimità; mi ha anche incoraggiato a cantare anche piano, ma non necessariamente a intonare sempre “meravigliosamente”. In effetti, non sono una persona perfetta, sono anche una persona ferita. E il dolore non può essere veramente trasmesso con una voce che esprime solo bellezza forzata».

Etta Scollo nella sua casa a Catania, foto di Simone Cerio

Musicalmente, “Ora” cattura un intero universo: ci sono pezzi completamente nudi accompagnati solo dalla chitarra, suoni della tradizione siciliana, vorticosi valzer e ironiche battute di sei ottavi. C’è la sottile colorazione degli archi, un intimo incontro di banda di ottoni e coro rinascimentale e anche trame elettroniche: «Ogni ambientazione rappresenta un momento che una volta è stato importante nella mia vita», sottolinea Scollo. Da questi colori molto diversi, Gohara crea una drammaturgia speciale. Il suo obiettivo non è raggruppare le canzoni in un “flusso piacevole”, ma creare un “nervosismo” tra le composizioni, per consentire interruzioni, per portare una nuova sorpresa con ogni pezzo.

Il battito delle parole viene ancora una volta dai poeti siciliani che Scollo tanto venera. C’è il Premio Nobel Salvatore Quasimodo, che in “Alle fronde dei salici” racconta di come i musicisti appesero i loro strumenti agli alberi per il dolore delle atrocità tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale. La resa musicale di Etta Scollo è una risposta shock al primo giorno della guerra di aggressione contro l’Ucraina.

Poi c’è Ignazio Buttitta, che lei ammira per il suo impegno politico nei confronti del linguaggio: in “Lingua e dialettu”, utilizza la metafora del latte materno per contrapporre le sue forti immagini identitarie e contro l’anonimizzazione del linguaggio in musica, con un’espressione gladiatoria ma marcia sensibile.

In “A Notti u rici o jornu” rende omaggio a Franco Scaldati, l’amico, l’uomo gentile del teatro e della notte. Usando solo un arrangiamento di archi che ha scritto lei stessa, crea uno scenario notturno in cui le ombre delle persone si incontrano prima delle persone stesse. Che contrasto allora è la sua seconda canzone notturna “Cantanotte”, un avvicinamento alla poetessa ottocentesca Mariannina Coffa che, ogni notte, fuggiva da un matrimonio infelice nel suo mondo di lirismo: ciò che ascoltiamo è la poesia originale nella forma di un valzer festoso con il Theremin, l’unico strumento suonato senza essere toccato. Il suo suono unico trasporta perfettamente l’ascoltatore in questo regno della fantasia.

L’attrice tedesca Hanna Schygulla, una cara amica di Scollo, è un’ospite a sorpresa. Insieme creano l’amara canzone di Brecht/Eisler “Von der Freundlichkeit der Welt/Avò”: «Nelle parole di Brecht, il bambino è abbandonato dal padre, è una situazione di guerra, eppure le donne cercano di trasmettere la sensazione di un abbraccio. Con la sua bella voce scura, Hanna poi inizia a cantare la ninna nanna siciliana “Avò”: sembra una luce alla fine del tunnel».
E infine, proseguendo sul tema madre-bambino, un altro testo di Scollo, “Fuga in La Minore”. Usando il vocabolario musicale, racconta del volo (in italiano, indicato anche con la parola “fuga”, proprio come “fuga”!). Qui affronta la realtà della migrazione odierna con un’ironia amara, quasi da cartone animato. Anche questo viene ripreso in un abbraccio e quindi risolto.

“Ora” non fugge dai molti problemi del nostro tempo in un suono di “benessere”. Il nuovo lavoro di Etta Scollo affronta le sfide di oggi con una poesia profonda e impegnata, il mestolo musicale che attinge liberamente a molte fonti vecchie e nuove. È proprio attraverso questa imperterrita creatività e rettitudine che diventa un’affermazione convincente contro la letargia, contro l’isolamento e la “mancanza di contatto”. coraggio di amare senza esitazione.

Così il musicista Sebastiano Scollo (fratello dell’artista) presenta l’album all’interno del booklet

Etta Scollo fotografata da Giulia Bersani

Con questo progetto Etta Scollo torna a un tema a lei affine: la poesia. E se nella definizione di “poesia per musica” siamo soliti riconoscere quei repertori di liriche che vengono alla luce con una chiara destinazione musicale, possiamo qui, specularmente, riconoscere la vocazione di Etta alla “musica per poesia”. Un’antologia di liriche diverse, moderne e contemporanee, colte e tradizionali, con qualche contributo della stessa autrice, è l’arcipelago tematico di un percorso musicale che si presenta come una navigazione ‘a vista’ di cui la poesia è sempre solo punto d’approdo.
Temi come quello della condizione umana, scrutata nella sua complessità: con la lente dei suoi massimi sistemi di vita e morte fino al microcosmo della comunicazione quotidiana, ma anche alla quotidianità tragica e tutt’altro che routinaria della guerra attuale, restituitaci dal grido di dolore per un’altra guerra (Quasimodo), a ricordarci che sempre il passato è presente.
Temi come il destino di ogni popolo legato a quello della propria lingua madre, in quello che è uno splendido trattato di psicolinguistica in versi siciliani (Buttitta), e da lì al dramma della fuga e della migrazione nello sguardo di un bambino che nascerà, inconcepibilmente, straniero in terra natìa. O nei versi di Franco Scaldati. L’amico, il gentile uomo di teatro e il nottambulo che lei omaggia in “A Notti u rici o jornu”. Con solo una trama di archi scritta da lei stessa, crea uno scenario notturno in cui le loro ombre si incontrano di fronte alle persone reali.
E ancora l’amore, e poi i versi della stessa Scollo a fare da filo narrativo in forma di metatesto della propria fatica creativa. L’album mette radici nella casa catanese di Etta, insieme al produttore Taketo Gohara e al musicista e fonico Niccolò Fornabaio, esponenti di punta della scena musicale italiana.
Qui, nell’intimità di una stanza appartata, totalmente circolare (forse in passato usata per sottrarsi alla calura dello scirocco) e acusticamente congeniale alla musica, i brani, voce e chitarra, sono registrati dal vivo; ma la produzione si arricchisce di una ricerca strumentale raffinata e di collaborazioni preziose: come in ogni suo progetto, Etta Scollo mette al centro l’incontro con altri artisti, che invita a condividere con lei questo spazio artistico in un clima di amicizia, semplicità e concretezza. Le perle di questo progetto sono un brano tradizionale interamente interpretato dai Fratelli Mancuso e, in duetto con la straordinaria Hanna Schygulla, una lirica di Bertold Brecht messa in musica da Hanns Eisler che, dalla ricerca di una disperata fiducia nella “gentilezza del mondo”, scioglie i suoi versi in quelli di una struggente ninna nanna siciliana.

Etta Scollo nella sua casa a Catania, foto di Simone Cerio



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