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C’era una volta in Europa

Blog Non era Oliver Stone che doveva raccontare Vladimir Putin. Troppo americano, Stone, uno che dice pane al pane e vino al vino ma non va al nocciolo della questione. Ci voleva un italiano dei Due Mondi come Sergio Leone. In "C'era una volta in America" l'impassibile Noodles si vendica facendo suicidare il traditore Max, l'ex "fratello" di banda. Nell'occhio criminale di Putin l'Ucraina sceglie di lavare l'onta del tradimento facendosi invadere. Dopodiché restano solo i sogni artificiali dell'oppio cinese

Forse abbiamo sbagliato regista, non era Oliver Stone che doveva raccontare Vladimir Putin. Troppo americano, Stone, uno che sembra dire pane al pane e vino al vino ma senza alla fine andare al nocciolo della questione. Come ha fatto in “JFK”, dove la caparbietà del procuratore Jim Garrison contro la tesi della Commissione Warren che voleva Lee Harvey Oswald unico responsabile della morte di John Kennedy, è l’immagine del “tutto è possibile” degli americani, basta volerlo. Tutto è possibile, anche andare contro tutto l’establisment di un’America bigotta, autoreferenziale e razzista come quella dei primi Anni ’60.

Nella miniserie “The Putin interviews”, realizzata tra il 2015 e il 2017, sembrava che Stone avesse chiesto a Putin tutto e in maniera schietta e diretta. E già allora il presidente russo mostrava i segni della zarificazione della sua Russia, negando alla base la possibilità per un Paese limitrofo come l’Ucraina di poter disporre del proprio destino. Quello, però, che ne uscì fuori dalla miniserie fu un ritratto quasi agiografico di un autocrate del XXI secolo, un uomo solo al comando di un fu impero.

Vladimir putin e Oliver Stone

No, per raccontare Putin ci sarebbe voluto un italiano dei Due Mondi come Sergio Leone. Forse dovevamo scomodare, magari attraverso un medium, l’anima del regista romano per capire cosa si nasconde dietro il volto impassibile del neo-zar del Cremlino, dentro questo energico 70enne il quale sin da ragazzo, come ci ricorda l’attore Stefano Massini, era abituato, nella sua vita giovanile un po’ sbandata a San Pietroburgo, allora Leningrado, a colpire per primo per eliminare i nemici. E non penso solo a Clint Eastwood e all’americanissimo personaggio del pistolero della Trilogia del dollaro, velocissimo con la sua colt, quintessenza cinematografica del motto latino “mors tua vita mea”, uno che sfidava e sovvertiva le leggi sociali del selvaggio West, come la massima “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto” che in “Per un pugno di dollari”, gli ricordava (invano) il bandito messicano Ramon Rojo (Gian Maria Volontè).

Penso sopratutto all’impassibile smorfia di Noodles, magnificato da Robert De Niro in “C’era una volta in America”, film che è un’apologia del tempo e del valore dei ricordi a dispetto di un presente in cui non ti riconosci più. Noodles in quel film era un criminale ebreo, David Aaronson, cresciuto nell’humus mafioso, della mafia italo-americana ancora in auge, della New York di un secolo fa. Un uomo che dopo aver vagato per anni senza meta ritrova “per caso” l’ex amico-fratello di banda Max, colpevole di aver tradito, fingendosi morto durante un conflitto a fuoco con la polizia per far suo il bottino di tutti e cambiar vita diventando un irreprensibile senatore. Cosa fa Noodles per vendicarsi dopo tanti anni di quel tradimento? Nulla, non dà sazio all’ex amico dichiarandolo morto in cuor suo e chiamandolo col nome nuovo, non lo uccide anche se l’ex amico glielo chiede per lavare col sangue la vecchia onta e lascia l’ex amico nei suoi tormenti senili fino a indurlo al suicidio triturato da un camion dei rifiuti.

Robert De Niro e Sergio Leone in “C’era una volta in America”

E quello che ha fatto Putin con l’Ucraina. Nonostante la manifesta invasione – per noi occidentali – del Paese confinante colpevole a suo dire di aver tradito i valori della Grande Madre Russia a favore di quelli occidentali, continua a professare che lui in fondo non ha fatto nulla. Sono stati i separatisti russi del Donbass a chiedergli di intervenire per porre fine al “genocidio” (quando e dove?) a Donetsk e Lugansk. Se l’Ucraina cambia vestito e addirittura pensa di voler aderire alla Nato, nell’occhio criminale di Putin non merita neanche il riconoscimento come stato sovrano. L’Ucraina non è mai esistita, furono i bolscevichi di Lenin a inventarsela. Se l’Ucraina, quindi, nell’occhio senza sentimenti del presidente russo, ha scelto il suicidio, nella maniera più cruenta per lavare l’onta col sangue, chiunque sia cosa può fare per impedirlo?

Vladimir Putin

E alla fine Putin, come Noodles, non può che perdersi tra i fumi dell’oppio cinese, sognando chissà quale futuro. L’oppio è quella droga che procura visioni artificali su quello che accadrà, diceva Leone sulla sua scelta registica. E protetto dalle grandi ali del dragone cinese di Xi, anche Mad Vlad sogna un futuro neo-imperiale come ai tempi della Rus’ di Kiev, correva l’anno 882, lo stato più grande e potente d’Europa.



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