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Brecht e la giustizia istintiva dei reietti

Blog Tanto il caso Mimmo Lucano quanto le traversie del processo agli assassini di Regeni riportano alla ribalta l’eterno problema dello iato che separa il diritto e la giustizia. Azdak nel "Cerchio di gesso del Caucaso" di Brecht è degno giudice d’un tribunale plebeo attento all’elementare giustizia dei dannati della terra. Ma anche il cattolico e moderato Manzoni nell'Adelchi aveva affilato le sue lame, e forse dovremmo tornare a scuola di disobbedienza dal vecchio Thoreau

«Senti, donna, chi non ascolta un grido di aiuto, ma tira avanti, e distrae le sue orecchie, mai più sentirà il lieve richiamo del suo amato, né il merlo all’alba, né il sospiro di sollievo del vignaiuolo stanco, all’Angelus».

Così sentenzia il Narratore nel Cerchio di gesso del Caucaso di Bertold Brecht, provocando il gesto misericordioso della servetta Gruscha, che da quel momento – anziché salvarsi la pelle fuggendo dal Palazzo a soqquadro – trasfigurerà la sua scanzonata adolescenza popolana in un calvario da “madre coraggio”: e per un figlio non suo, per un figlio di feroci tiranni, per un figlio – pirandellianamente – “cambiato”.

Ma perché parlare di Brecht? Perché tanto il caso Mimmo Lucano quanto le recenti traversie del processo agli assassini di Regeni riportano alla ribalta l’eterno e irrisolvibile problema dello iato che separa il diritto e la giustizia, il rispetto della norma e l’urgenza del soccorso, l’osservanza della legge e la forza della compassione.

Bertolt Brecht, Berlino, 1927

Nella Georgia del Cerchio di gesso Gruscha attraversa, col suo imprevisto fardello, lande inospitali e inferni di efferatezza soldatesca e contadina. È un universo orrendo: nulla di più lontano, dal comunista Brecht, della retorica populista. No, il popolo non merita il riscatto perché pio e virtuoso, il popolo vive di stenti e sotterfugi e magagne, perciò ha semmai i suoi campioni nell’eroina-per-caso Gruscha, nel goffo soldatino Simon Chachava e, soprattutto, nel volgare, truffaldino, rissoso, ubriacone scrivano Azdak, degno giudice d’un tribunale plebeo attento, per viscerale condivisione, ai bisogni primari e all’elementare giustizia dei dannati della terra.

Strano comunista, il compagno B. B. Ed è proprio il caso di riproporlo sulle scene, ora che il comunismo è remoto come i diavoli e le streghe (e come loro visita gl’incubi di pochi bugiardi esorcisti) e del grande drammaturgo, teorico e poeta resta un irriducibile nucleo di anarchia e di libero pensiero. Quel Cerchio di gesso lo tracciò negli Stati Uniti, che l’avevano accolto esule dalla Germania nazista e poi lo consegneranno – ai tempi delle persecuzioni maccartiste – all’abbraccio della Germania stalinista. Erano anni di guerra, e sia pure “fredda”; e di guerra scrive Brecht, di una guerra remota e insensata fra potentati che, come spesso accade, si somigliano e si avvicendano.

Nel vortice di questi perenni e insensati capovolgimenti, la giustizia istintiva dei reietti, esercitata “da plebe a plebe” dall’ineffabile Azdak, può ribaltare a sua volta i codici e i decreti che lorsignori fanno e disfanno a proprio uso e consumo (e magari cacciarseli sotto il deretano a mo’ d’irriverente scranno), così sovversivamente disponendo: «quello che c’è deve appartenere a coloro che ne fanno buon uso: i carri ai buoni guidatori, che così procedono bene, la valle ai buoni irrigatori, che così porta frutti, i bambini alle donne materne, che così crescono bene».

Che è come dire: il diritto segua e ricalchi l’elementare, evangelica sete di giustizia delle vittime, dei reietti, dell’incolto Renzo artigliato dai cavilli dell’Azzeccagarbugli, del contadino di Kafka bloccato dinanzi alla inaccessibile porta della Legge, dell’“uomo della Volvo” della Storia semplice di Sciascia che sa ma preferisce fuggire, per non restare schiacciato dal mostruoso Leviatano d’una giustizia stravolta. E Mimmo Lucano aiuti quei disperati infischiandosene di codicilli e balzelli. E a Regeni si renda giustizia, costi quel che costi. Troppo elementare? Forse.

Ma quanto abbiamo insistito, e giustamente, sul concetto di “legalità”, già a partire dall’educazione dei bambini! Ripeto: giustamente. Bisognava combattere l’illegalità diffusa e il crimine mafioso. Ma siamo certi che basti, che quel concetto non sia invece vago e soprattutto affidato alle mutevoli voglie delle élites che emanano le leggi, che le fanno e disfanno solo per soddisfare la loro incontenibile hybris, le loro nefande e mortifere convinzioni?

Ricordate la capitana Carola che forzò i posti di blocco per sbarcare i profughi? Infranse la legge, e fece benissimo: fece prevalere la giustizia sul diritto, l’umanità sulla ferocia. I ragazzi che occupano uno stabile abbandonato e ne fanno un attivissimo centro di servizi per un quartiere disagiato, infrangono la legge: e fanno benissimo. E quante volte Gesù Cristo infranse la Legge, quante volte si prese gioco del legalismo dei “sepolcri imbiancati”! Perché per Lui, come per quei ragazzi, e come per Carola o per Mimmo Lucano, quel che conta è la Giustizia, e cioè l’umanità, l’amore per il prossimo, il soccorso. Non per quest’Italia e quest’Europa di legulei e secondini, che solo la penna di un Kafka saprebbe descrivere in tutto il suo cieco arbitrio, il suo smisurato – e “legale” – orrore.

Carola Rackete e la Sea Watch 3

Ma anche il cattolico e moderato Manzoni aveva affilato le sue lame. Dall’Adelchi: «… loco a gentile, / ad innocente opra non v’è; non resta / che far torto, o patirlo. Una feroce / forza il mondo possiede, e fa nomarsi / Dritto: la man degli avi insanguinata / seminò l’ingiustizia; i padri l’hanno / coltivata col sangue; e omai la terra / altra messe non dà».

Forse dovremmo tornare a scuola di disobbedienza dal vecchio Thoreau, nella sua capanna sul lago Walden: «E allora, perché ogni uomo è dotato di una coscienza? A mio avviso, dovremmo essere prima di tutto uomini, e poi cittadini. Non è auspicabile che l’uomo coltivi il rispetto della legge nella stessa misura di quello per ciò che è giusto. Il solo obbligo che ho il diritto di arrogarmi è quello di fare sempre e comunque ciò che ritengo giusto. […] La legge non ha mai reso gli uomini più giusti, neppure di poco; anzi, a causa del rispetto della legge, perfino le persone oneste sono quotidianamente trasformate in agenti dell’ingiustizia».

Manzoni, Thoreau: arsenico e vecchi merletti dell’Ottocento. E poi, mica è dei loro e nostri paesi civili, dei nostri insigni giuristi e dei nostri tribunali che stiamo parlando, ma di Brecht e di quel remoto, incivile Caucaso: e si sa… c’è del marcio in Georgia.

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