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A Villalba spezzare il mito di don Calò Vizzini è difficile

Blog Il 9 luglio ricorrerà l'80° anniversario dello Sbarco in Sicilia. Dal processo di verifica delle fonti storiche sono emerse cose interessanti, come il problema del rapporto tra la mafia e gli Alleati durante lo sbarco. E' stato riletto anche il ruolo del capomafia villalbese Calogero Vizzini, un cialtrone ammanicato più che un superboss. Ma ancora oggi nel paese nisseno più che vantare prodotti tipici o ricchezze culturali molti amano pensare ancora alla favola cancerogena e falsa del patriarca carismatico

Il prossimo 9 luglio ricorrerà l’80° anniversario dello Sbarco degli alleati in Sicilia. Si prevedono un po’ in diversi luoghi dell’isola convegni, incontri con giornalisti, storici, scrittori e appassionati studiosi. In realtà già nei mesi scorsi qualche dibattito c’è stato e si preparano mostre e visite museali.

In 80 anni molte cose sono cambiate, sia a livello territoriale, demografico che culturale, e negli ultimi anni, grazie alla desecretazione di documenti e file, si è avviato un processo di verifica delle fonti storiche e sono emerse molte cose interessanti, come l’annoso problema del rapporto tra la mafia e gli Alleati durante lo sbarco. La questione è stata messa in dubbio già da parecchio tempo, e oggi molti storici sono concordi nell’affermare che la criminalità organizzata ebbe un ruolo dopo lo sbarco e non prima come molti credevano. A rifletterci, la cosa potrebbe avere più senso se si pensa che questo organo parassitario da sempre si inserisce in istituzioni esistenti, che altri costituiscono, per infestarle, inquinarle, corromperle e piegarle ai loro scopi.

La famosa foto di Robert Capa nei giorni dello Sbarco in Sicilia

Da lì è stato anche riletto il ruolo del capomafia villalbese Calogero Vizzini, del fantomatico fazzoletto giallo con la “L” di Lucky Luciano che sarebbe stato buttato e mostrato a Villalba e di altri aspetti più o meno marginali. Del fazzoletto si è scritto e parlato perfino troppo, e quasi tutti concordano che non sia mai esistito o non ci sono prove di nessun tipo per poterlo dare per vero.

Per quanto riguarda Calogero Vizzini si va – per fortuna – verso un ridimensionamento del mito. Infatti si sospetta che sia non stato il capo di tutta la mafia, sebbene sia stato per certo un capomafia locale con forti interessi economici; per gli americani non era certo un capo carismatico, ma un “ciarlatano”, uno che parlava e parlava e non aveva il potere decisionale nelle alte sfere; anni dopo, per il suo amore di apparire in foto e in interviste, veniva chiamato insieme all’altro capomafia di Mussomeli Giuseppe Genco Russo, “la Lollobrigida” (una presa in giro pungente e molto sarcastica per il presunto capo dei capi di un’organizzazione che si prende sul serio); inoltre, sembrerebbe che non sia esistito un elenco in mano gli Alleati che indicasse le figure da nominare nei ruoli chiavi dopo lo sbarco e che nel caso di don Calò il suo nome sia stato fatto dalla Curia di Caltanissetta in virtù della sua vicinanza familiare col clero, non certo per odore di santità. Insomma non ne esce un quadro mitico, bensì da cialtrone ammanicato di cui tuttora se ne vedono in giro esemplari.

Calogero Vizzini, boss mafioso di Villalba, per tutti don Calò

A Villalba – che come molti paesi piccoli dell’entroterra siciliano tutti i giorni affronta un declino senza precedenti avviato da una ventina di anni – pur possedendo prodotti di eccellenza (lenticchie e pomodoro); beni paesaggisti unici come le caratteristiche colline rocciose chiamate le Serre; figure culturali importanti e internazionali (Dennis Farina attore italoamericano, Joe e Marty Marsala jazzisti italoamericani, Michele Palmieri scrittore noto e studiato in Francia, lo stesso Michele Pantaleone di cui sarebbe necessaria una rilettura), e altre figure nel mondo dello sport, delle arti, della storia, non valorizzati o non tenute a debita considerazione, il racconto negativo di Calogero Vizzini resiste e schiaccia tutto il resto

Michele Pantaleone

Il patrimonio culturale del piccolo paesino nisseno – sebbene negli ultimi anni con grandi sforzi abbia portato uno dei pochi motivi di vanto al di là delle mura del paese – viene tenuto in secondo piano, viene considerato marginale, noioso, di poca importanza, tranne la favoletta di don Calò a cui di nascosto si strizza l’occhio perché appare in video game, perché viene citato in televisione e sotto sotto si trasmette l’orgoglio di essere stati all’apice della piramide (delle violenze o dell’ignoranza?). Eppure davanti alla verità storica ci si altera, essa viene rigettata, rifiutata e mai chiarita con volontà perché come sempre la leggenda, il mito, sono più “gratificanti”. Si crede di possedere una verità segrete, quando invece ha tutta l’aria di essere una narrativa edificante per colmare un ego collettivo illusorio. Per qualcuno venire “dal paese del noto boss” è più storicamente soddisfacente che venire “dal paese della lenticchia”, eppure pare che ci stiamo trasformando – complici anche i tempi moderni – nel paese dove nulla tranne il futile ha importanza. D’altronde, a qualcosa ci si deve pure appigliare e il vuoto è sempre meglio del niente, anche perché si sa, il crollo delle “certezze” non è indolore, sebbene non ci si muore. Ma di mafia si muore, fisicamente ed economicamente.

Una panoramica di Villalba

L’80° anniversario dello Sbarco in Sicilia può essere un pretesto e un buon motivo (qualora servissero motivi e pretesti) per fare chiarezza storica sui fatti e sulle persone che hanno calpestato il nostro suolo, così solo ci sarà la volontà di cambiamenti, se solo si volesse. Se solo si volesse… Dare la parola agli storici fuori dai luoghi accademici è un’occasione da creare e da non perdere. Quando si evita di mettere in luce la verità, la crescita culturale ed economica sarà appannaggio dei soliti appassionati e degli addetti ai lavori. E gli altri? Gli altri come sempre possiederanno delle convinzioni inconsistenti come la polvere, a danno dell’immagine della comunità.

Il male della menzogna mafiosa colpisce tutta la Sicilia e tutta Italia e va pure in là, basta leggere le cronache per comprendere che figure viste come paladine, a riflettori spenti, con atti e mentalità, si impegnano più a perpetrare la bugia, l’occultamento della verità, il mito che non vogliono smentire, mettere in discussione, dissolvere e cancellare.

Io da anni faccio un appello agli storici al fine di colmare una lacuna, ho chiesto e chiedo che si scriva una monografia (non copia e incolla) su Calogero Vizzini, con lo scopo di far emergere ciò che è ha fatto realmente e per infrangere una volta per tutte la favola cancerogena e falsa del patriarca carismatico.

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