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Saggistica e poesia inaugurano febbraio. Copertine per Guillermo Fadanelli e Aldo Nove

Le letture consigliate da Salvatore Massimo Fazio

Blog Febbraio entra con la poesia di Francesco Cusa (Robin), Valerio Mello (Ensemble), Roberto Pimuni (Scalpendi), con i libri copertina di Fernando Guillermo (Arkadia) e controcopertina di Aldo Nove (Il Saggiatore ripubblica "Woobinda" e pubblica il nuovo "Pulsar"). Debutta CN, marchio editoriale del gruppo mantovano Oligo che pubblica il Leopardi "inglese" di Silvia Girometti

La poesia di Francesco CusaValerio Mello e Roberto Piumini inaugurano la doppia settimana del nostro blog: il primo per Robin, il secondo per Ensemble, il terzo per Scalpendi. Interessante il primo volume del 2024 per Giazira che per penna di autori vari presenta le storie e i racconti del mondo scout. Il Saggiatore si impone con diversi titoli: dal sociale e psichiatrico con “Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin” di Franco e Franca Basaglia a Vincenzo Levizzani, autore di “Quando fuori piove. Storia e futuro della pioggia” a Julio Llamazares con “Diversi modi di guardare l’acqua” e Federico Maria Sardelli che onora il genio musicale con “Vivaldi secondo Vivaldi. Dentro i suoi manoscritti”. Deborah Levy con “Cose che non voglio sapere” (NN Editore) è la sorpresa da scoprire. Il 9 febbraio gli scelti in copertina: Arkadia conquista il #librocopertina con “Hotel DF”, di Guillermo FadanelliAldo Nove con “Pulsar” e “Woobinda”, per Il Saggiatore, si aggiudica la controcopertina. Debutta nel nostro blog CN, il nuovo marchio editoriale del gruppo Oligo, con “Giacomo Leopardi e la cultura inglese” di Silvia Girometti.

Che ve ne pare di questo passaggio a febbraio? Buona lettura a tutti e arrivederci a martedì 13!

Le uscite di martedì 30 gennaio

Francesco Cusa, Il giusto premio, Robin

Finire. Si muore nel buio dei secoli con gli ultimi respiri pietrificati e le iridi spalancate d’azzurro nel ricordo silenzioso del mare

Dodicesima opera del Maestro Francesco Cusa, musicista col “vizio” letterario tra racconti e poesie, quinta silloge dove i versi demarcano un momento cruciale del recente vissuto del poliedrico artista, musico, poeta e scrittore etneo.

Valerio Mello, Hypsas, Ensemble


S rive Andrea Carnevale: «Il fiume scorre, trascina, pulisce, conduce ciò che conserva e lo porta in offerta. Il denso e mirabile poemetto di Mello fa diventare le antiche divinità – a cominciare da quella fluviale a cui è ispirato e dedicato – incarnazioni stesse della Poesia e del suo attraversare la storia. Un fluire che conserva e innova a ogni svolta le sue origini (il mondo greco e l’acume virgiliano), che travolge una lingua che non sa più dire per offrirla in sacrificio nel suo andare, con una voce che “abita a ritroso”, verso la sorgente di ogni domanda».

AA.VV., Mamma che rover! Storie, racconti e visioni da un campo scout, Giazira

Le storie nascono da un atto d’amore. La vita di un personaggio, i luoghi che attraversa, le avventure che vive, tutto si sviluppa da un atto d’amore. Quello del narratore, che coltiva la sua storia con una dedizione tale da donarla al mondo nel momento in cui tutto nella sua testa diventa bello al punto da essere incontenibile. Da qui viene l’esigenza di condividere una storia ed è così che il mondo diventa più ricco: grazie alle storie che i narratori concepiscono, amano e condividono. Ecco perché questo libro è un dono prezioso che ti offrono i tanti autori di queste storie, giovani rover degli Scout Cngei che, guidati da Cristiano Marti (editore ed esperto di scrittura creativa) hanno unito i loro immaginari e coltivato le trame che ti appresti a leggere. Fallo senza fretta. Prenditi il tempo necessario. Quello che serve allo stupore.

Le uscite di venerdì 2 febbraio

A cura di Franco e Franca Basaglia, Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, Il Saggiatore

“Morire di classe”, pubblicato originariamente nel 1969, è un’opera eccezionale. Criticando attraverso immagini inequivocabili le condizioni in cui si trovavano gli ospedali psichiatrici italiani dell’epoca, fu un importante fattore nella battaglia di Franco Basaglia per far chiudere quegli istituti. Insieme un libro fotografico, politico e so- ciologico; un libro da guardare – o da cui distogliere lo sguardo – tanto quanto da leggere. Gli scatti in bianco e nero di Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin – due dei più rappresentativi fotografi italiani – dove si alternano muri, porte, chiavi, corpi, materassi, alberi, camicie di forza, sguardi vivi in corpi imprigionati, furono realizzati in quattro ospedali diversi. Nel manicomio di Gorizia diretto da Basaglia i criteri di contenimento tradizionali erano stati abbandonati, mentre la reale situazione dei manicomi era evidente a Colorno, Ferrara e Firenze, dove i fotografi poterono andare solo una volta e non furono ben accolti. Le foto e i testi, selezionati da Basaglia stesso (tra gli altri sono raccolti brani di Erving Goffman, Michel Foucault, Primo Levi, Jonathan Swift, Rainer Maria Rilke e Peter Weiss), impongono al lettore una presa di coscienza inevitabile: perché la società e la psichiatria sono molto cambiate, ma la domanda sul rapporto tra follia e società e sulla funzione della cura e delle istituzioni non ha perso di senso.

Roberto Piumini, Panegimo e altri poemi, Scalpendi editore

C’è un luogo felice della letteratura, in cui scrittura poetica e narrazione sono rimaste unite. Lì, la voce (fiato/suono/corpo/ritmo) non si limita alla cronaca lirica, all’avvenimento del sé, ma racconta storie, allarga il gioco all’avventurosa diacronia del mondo. Dopo i suoi sonetti (nostrani ed elisabettiani) raccolte di canti, parodie (il Melangolo, Interlinea, Feltrinelli) dopo la traduzione dei Sonetti e di Macbeth di Shakespeare, di Paradiso perduto di Milton, di poemi di Browning, de l’Aulularia con finale apocrifo di Plauto (Bompiani, Einaudi) e i poemi de “Il piegatore di lenzuoli” (Marietti1820) Roberto Piumini propone ai lettori adulti l’oralità ricca e soddisfacente della poesia narrativa. A Panegìmo, nella prima storia, accade di scrivere una poesia di tre versi, diassoluta perfezione. Per pubblicarla degnamente, intraprende un lungo viaggio, durante il quale i primi due versi perdono tutta la loro bellezza: nel primo caso salvandolo da una condanna a morte, nel secondo facendo innamorare una persona. Panegìmo raggiunge infine le Edizioni Stellari, dove l’ultimo verso incontra l’incresciosa avidità dell’editore, e sacrifica la perfezione che aveva conservato in un ultimo dono. Nel secondo poema, il solitario traghettatore Nemau trasporta di qua e di là del fiume, a lunghi intervalli, una viaggiatrice, diretta ogni volta a nuovi amori. A ogni passaggio, silenziosamente innamorato di lei, il traghettatore vede diminuire in lei la  bellezza, l’entusiasmo e la vitalità: fino a quando, con decisione sapiente ed efficace, lui risolve la questione. Nel terzo poema, uno straordinario mascheraio è ingaggiato da una duchessa per un carnevale, in cui Bamberto cade vittima innocente di un atroce scherzo di cortigiani, ed è condannato alla decapitazione. Nel buio della cella, con l’inconsapevole aiuto del mite carceriere Sciapignac, il mascheraio prepara quello che, insieme a certe cipolle e a un fedele cavallo, lo porterà a salvezza.
Oltre ai tre poemi, il libro propone un particolare gioco. Generoso è il gioco della lettura di poesia, in cui alla vastità-intensità-intimità della parola, risponde, con risonanze, ardimenti e movimenti, la visione di chi legge. A qualcuno piace prendere appunti, scritti a bordo pagina o in spazi tipografici vuoti, su foglietti inseriti fra le pagine, persino in quaderni di lettura, straordinari libri paralleli, preziosi e personali libri-risposta. In questo libro si dà spazio, nelle pagine di sinistra, ad alcuni dei tanti possibili giochi di lettura come la scelta del verso preferito, o meno apprezzato, la modifica, soppressione o aggiunta di un verso, tra quelli della pagina a destra. Lo stesso può farsi per più versi, in libero esercizio del gusto: avendo l’accortezza di accettare la scommessa metrica, rispettando il ritmo in endecasillabi del poema. Al di fuori di questi (o altri possibili) interventi sul testo, lo spazio di sinistra può servire a osservazioni linguistiche, critiche, riferimenti narrativi, notazione di ricordi o sviluppi di fantasia, e così via, in un’agenda operativa, linguistica e emotiva, pagina dopo pagina, del libro. Un’agenda che, oltre ad arricchire il contenuto espressivo del libro coi suoi momenti di gioco e memoria, lo renderebbe enormemente più ricco in quella situazione che, per un libro di poesia, è tra le più preziose: essere prestato, o regalato, a una persona amica o amata.

Vincenzo Levizzani, Quando fuori piove. Storia e futuro della pioggia, Il Saggiatore

Dopo averci accompagnati all’interno delle nubi e averci insegnato a riconoscerle, Vincenzo Levizzani ci porta ora alla scoperta di uno dei fenomeni più rilevanti non solo per la vita stessa del pianeta, ma anche per i sistemi culturali, religiosi e artistici di tutta l’umanità: la pioggia. Dal diluvio universale biblico alle danze sciamaniche per invocarla, dal culto di Giove Pluvio agli dèi precolombiani: l’umanità ha sempre avuto consapevolezza dell’importanza e del fascino della pioggia. E anche del suo potenziale distruttivo. Partendo dalla cultura e dall’arte per arrivare alla scienza e alla meteorologia, Levizzani racconta tutto quello che possiamo desiderare sapere sulla pioggia. Sul suo passato e sul suo futuro, su cosa significano siccità e temporali per il domani della Terra, su come si generano e come cambiano il mondo intorno a noi.

Julio Llamazares, Diversi modi di guardare l’acqua, Il Saggiatore

“Diversi modi di guardare l’acqua” è il romanzo di un malinconico ritorno a casa, il racconto corale di come la memoria attraversi sempre le generazioni. L’anziano contadino Domingo è morto con un desiderio in- compiuto e i suoi familiari si incontrano per provare a esaudirlo, almeno postumo: la moglie, che con lui ha condiviso tutto; i figli, che hanno abbandonato progressivamente la casa di famiglia per lavorare in città; i nipoti, così distanti dalla sua concezione di vita eppure ancora capaci di comprenderla e ammirarla. Si radunano tutti davanti a un piccolo lago racchiuso dalle montagne, sul cui fondo giacciono invisibili agli occhi degli estranei le rovine di villaggi abbandonati e i ricordi dei vecchi abitanti come Domingo, al quale un giorno qualcuno ha ordinato di andarsene e farlo subito; la loro città sarebbe stata sommersa per la costruzione di una gigantesca diga, e loro avrebbero dovuto ricominciare la loro vita da un’altra parte. Gli eredi di Domingo si riuniscono sulle sponde di quel la- go per restituire il defunto al luogo cui è sempre appartenuto con lo spirito, ognuno di loro costretto nel mentre a confrontarsi su quella riva con il trauma che ha segnato la storia della famiglia. In questo romanzo Llamazares raccoglie le loro voci e i loro ricordi, la loro malinconia avvolta dallo stesso silenzio che circonda il paesaggio, disegnando così i contorni di una figura ingombrante e carismatica, un uomo duro ma gentile, saldo ma fragile, simbolo di un’epoca giunta alla fine, che non per questo è concesso dimenticare.

Federico Maria Sardelli, Vivaldi secondo Vivaldi. Dentro i suoi manoscritti, Il Saggiatore

Antonio Vivaldi è stato forse il compositore più oggetto di equivoci di lettura e deliberati fraintendimenti tra quelli del suo tempo. Riscoperto relativamente di recente rispetto a Bach o Händel, infatti, la sua musica ha subito per decenni letture estremizzate e approcci superficiali. Ancora oggi ci si inganna credendo che sia un autore facile o leggero, e le sue partiture poco più di tracce stenografiche da integrare con ornamentazioni, improvvisazioni, effetti speciali e ogni tipo di licenza interpretativa. Federico Maria Sardelli, tra i più autorevoli studiosi e interpreti del maestro veneziano, con quest’opera ridà il giusto valore alle intenzioni di Vivaldi. Grazie a una ricognizione minuziosa sulle sue istruzioni musicali manoscritte, Sardelli rivela come le partiture siano, in genere, già complete di molte indicazioni utili all’esecuzione. Al contrario della vulgata, infatti – e sebbene Vivaldi non abbia mai scritto un solo rigo sulla sua musica, la sua poetica, il suo modo di comporla o eseguirla –, queste carte lo rivelano come il compositore italiano barocco più prodigo d’informazioni tecniche e musicali. Guidati da Sardelli, entriamo per la prima volta in intimo contatto con i suoi manoscritti, rivelatori di un’impressionante mole di notizie, cruciali per ricostruire il suo modo d’intendere e d’interpretare le sue creazioni.
A metà tra saggio speculativo e manuale pratico, questo li- bro, che si impone anche per la brillante vena scrittoria, ci permette di avere accesso come mai prima a un universo musicale, in cui ogni effetto risulta perfettamente calibrato e ponderato per emozionare l’ascoltatore.

Le uscite di venerdì 9 febbraio

Libro copertina, “Hotel DF” di Guillermo Fadanelli, Arkadia

Tutto ruota attorno a un hotel nel centro di Città del Messico e ai personaggi che vi transitano: due turisti europei, un giovane artista in fuga dal successo, una ragazza benestante e un manipolo di sicari. Pare che l’hotel sia anche la base di una banda criminale, ma non è molto chiaro di quali crimini si tratti. Nonostante le premesse, tuttavia, Fadanelli ci porta da un’altra parte. Al grande autore spagnola non interessa il thriller e la violenza rimane sullo sfondo. In realtà ecco emergere un anti-thriller, in cui il vero protagonista è il caseggiato, le vite che ospita e, in senso più largo, la metropoli, con una serie di percorsi che si incrociano in modo mirabile. Città del Messico e i suoi abitanti, pian piano, prendono il sopravvento, aprendo al lettore una pluralità di punti di vista che sono narrati con maestria e capacità non comuni, immergendoci in una realtà ben più complessa di quanto potrebbe apparire a prima vista: l’indifferenza degli abitanti della metropoli nei confronti di ciò che li circonda, l’abbandono degli anziani, il vuoto di un mondo in cui le persone non si parlano più.

Silvia Girometti, Giacomo Leopardi e la cultura inglese, CN/OLIGO

La ricerca ha lo scopo di evidenziare il contrasto fra l’isolamento recanatese e la spaziatura degli interessi di Leopardi verso il mondo intero, a dispetto delle difficoltà che un intellettuale italiano di provincia nell’Ottocento doveva affrontare per tenersi aggiornato. In particolare, l’attenzione si concentra sull’effetto più o meno consapevole della cultura inglese sulla meditazione leopardiana, in cui il confronto con il pensiero di filosofi, estetologi o letterati anglosassoni restituisce un’accezione nuova e una trattazione originale. Offrendo stimoli per un aggiornamento sull’influenza di Leopardi alla produzione letteraria inglese successiva, lo studio si concentra sulla risposta del poeta recanatese agli autori inglesi precedenti o a lui contemporanei, in una sorta d’intervista ideale.

Deborah Levy, Cose che non voglio sapere, NN Editore

Nel primo volume della sua Autobiografia in movimento, Deborah Levy si sposta tra i suoi tre luoghi del cuore, che hanno avuto un impatto indelebile sulla sua vita. Il primo è Maiorca, l’isola dove si ritira per riflettere e ritrovarsi; il secondo è il Sudafrica, il paese della sua infanzia, segnata dall’arresto del padre militante contro l’apartheid; infine, l’Inghilterra, il paese che l’ha adottata e dove ha trascorso un’adolescenza da esule prima di scoprire la scrittura. Affidandosi alla memoria e a una penna vitale, acuta e ironica, capace di illuminare le felicità più cristalline così come le depressioni più cupe – le cose che non vogliamo sapere, quelle che rischiano di inghiottirci quando ci troviamo ad affrontare gli abissi della vita – l’autrice prova a far luce sulle ragioni della sua scrittura e delle sue scelte, nel tentativo di comprendere il suo percorso di donna e di scrittrice. Cose che non voglio sapere è un memoir femminista sulla scia di Rachel Cusk, Simone De Beauvoir e Virginia Woolf, la storia di una donna sradicata che nella scrittura trova lo strumento per far sentire la propria voce.

Libri controcopertina, “Woobinda” e “Pulsar” di Aldo Nove, Il Saggiatore

Aldo Nove

Aldo Nove, Woobinda

Ragazzi e ragazze pronti a uccidere i propri genitori per aver comprato il bagnoschiuma sbagliato, uomini e donne adulti che si vestono eleganti per andare a fare i turisti nel luogo di una strage, o che trasformano il proprio cellulare in un sex toy. Tutto questo e molto altro è contenuto nelle pagine di “Woobinda”, tornato in libreria grazia a Il Saggiatore. Un libro che dalla sua prima comparsa, nella stagione cannibale del 1996, non ha mai smesso di provocare, disturbare e divertire, raccontandoci la violenza del capitalismo e la dissoluzione umana. Come un televisore in preda allo zapping, Aldo Nove ci mette davanti a un vortice di storie esilaranti e mostruose che non concedono mai un lieto fine e sul cui fondo, come un jingle fastidioso, passa la storia di quegli anni: l’incidente di Vermicino, la guerra del Golfo, l’ascesa politica di Berlusconi. Un carosello di banalità e goffaggini, solitudini e crudeltà, capace allo stesso tempo di spaventare e suscitare tenerezza; di mostrare il vero aspetto di una società schiacciata tra il consumismo e lo schermo televisivo, con il pericolo di riconoscervi ciò che eravamo e chiederci che cosa mai siamo diventati.

Scrittore e poeta, Aldo Nove (Viggiù, 1967) tra i suoi libri in prosa ha scritto “La vita oscena” (2010) e “Amore mio infinito” (2022). Tra quelli di poesia ricordiamo “A schemi di costellazioni” (2010), “Poemetti della sera” (2020) e “Sonetti del giorno di quarzo” (2022). Il Saggiatore ha in corso la pubblicazione della sua intera opera e sempre il 9 febbraio pubblica l’ultimo romanzo “Pulsar”.

Aldo Nove, Pulsar

Pulsar comincia nel 1967. In quell’anno nasce la voce che racconta questa storia. Una voce che racconta dell’amore per sua madre, per i suoi nonni; che parla di Viggiù e della sua infanzia. L’infanzia è infatti la stella pulsante nelle vite di ciascuno di noi, le cui onde influenzano chi siamo e soprattutto chi saremo. Il racconto di questa voce si forma anno dopo anno, perché nella vita di un bambino ogni anno è un secolo e una rivoluzione, ogni anno è un’esplosione di vita incontrollabile. Poi, a un certo punto, si interrompe: l’infanzia finisce, e la voce capisce che anche lei deve trasformarsi. Deve farsi storia di tutti, deve raccontare il percorso di un’umanità verso un futuro sempre più incomprensibile e pieno di violenza. Allora si passa dall’«io» al «noi», dalla storia individuale alla narrazione per decadi, con le loro catastrofi. Si passa alla speranza di continuare a sentire l’eco della stella che pulsa, alla speranza che l’infanzia non finisca e che, anzi, possa cambiare la collettività, la storia e l’avvenire. L’infanzia che è il gesto d’amore supremo. La stella che non muore.




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