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Pupi, lupi e gufi

Blog Cronaca di una notte illuminata a giorno dai lampi del temporale e senza il conforto della luce elettrica, habitat perfetto perché le proprie paure escano fuori. Ecco che gli ambienti interni ed esterni diventano potenziale nascondiglio di allieni e mostri vari o pericolosi ladri. Ma il vero il vero "pavor nocturnus" è un altro...

Si svegliò di soprassalto nel cuore della notte! Il rombo dei tuoni scuoteva pauroso ogni cosa mentre i fulmini si susseguivano azzurrini infilandosi nelle fessure della serranda chiusa a metà. La sua mano corse veloce verso la peretta dell’abatjour ma questa non si accese perché mancava la luce.

Maledisse mentalmente il suo sciocco ed altezzoso sostenere che disordine è genialità; pensando a dove potessero essere le candele comprate per le emergenze come questa! Chissà in quale cassetto dormivano tranquille e sicure salvando ancora una volta cera e stoppino. Probabilmente sbadigliavano stiracchiandosi nella loro villeggiatura illimitata tra mappine, posate e tappi di sughero, alla faccia dell’incauta padrona di casa. Rassegnata a quella momentanea cecità domestica si ripromise che il giorno dopo avrebbe comprato qualunque cosa potesse produrre luce:  lampade a petrolio, lucciole in un vaso di vetro, selci da sfregare con fatica.

Certo,  il giorno dopo… Arrivarci… al giorno dopo!

Serrò gli occhi e cercò il sonno ma questo era andato, come la luce elettrica. Il suo cervello si dispose ad un certo grado di allerta quasi fiutasse il pericolo imminente. Nella sua mente le tessere di un mosaico del terrore correvano slegate, ma non per questo meno terrificanti e ricostruivano scene di film visti e sedimentati nella memoria. D’istinto trovò riparo sotto le coltri che calde l’accolsero. Dopo alcuni minuto però, sia per riacquistare qualche brandello di dignità personale, sia perché non poteva più respirare tra le coperte serrate, emerse come un cetaceo all’aria fresca, prima con il solo naso e poi  con gli occhi.

Il temporale adesso era proprio sulla sua testa ed i fulmini saettavano elettrici e senza tregua tra violenti scrosci di pioggia. Poiché di alzarsi ed andare a cercare candele e fiammiferi non se ne parlava nemmeno, rimase immobile a pensare. Si accorse così che, mista a quella certa paura della paura, si intrigava una sorta di temerarietà, antico retaggio rettiliano, che ha preistorica fascinazione del buio e delle sue incognite. La piega insolita la disponeva alla sperimentazione di una sceneggiatura horror.

Nell’oscurità, oltre la finestra, tra gli alberi scossi dal vento, le sembrò di scorgere una strana sagoma che ricordava vagamente quella umana ma molto leggera quasi fluttuante nell’aria: la mente corse veloce al pensiero che potesse trattarsi di un alieno; la figura esile e la testa sproporzionata,  ambedue indizi di una super specializzazione intellettiva lo definivano nell’extraterrestre degli incontri ravvicinati del quarto tipo. Si diceva  che venissero a rapire per scopi sperimentali gli umani per analizzarli e studiarli a bordo delle loro astronavi. Perché poi tra 10 miliardi di persone dovevano portarsi via proprio lei, non lo capiva  e una sorta di euforia, quasi beffarda la sorprese a ridacchiare. Che idea infatti si sarebbero fatti delle femmine umane scegliendo lei che, oltre ai suoi guai, aveva anche la camicia da notte leggermente sbiadita ed i capelli sporchi. Di sicuro avrebbe avuto il merito di salvare il pianeta: infatti una volta arrivata sull’astronave la sua discinta presenza avrebbe convinto gli omini grigi dell’inutilità della loro  missione e, determinando di colpo un calo di interesse verso gli umani, gli UFO avrebbero deciso di abbandonare per sempre non solo la Terra ma anche l’intero Sistema Solare.

Il vampiro Nosferatu

Il bagliore  di un lampo ancora più forte e riflesso nello specchio la distolse dall’alieno  per accorgersi che lì seduto, ai piedi del suo letto c’era Nosferatu, vampiro  dalla lunga e curva figura, stereotipo culturale del cinema d’altri tempi,  utile succhiatore di sangue per ipertesi, e terrorizzatore a tempo perché costretto alle prime luci dell’alba, alla sua bara di rovere. Lo sentiva  nel buio totale della stanza mentre il temporale si spostava per visitare altri quartieri della città. Cercava di individuare il Principe della Notte sulla traccia di una leggera dispnea che ben presto avrebbe taciuto nell’affondo infettivo dei lunghi canini sul collo quando avvertì un tintinnio metallico di chiavi.

Il rumore di ladri, nostrali come le melenzane, la sollevò dal salasso giugulare, e di quelli che manomettevano indisturbati la porta di ingresso, a breve avrebbe percepito la presenza sulla soglia della camera da letto. Come avrebbero reagito nel non trovare soldi o gioielli? Pensava già alla difficoltà  di proporre in negoziato, i duecento euro destinati alle bollette  lasciate a decantare sul tavolo.  In tutti i casi la soluzione era rimanere immobile  così come aveva sempre convinto le sue figlie quando queste erano bambine  per trattenerle sul lettone e godere dei teneri abbracci.

Si commosse al ricordo di come faceva loro credere che il letto fosse una zattera tra i flutti di un mare tempestoso e pieno di squali, lo spazio di salvezza nei confronti di non mai identificati “pupi, lupi e gufi” che le induceva ad abbracciare la loro mamma alla guida sicura della zattera della vita.

Improvvisamente, in un bagliore accecante e definitivo, tutto prese forma e colori: la sua camera da letto si concretizzò nel disordine abituale e la TV si accese su un confronto tra uomini e donne. Individui  maturi, ridicolmente agghindati a festa, alla ricerca di affetto tardivo, animavano squallide schermaglie amorose  in una trasmissione di successo. Le pupille le si dilatarono, il cuore pompò più veloce, spingendo il sangue verso il cervello. Questo era il vero pavor nocturnus, il drammatico passaggio a cui era difficile opporre qualunque tentativo razionale di conforto.

Spense tutto e si costrinse seriamente  a dormire.

 

 

 

 

 

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