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Nel nome della Dea Cerere il turismo slow a Enna si fa in rete

Itinerari Un gruppo di 40 aziende, tra artigiani e piccoli imprenditori del territorio del Geopark Rocca di Cerere hanno creato, insieme a 19 partner di cui è capofila la Cna di Enna, tre consorzi per la promozione di un turismo alternativo ed esperienziale, oltre che green e rispettoso di un territorio dalla storia millenaria, che faccia perno sull'unicità del paesaggio, sugli antichi saperi e sui sapori identitari

La terra come valore da cui partire per rilanciare l’economia di un territorio, seguendone il ritmo. E al centro della Sicilia il ritmo della vita è quello del battito del cuore, quello che bisogna ascoltare per riuscire a goderne a pieno. Qui un gruppo di 40 aziende, tra artigiani e piccoli imprenditori del territorio del Geopark Rocca di Cerere (Enna, Aidone, Assoro, Calascibetta, Nissoria, Leonforte, Piazza Armerina, Valguarnera e Villarosa) hanno creato, insieme a 19 partner di cui è capofila la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa di Enna, tre consorzi per la promozione di un turismo alternativo ed esperienziale, oltre che green, slow e rispettoso dell’identità di un territorio dalla storia millenaria, che faccia perno sull’unicità del paesaggio, sugli antichi saperi e i sapori identitari.

La città di Enna

Qui sui Monti Erei, dove il colore del paesaggio cambia ad ogni stagione, i dati sul turismo non sono incoraggianti nonostante gli oltre 250 siti archeologici fruibili (e molti abbandonati), i numerosi sentieri naturalistici, i siti minerari e i monumenti storici.
Assecondando le ultime tendenze del mercato turistico, il progetto – il cui nome è ancora da stabilire – coinvolge solo le eccellenze del territorio, opportunamente selezionate e formate, e mira ad intercettare non orde di turisti interessate solo a selfie d’effetto, ma piccoli gruppi di visitatori che hanno voglia di entrare in sintonia con questi luoghi, per assaporarne quel ritmo lento e genuino, lo stesso che si respira nelle botteghe e tra i campi.
Un visitatore che abbia voglia di dedicarsi del tempo per osservare, per scoprire e per conoscere; tempo per parlare con la gente del luogo, per scoprire i segreti degli artigiani e quelli dei cuochi, tempo per mettersi in gioco e sporcarsi le mani, per fare esperienza; tempo per masticare e gustare lentamente quelle pietanze profumate, che qui vengono preparate ancora come un tempo, con materie prime di altissimo livello. Il progetto, finanziato con i fondi del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) Sicilia 2014-2022, è ancora in fase di sviluppo, e nonostante si trovi ancora in una fase embrionale è stato testato su un piccolo gruppo di invitati che, alla vigilia della Settimana Santa, hanno potuto sperimentare in prima persona l’offerta turistica che i tre consorzi (“Together”, “Esporti” e “Sapori di Demetra”) sono già in grado di offrire, ma che perfezioneranno nel corso del prossimo anno.

Alcuni dei protagonisti del progetto davanti alla Torre di Federico

Il nostro tour inizia dalla Torre di Federico, uno dei luoghi simbolo della città di Enna, forse meno conosciuto del più noto Castello di Lombardia a cui fa da contraltare svettando dalla parte opposta della città, quella più nuova. E’ qui, a pochi passi dall’ingresso del parco, che ci imbattiamo nel primo importante tassello di questo progetto.

Rosario Umbriaco e l’arancino gourmet che unisce la Sicilia

Qui, più che in altri luoghi, il cibo è una summa di storia, antiche sapienze, paesaggio, tradizione e costume a cui Rosario ha saputo bene innestare l’innovazione. Nella sua “Tavola calda e bottega” si possono gustare degli arancini più unici che rari: maschili nel nome (come a Catania), rotondi nella forma (come a Palermo). D’altronde siamo a metà strada, nel cuore della Sicilia, nel suo ombelico.
Simpatico e vulcanico, Rosario Umbriaco è un figlio d’arte dello street food: sia il bisnonno che il nonno vendevano hot dog nell’America degli Anni 20 e 30. Fu papà Francesco Paolo a tornare in Sicilia negli Anni 70, per mettere su famiglia ed aprire l’attività ad Enna.

Rosario Umbriaco

Ed è a papà Francesco Paolo che Rosario si ispira per le sue prelibate creazioni, arancini gourmet che non hanno eguali e per i quali usa esclusivamente ingredienti identitari (badate bene, non tipici) del territorio. Il suo cavallo di battaglia, quello che lo ha reso famoso, è certamente l’arancino al Piacentinu ennese: due strati di riso con all’interno una fonduta di piacentinu ricoperta di ricotta fresca e prezzemolo. Non sono da meno i suoi arancini con funghi porcini dell’Etna, vastedda del Belice e mortadella di asino di Chiaramonte Gulfi, oppure quello dedicato a papà Francesco Paolo che racchiude ben 24 ingredienti e che, in un solo morso, restituisce tutti i profumi della Sicilia: dai capperi al finocchietto selvatico, dall’acqua di mare (in cui è cotto il riso) al pomodoro siccagnu. La panatura, poi, è realizzata con pangrattato di grani antichi, che aderisce al riso solo grazie alla sua naturale umidità.
Street food ma non solo. Di Rosario Umbriaco, insignito del titolo di “Ambasciatore della gastronomia ennese nel mondo”, sono eccellenti anche i cannoli che prepara solo in occasioni particolari: un equilibrio perfetto tra una cialda sottilissima e fragrante e la crema di ricotta non troppo dolce; alle estremità scaglie di cioccolato modicano o cubetti di arancia candita preparata per lui dall’amico e collega Corrado Assenza (Caffé Sicilia di Noto).



Dalla periferia al centro storico

L’organo del Duomo di Enna

Dalla “periferia” ci spostiamo al centro storico di Enna per una doverosa visita al Duomo intitolato a Maria Santissima della Visitazione: una grande e affascinante chiesa a croce latina che all’interno presenta un tripudio di stili tra i quali riusciamo a districarci grazie alla guida attenta e puntuale di Sabrina Murgano dell’Associazione Guide turistiche di Enna. E’ lei che spiega al gruppetto di attenti e curiosi visitatori le tante vicissitudini di questo magnifico Duomo che presenta colonne di alabastro, volte gotiche e vetrate colorate, oltre ad uno stupefacente organo – ancora funzionante ma che nessuno suona più – tutto custodito e protetto da un tetto ligneo a cassettoni, che da solo vale la visita. Nei locali della Sacrestia, poi, si ammira il “Casciarizzo”, un mobile adibito alla custodia di paramenti e oggetti sacri realizzato tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700 in legno di noce intagliato, e sul quale sono rappresentate le scene della vita di Gesù Cristo, ma ci si perde ad ammirare la moltitudine di figure allegoriche e mascheroni che rappresentano la vittoria del cattolicesimo sugli infedeli (tradizionalmente rappresentati come i mori di fede musulmana).

Un dettaglio del “Casciarizzo”

Per raggiungere la nostra prossima tappa facciamo una passeggiata a piedi su via Roma, strada principale lungo la quale si sviluppa buona parte della vita amministrativa e commerciale. Passeggiando col naso in su, indugiando su ogni basola che ci conduce fino al cuore del centro storico, constatiamo quanto sia effettivamente bella questa piccola città. In una manciata di metri basta voltare lo sguardo a destra e a sinistra per rendersi conto di essere totalmente immersi nella bellezza: il portale di palazzo Pollicarini e piazza Napoleone Colajanni; il Santuario di San Giuseppe, e poi giù fino a piazza Umberto I su cui sia affaccia l’ex Municipio, oggi Teatro Garibaldi... certo, a immaginarla senza auto sarebbe ancora più bella.

Marilisa Milano e l’ospitalità diffusa

Marilisa Milano

Se sei nato in un luogo così, difficilmente te lo dimentichi. Marilisa Milano è una di quelle che in questa terra c’è tornata dopo una lunga esperienza all’estero, in Spagna esattamente, dove per alcuni anni è stata responsabile della comunicazione e del marketing per una importante catena di fast food spagnola. Dopo un lungo girovagare (in soli tre anni ha inaugurato ben 82 punti vendita in tutta la penisola Iberica) nel 2016 è rientrata in Sicilia per motivi familiari, ed ha subito sentito forte il richiamo della sua terra, così ha deciso di rimanere, incentivata anche dalle numerose opportunità di lavoro che il settore turistico le proponeva. Da lì la scelta condivisa con Emiliano Padalino, il compagno di sempre (nella vita e nel lavoro), di mettere su famiglia.
Il primo amore non si scorda mai, e così Marilisa, che da ragazza aveva fatto una importante esperienza proprio nell’accoglienza turistica e che oggi è la presidente dei giovani imprenditori del Cna, decide di investire in quel lavoro che tanto le piace e che le permette quel continuo confronto con sempre nuove persone e altre culture. Nasce così, in un antico palazzo del 1800, il B&B Bianko Eco Chic, che non è solo una piccola struttura ricettiva, ma un modello di ospitalità che ha fatto dello stile di vita green, eco e plastic free la sua cifra stilistica: tutte le camere sono dotate di saponi naturali, realizzati dall’azienda “Magia verde” di Pergusa e imbottigliati rigorosamente in vetro, il classico kit di benvenuto non esiste e le stoviglie sono lavabili. Ai turisti che lo richiedono sono fornite anche delle e-bike per gli spostamenti, e anche la colazione qui ha tutto un altro sapore, perché a tavola c’è quello che Marilina prepara per le sue bambine: frutta fresca di stagione, formaggi e yogurt del territorio, dolci e pane fatti in casa, marmellate artigianali… Una formula vincente con la quale Marilisa ed Emiliano riescono a lavorare tutto l’anno (da marzo a ottobre con i turisti stranieri e nei mesi invernali principalmente con i viaggiatori business o di prossimità), tanto che nel giro di pochissimi anni hanno aperto altri B&B e gestiscono appartamenti per conto di terzi– inaugurando di fatto l’attività di property managment che qui mancava – per un totale di 30 posti letto, tutti concentrati al centro storico di Enna. E’ proprio a fianco del B&B Bianko Eco Chic, attualmente chiuso per lavori di ristrutturazione che lo trasformeranno presto in una struttura al 100% eco-sostenibile, che il nostro tour segna la prossima tappa.

Angelo Scalzo, l’alchimista della bottega del restauro

Angelo Scalzo

“Chi lavora con le mani è un manovale; chi lavora con le mani e con la testa è un artigiano; chi lavora con le mani, con la testa e con il cuore è un artista”. Il cartello posizionato dietro alla postazione di lavoro è eloquente, e anche il visitatore meno curioso una volta entrato in questa piccola bottega incastonata nel cuore del centro storico di Enna, a pochi passi dalla Chiesa di San Cataldo, capisce subito di trovarsi in un luogo unico: più la bottega di un alchimista che quella di un restauratore. Tra le cataste di mobili antichi e preziose cornici, si intravede una credenza di ampolle colorate sulle cui etichette scritte a mano si legge: terra di ambra, cera d’api, colla di coniglio, gommalacca naturale, pece greca… Sono gli ingredienti naturali che Angelo Scalzo utilizza nella sua bottega del restauro, una bottega eco-compatibile ed eco-sostenibile, in cui vernici sintetiche e prodotti industriali sono vietate.

I materiali naturali della bottega di Angelo Scalzo

Angelo è un artista follemente innamorato del suo lavoro, una passione nata da bambino che grazie a mamma Emilia è diventata lavoro, e forse anche qualcosa in più. Lo studio è alla base del lavoro di Angelo che si è formato all’Istituto d’arte e ha mosso i primi passi a bottega, dal maestro falegname e tornitore Don Peppino, per poi volare a Firenze, nella culla dell’arte, dove ha frequentato la Bottega di restauro. Ma è a Enna che Angelo ha trovato la sua dimensione, in quella bottega che da 35 anni gli regala soddisfazioni, forse anche grazie a quella onestà intellettuale che ritiene necessaria nel suo rapporto con il committente/cliente. E poi ci sono loro, i mobili, le credenze, le cornici che Angelo restaura, ma non prima di averle osservate e studiate a fondo. Poi attraverso il lavoro delle mani Angelo entra in sintonia, crea un rapporto unico con ogni singolo pezzo, finendo per conoscerne fino in fondo ogni fibra, al punto da sentirlo intimamente suo. Angelo racconta il suo mondo, il suo lavoro, la sua arte ammaliando i visitatori che coinvolge attivamente trasformando una semplice visita in un’esperienza unica. La sua piccola bottega è come una grande agorà aperta ai visitatori, ma anche luogo d’incontro di poeti, artisti, politici e liberi pensatori.

Palazzo Pennisi, Parco minerario di Floristella Grottacalda

La seconda giornata prende le mosse dal Parco minerario di Floristella Grottacalda, sito di archeologia industriale tra i meglio conservati in Sicilia e testimonianza viva di quella fiorente e drammatica epoca dell’oro giallo siciliano. Dall’austero Palazzo Pennisi, antica residenza della famiglia proprietaria successivamente sede degli uffici della zolfara, Michele Barbano, guida dell’Associazione italiana Guide ambientali escursionistiche, accompagna i visitatori alla conoscenza del vasto complesso estrattivo spiegando le differenti tecniche d’estrazione e di fusione dello zolfo, e alternando i racconti delle miniera a quelli della botanica e della “porno-botanica”, come ha simpaticamente ribattezzato il racconto delle singolari tecniche riproduttive dell’orchidea panormita.

Nino e Ambrogio D’Angelo, casari storici e artigianali

Nino e Ambrogio D’Angelo

Il nostro itinerario prosegue nella campagne di Assoro, esattamente in contrada Dainamare, nei pressi di Valguarnera Caropepe, dove incontriamo i fratelli Nino e Ambrogio D’Angelo, titolari dell’azienda agrozootecnica F.lli D’Angelo e artefici di un piccolo miracolo: sono un modello di economia circolare. Nei loro 70 ettari di terra producono il foraggio per le loro greggi di pecore da cui mungono il latte – a mano e meccanicamente – che poi viene lavorato a crudo nel caseificio, oggi dichiarato storico, che hanno ereditato da papà Giuseppe. In questo luogo Nino e Ambrogio ci sono praticamente nati, perché papà Giuseppe, oggi 80enne, ci ha lavorato tutta una vita prima di consegnarlo definitivamente ai figli. In questa azienda che mette insieme tradizione e innovazione, Nino e Ambrogio producono ogni giorno 20 Kg di ricotta e 20 Kg di formaggio per il quale, manco a dirlo, utilizzano solo caglio naturale e un procedimento antico. Grazie a una deroga riservata ai caseifici storici, per la produzione Nino e Ambrogio possono ancora utilizzare il calderone in rame tradizionale. Il risultato va necessariamente assaggiato di persona, perché nessuna descrizione potrà mai restituire la bontà dei loro prodotti.

Nino D’Angelo lavora sul tradizionale calderone in rame

Dalla ricotta alla tuma, dal primo sale al pecorino stagionato, questo caseificio è una piccola Babele del gusto e ogni morso vi regalerà una suggestione, avvolgendovi in un tripudio di odori che vanno dalla terra all’erba fresca. Un discorso a parte merita il Piancentinu Ennese dei fratelli D’Angelo, lavorato con lo zafferano di loro produzione – Nino e Ambrogio fanno parte della Cooperativa Oro Rosso di Sicilia che fornisce zafferano a tutte le aziende che producono Piacentinu Ennese Dop – e che come tutti gli altri formaggi di loro produzione si può gustare solo qui o nelle piccole botteghe alimentari della zona. Spinti da una politica che mette al centro il rispetto per gli animali, per l’ambiente e per il naturale ciclo biologico, infatti, Nino e Ambrogio hanno scelto di limitare la loro produzione casearia mantenendo alta la qualità dei prodotti, che nonostante non siano pubblicizzati in rete o sui social network, grazie al passaparola e a gruppi di acquisto organizzati, da qualche anno riescono a raggiungere anche il mercato estero.

Valguarnera Caropepe

La nostra visita termina a Valguarnera Caropepe, fiorente polo tessile fino alla fine degli Anni 90, dove continuano ad operare un pool di piccole e medie imprese altamente specializzate nel settore tessile, tanto che i bene informati raccontano che il conduttore televisivo e fashion designer Enzo Miccio abbia recentemente realizzato qui, nel cuore dell’entroterra siciliano, la sua ultima collezione moda.

Paolo Totò Bellone e la straordinaria scoperta della Casa Museo Caripa

Ultima tappa del nostro viaggio è la Casa Museo Caripa: uno scrigno d’antichità nel cuore del centro storico di Valguarnera Caropepe, un edificio nato come torre di controllo in epoca medievale e trasformata nei secoli in abitazione privata. A raccontarci della singolare storia di questa Casa Museo è il suo artefice e scopritore, nonché il presidente dell’Associazione Valguarneresi nel Mondo, Paolo Totò Bellone.

Paolo Totò Bellone nella Casa Museo Caripa

L’idea iniziale era quella di acquistare l’antico edificio, in vendita da oltre 10 anni, per realizzare un B&B. Varcata la soglia, i volontari dell’Associazione Valguarneresi nel Mondo capitanati da Bellone si sono subito resi conto della straordinaria scoperta. L’appartamento appartenuto alla famiglia Virgone per tre generazioni, una famiglia della media borghesia, ha custodito il mobilio, le suppellettili, gli abiti e i documenti appartenuti alla famiglia dalla prima metà dell’800 alla seconda metà del 900. Ripulita e in parte riordinata, la Casa Museo è stata riportata al suo stato originale e oggi si presenta come un percorso espositivo su più piani dove è possibile trovare abiti, profumi, riviste e farmaci di quasi un secolo, oltre a mobili, suppellettili e documenti. Un luogo che non smette di stupire e che potrebbe riservare ancora altre sorprese. I volontari dell’associazione, infatti, non hanno ancora terminato di sgomberare gli scantinati che potrebbero rivelare altri pezzi della storia di Valguarnera e, forse, anche qualche dettaglio sulle misteriose associazioni massoniche. Tra i tantissimi oggetti esposti nella Casa Museo, uno in particolare ha attirato la nostra attenzione: le Scarpette di zolfo, manufatti oggi molto rari che un tempo venivano modellati e dipinti a mano dagli zolfatari per le occasioni speciali, come ad esempio la nascita di un figlio.

Le scarpette di zolfo della Casa Museo Caripa



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