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In Perù Marco Selvaggio al centro della musica: «Ho ancora in testa gli applausi per il mio hang»

Globetrotter Dopo quasi due anni e mezzo di stop forzato a causa della pandemia, l'avvocato-musicista catanese è tornato a viaggiare nel mondo insieme con l'inseparabile hang drum. Meta quest'anno il Perù, Paese affascinanante ricco di storia, di paesaggi mozzafiato e di gente calorosa, cha ha abbracciato la musica acustico-elettronica di Selvaggio con curiosità iniziale e trasporto finale: «Suonare e vivere costantemente in viaggio è quello che amo»

Finalmente arriva il 9 aprile. Sono passati quasi due anni e mezzo dall’ultimo tour col mio hang, era il gennaio 2020 quando andai in Asia per visitare con la mia musica  Thailandia, Cambogia e Birmania. In quel momento il coronavirus era solo una “lontana” emergenza cinese. Da allora per quasi due anni e mezzo non ho potuto viaggiare “seriamente” a parte qualche parentesi di concerto alle isole Azzorre e alle Canarie: la pandemia è stata una vera maledizione per la musica e per le arti in genere. E’ il 9 aprile e quando salgo sull’aereo il cuore torna a battere più forte che mai: l’emozione di suonare in giro per il mondo è il sogno che mi accompagna sempre da ragazzo e mi sento di essere immerso in queste sensazioni magiche. Il Perù mi attende!

10 aprile, destinazione Lima!

Marco Selvaggio a Lima, foto Ricardo Curay

Distrutto, atterro a Lima e nonostante il fuso orario inizio a girare come un forsennato. Conosco subito gente del luogo. Dormo in ostello (rigorosamente in camera privata ormai tenuto conto della mia insonnia che mi porta a scrivere e comporre quasi ogni notte) e conosco gente in maniera così semplice da essere quasi la cosa più naturale del mondo. Dei ragazzi peruviani si offrono di farmi scoprire la città e inizio ad esplorare il quartiere di Miraflores, molto turistico ma molto bello. Si surfa pure a Lima!! Vorrei prendere la tavola ma non ho tempo per questo! Il 10 aprile, difatti, ho il primo live set al Pariwana. Durante il pranzo, preparo i suoni elettronici che mi accompagneranno durante metà del mio soggiorno peruviano. Mi siedo alle 18.30 e inizio a suonare. La gente non aveva mai visto l’hang e resta a bocca aperta. Super felice riesco a malapena ad arrivare in stanza e crollo col sorriso.

11 aprile, entro dentro il sogno

Incontro Ricardo Curay, fotografo peruviano  che mi fa scoprire ogni angolo remoto della città, dal quartiere di Barranco e Lince alle stradine delle favelas (rigorosamente dal taxi)! Facciamo qualche scatto. A pranzo si mangia rigorosamente ceviche (una sorta di pesce marinato di oceano) che si trova ovunque nei ristoranti della città. Da provare! Dopo una lunga giornata vado a El Paradero dove tengo il secondo concerto. Aprono due artisti peruviani e per finire l’hang diventa il protagonista della serata. Sono dentro il sogno.

12 aprile, tra le rocce rosse di Paracas

La riserva nazionale di Paracas

Mi sveglio all’alba! Bus direzione Paracas!! Una ridente cittadina a 3 ore e mezza da Lima sul mare. Spiagge stupende. Il sole picchia. Esploro con una guida locale. Siamo solo io e lui. Mi porta nei punti più remoti e alti dei promontori. Cerco la vista perfetta della costa. La trovo! La roccia è rossa (probabilmente dovuto alla presenza di ferro) e le spiagge ricordano il colore dei tramonti. Non siamo in Sicilia ma un po’ di odori la ricordano. L’oceano è immenso ed è tutto pronto per il terzo concerto. Ormai il sorriso è una costante del viaggio.

13 aprile, a Huacachina, oasi nel deserto

L’oasi di Huacachina

Una volta sveglio, papaya e succo di mango e bus per Ica! Un’ora e mezza e mi ritrovo a Ica ma nemmeno il tempo di vedere il centro prendo un taxi (i costi son davvero irrisori per fortuna) e vado a Huacachina, un’oasi in mezzo al deserto. Uno dei posti più suggestivi e strani che mi sia capitato di vedere. E’ totalmente isolato dalla città ma raggiungibile in soli 15 minuti. Prendiamo i quad e ci inoltriamo nel deserto. Distese infinite, dune fino a che l’occhio raggiunge il suo limite. Devo correre, ho un bus notturno di 15 ore per Arequipa, la città bianca. Arrivo alla stazione e via… Ore 20.45 si parte.

14 aprile, ad Arequipa l’hang conquista il Woodstock

Marco Selvaggio suona al Woodstock di Arequipa

Verso le 10.30, un po’ distrutto, arrivo ad Arequipa. I tempi in Perù son davvero lunghi e dilatati, non esiste la puntualità ma fa parte del mood del viaggio. Bisogna adattarsi al loro spirito avventuriero o per meglio dire disorganizzato. Arequipa è un piccolo gioiellino situato al centro del Perù! E’ già abbastanza alta sul livello del mare, qui si sentono un po’ i sintomi dell’altitudine, giramenti di testa e un po’ di spossatezza ma niente di che per fortuna. Incontro Oswald, un fotografo locale, ed iniziamo a esplorare. Mi porta a conoscere le chiese e i posti più difficili e accessibili.

La cattedrale di Arequipa

Scattiamo un po’ di foto ed essendo la Semana santa (Settimana santa) iniziamo a mangiare per le strade della città e tutto quanto mi ricorda un po’ la via Plebiscito di Catania. I peruviani sono molto accoglienti e disponibili e anche generosi. Oswald mi porta a suonare al Woodstock un locale che fa spesso musica live. Il proprietario era molto scettico, non conosceva lo strumento. E’ bastata la reazione del pubblico ed il suono dell’hang a incantarlo. Non voleva più smettessi e voleva che tornassi il giorno dopo.

Marco Selvaggio al Woodstock di Arequipa

15 e 16 aprile, 11 ore per arrivare sul lago Titicaca

Il lago Titicaca visto dall’isola di Taquile

Prendo un bus di 8 ore, oalmeno quelle dovevano essere le ore di percorrenza da Arequipa a Puno. Il bus, però, si guasta e ci mettiamo 11 ore o poco meno. Arrivato a Puno, la cittadina sul lago Titicaca, a 3.800 metri circa sul livello del mare i postumi si fanno sentire tutti. Un giorno di adattamento è stato quasi necessario. E’ stata dura ma ci son riuscito. Escursioni a 4.000 metri, visita all’isola di Taquile. Pranzo con i locali vestiti in abiti tradizionali e vista mozzafiato. Una distesa d’acqua dolce senza fine, a metà strada tra Bolivia e Perù, un sogno! La sera faceva molto freddo e allora si beveva emolliente (lo chiamavano così), venduto in strada, e mate de coca, soluzioni naturali ai disturbi di altitudine. Poi mangiavo le zuppe di Quinoa e la carne di alpaca. Ormai ero dentro il loro mondo.

Dal 17 al 21 aprile musica e magia a Cusco 

Marco Selvaggio a Cusco

Arriva il giorno più atteso: direzione Cusco, la città che dicono sia la più bella del Perù! Dopo 9 ore finalmente riesco a metterci piede. Alzo lo sguardo a Plaza des Armas e resto incantato tra le stradine di questa incantevole città che fa da base per le Rainbow Mountains, Machu Picchu e La Sacred Valley. Inizio uno dei due concerti che farò al Pariwana, una casa vecchia che ha con sé i profumi del vissuto. Il Pariwana ha una corte immensa, lucine ovunque e l’aria è quella giusta! C’è uno sciopero locale degli agricoltori e il mio tour a Machu Picchu viene spostato. Tutte le strade son bloccate, la città si riempie di polizia ma è tutto molto tranquillo.

Colori e stili peruviani a Cusco per Marco Selvaggio

Cerco di capire come arrivare a Machu Picchu e mobilito le mie “amicizie” locali. Riesco a riprogrammare la mia visita per il 21 aprile! Sembrava utopia (molte visite vengono programmate con giorni o settimane di anticipo e online non c’erano più posti per l’ingresso al sito archeologico). La fortuna tuttavia mi ha sempre accompagnato anche stavolta è stata la mia fida compagna. 

Marco Selvaggio al Machu Picchu

Il 18 aprile conosco Diego, un antropologo e fotografo, che mi accompagna in giro per ogni angolo di Cusco e mi racconta la storia della città e dei suoi abitanti mentre scattiamo un po’ di foto in giro. Si respira aria magica tra gli ambulanti e i sapori di cibi a me sconosciuti. Mi preparo al concerto al Wasicleta, un posto incantevole., una piccola corte piena di tavoli e lucine sospese. Mi sento nuovamente dentro un film. Son posti dove fanno spesso, se non tutte le sere, musica dal vivo, posti che ispirano decisamente gli artisti e invogliano a suonare senza nemmeno chiedere. Mi siedo, chiudo gli occhi e inizio a muovere le mani. E’ magia dentro la magia, vorrei solo non finisse mai.

Il Wasicleta di Cusco

Il giorno dopo esploro i posti meno accessibili di Cusco e inizio lo shopping tra ponchi, mantelli, ceramiche e cibi locali. L’ultimo concerto mi vede suonare con dei ragazzi argentini conosciuti in ostello: hang, cajon, tromba, flauto, chitarra ed elettronica. Salta fuori qualcosa di nuovo e l’improvvisazione entusiasmante prende il sopravvento. Ci perdiamo nel divertimento dei suoni e fino a tarda notte non smettiamo di suonare. Il tour finisce qui e mi sale già un po’ di malinconia, la voglia di non voler più andare via e di vivere costantemente in viaggio. 

22 aprile, si torna a Lima

Marco Selvaggio Lima, foto Ricardo Curay

Direzione Lima, si ritorna alla capitale, questa volta con un volo interno perché le distanze sono lunghe. Un’ultima notte prima del volo per l’Italia. Arrivo distrutto, è stato un viaggio nel viaggio. Penso a quanto vissuto. Prendo carta e penna e comincio a scrivere. Collaborazioni con artisti locali verranno presto alla luce e nuove canzoni sono già nella mia testa. Una boccata di sana ispirazione che mancava da tempo, la musica reale tra i popoli, i locali pieni e gli applausi ancora in testa. Il sonno prende il sopravvento e nonostante il sogno sia finito arrivo in Italia e mi accorgo che comunque fa tutto parte della vita e che siamo davvero a due passi da ogni Paese del globo.

Ascolta l’ultimo singolo di Marco Selvaggio

La mia musica intanto va avanti. E’ su tutte le piattaforme digitali “Flight” una canzone realizzata col producer tedesco Head Under Water con il quale collaboro per la seconda volta e che riesce a miscelare l’hang in maniera magistrale. A livello di eventi, invece, il 21 maggio 2022 suonerò al Base di Milano per la Ponderosa (il management di Ludovico Einaudi per il quale ho suonato lo scorso 21 dicembre al Teatro dal Verme di Milano) per il We World Festival. Il 25 giugno suonerò in Francia a Nizza per un concerto privato in un posto davvero suggestivo ma è tutto work in progress. In estate conto di suonare moltissimo in Sicilia. Son felice per come stanno andando le cose e la mia vita. La musica ne fa parte e camminiamo di pari passo.



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