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Giusy Sciacca ed Elena Camaioni, la primavera letteraria è femmina e siciliana

Blog La Sicilia è protagonista in questa settimana che apre la primavera: due tra le nuove (e migliori) autrici contemporanee battezzano la copertina. Giusy Sciacca e Eliana Camaioni, infatti, proseguono la scia femminile d'innovazione stilistica e contenutistica. Chiudono la copertina il prodromo dal sapore estivo di Iacopo Gardelli per Fernandel e i sentimenti del lago di Garda e del monte Baldo di Permunian per Oligo

Settimana di trionfo in casa nostra, la primavera è femmina e catapulta in anteprima due colleghe che curano la cultura per SicilyMag e Messinatoday. Per i tipi di Neri Pozza Giusy Sciacca debutta con il romanzo (ma vanta un’ottima eco di racconti) con “D’amore e di rabbia” (libro copertina), meravigliosa indagine in quel mondo del sindacato, intersecato con la stupidaggine aristocratica di un secolo fa nella Sicilia orientale accompagnata da uno stile che meraviglia e rilancia l’ex novo. Per lo #SpecialeSicilia, anche l’autrice messinese Eliana Camaioni esce oggi con “Portami con te” (Algra Editore), sequel del successo dello scorso anno “Nessun dorma“, dove il tema dell’amore visto da diverse prospettive la fa da padrona, con altro stile innovativo. Bonfirraro è l’altro editore inserito nello speciale con  Francesco Luca Ballaro e Francesco Daniele Miceli autori di La Pasqua in Sicilia. Un itinerario storico, iconografico e religioso della settimana santa nell’isola” (anche loro in uscita il 21).

Il libro controcopertina, invece, è pubblicato dalla ravennate Fernandel Editore: a tre mesi dall’estate Iacopo Gardelli ci fa assaporare la stagione più calda con “L’Alsìr. Romanzo balneare“. Spicca lo #SpecialeIrriducibile, in onore di Francesco Permunian: nuovo romanzo per i tipi di Oligo. L’autore di Cavarzere dal 2019 ha pubblicato con una cadenza statistica semestrale, facendo successo di genere, per ogni titolo. Beatrice Salvioni, conLa Malnata“, (Einaudi) è l’esordiente più attesa. Dal fronte nord europeo giunge Rombodi Esther Kinsky, per gli specialisti di Iperborea. Ma la settimana è intinta di bellezza, proprio come la stagione primaverile: da Marta Zura-Puntaroni per effequ e Valeria P. Babini che pubblica per tipi di Fefè editore “Montessori prima di Montessori, 1896, la laurea è l’inizio di una rivoluzione” a Elena Martelli, con “All’aria sparsi. Storia culturale dei capelli. Chiudono i nostri consigli, la doppietta di Graphe.it Edizioni con il bel saggio sul segno della croce e NN Editore e minimum fax, con due nuovi autori. Infine, ma primi ad essere annunciati di seguito, i flashback della scorsa settimana con Carlo Vecce che racconta la madre del genio Leonardo con “Il sorriso di Caterina, la madre di Leonardo” per Giunti e Massimo Canevacci con “Supore indigeno“, Mar dei Sargassi edizioni.

Buon inizio di primavera!

Flashback della scorsa settimana

Carlo Vecce, Il sorriso di Caterina, la madre di Leonardo, Giunti

L’opera di Carlo Vecce non è solo un godibilissimo romanzo ma è anche un punto e a capo, una scoperta che diventa occasione di rinascita e di dibattito nel mondo degli studi leonardeschi

La vita di Caterina, la madre di Leonardo. Un libro che si fonda pure su molteplici scoperte di carattere scientifico, sul ritrovamento di documenti (ma non solo) capaci di riscrivere la storia dell’origine del genio da Vinci. Un’opera destinata ad aprire un dibattito importante tra i maggiori leonardisti al mondo. Caterina è una ragazza selvaggia, libera come il vento. Corre a cavallo su altopiani, ascolta le voci degli alberi, degli animali, degli dèi e degli eroi. La sua vita trascorre al di fuori del tempo; la sua parabola sembra promettere un futuro luminoso, fin da bambina. Poi, un giorno, improvvisamente, ella viene trascinata con violenza nella Storia. La sua esistenza finirà per intrecciarsi con un’umanità varia, infinita, che non ti aspetti. La sua vicenda, poi, si farà grande: uno dei figli che ha messo al mondo, Caterina l’ha amato più della sua vita. E sa che lui l’ha amata allo stesso modo. La sua felicità è stata dargli tutto quello che aveva: il suo infinito amore per la vita, per le creature e per la libertà. Il nome di quel bambino, lo conosciamo tutti: era Leonardo.

Massimo Canevacci, Stupore indigeno, Mar dei Sargassi edizioni

Un diario di viaggio nelle viscere del Brasile: “Stupore indigeno” si articola intorno ai margini smarginati e a un intermezzo che affronta le difficoltà di viaggiare tra i localismi rivendicati o subiti e i cosmopolitismi vissuti o desiderati. Massimo Canevacci si orienta in una costellazione concettuale ed emozionale che unisce un vissuto personale al racconto delle comunità indigene incontrate – Bororo, Xavante e Krahô – e dei loro usi e rituali osservati dall’interno. Le esperienze riportate anticipano la battaglia a cui queste culture sono state chiamate dal governo Bolsonaro, a difesa del loro diritto originario su terre già sotto attacco missionario e latifondista. Relegati in uno spazio fisico e temporale minore e selvaggio, i nativi sono tuttora costretti a rivendicare la propria esistenza, trovando nei mezzi digitali e nell’incontro con il nuovo, il modo di tutelarla. Canevacci offre una testimonianza preziosa di come costringere gli indigeni in musei viventi e immutabili sia solo un tentativo di privarli del potere di ribellarsi.

Le uscite di martedì 21 marzo

Libro copertina, “D’amore e di rabbia” di Giusy Sciacca, Neri Pozza

Giusy Sciacca (dettaglio) Foto di Giovanni Tinè

Giusy Sciacca (dettaglio di foto di Giovanni Tinè)

Un romanzo siciliano che racconta di un avvenimento terribile negli anni dell’ascesa del fascismo. Il racconto di un mondo spietato e arcaico, dove tra lussi e misere povertà prendeva corpo un dramma sociale che avrebbe segnato la Sicilia per decenni. Giusy Sciacca, in “Canto d’amore e di rabbia”, ci restituisce una Sicilia arcaica e sanguigna che si lacera sotto le spinte di una modernità scandalosa, impaziente e ribelle che chiede cambiamento. Ispirato a un vero fatto di cronaca avvenuto nel 1922. E raccontato con rigore e attenzione. Fuori da qualsiasi stereotipo narrativo siciliano. In questa storia appare anche la madre di una scrittrice importante e amata: Goliarda Sapienza.

Una storia nella storia, una curiosità che mette insieme realtà e finzione, ricostruzione storica e personaggi inventati. Sicilia, luglio 1922. A Lentini, centro agricolo della provincia siracusana sotto il fiato dell’Etna, avviene un sanguinoso fatto di cronaca, poi sepolto dalla polvere. Tra i protagonisti anche Maria Giudice, fervente sindacalista di origine lombarda e madre della scrittrice Goliarda Sapienza. Alla vigilia della prepotente affermazione fascista, nella cittadina si consuma un’accesa lotta di classe tra la decadente nobiltà latifondista, arroccata nel palazzo baronale dei Beneventano della Corte, e i braccianti.
In mezzo, sul confine lacerato di quei due mondi, c’è Amelia Di Stefano, una donna fuori posto. Un proverbio popolare siciliano recita che un uccello in gabbia non canta per amore ma per rabbia. Amelia è una donna in trappola. Catanese di nobili origini, ha pagato duramente un errore commesso da giovane. Ora, tradita dalla famiglia e dagli amici altolocati della Catania dei salotti, si ritrova «in esilio» a Lentini, dove oscilla tra la relazione clandestina che la vincola a Francesco, primogenito del potente Barone Beneventano della Corte, e il carisma della fiamma ideologica di Mariano Fortunato, personalità di spicco del sindacalismo locale. Attorno a lei, il popolino, la putìa di Santina, i dammusi umidi, i colori e le voci del mercato, le corse dei devoti a piedi scalzi, le vanedde strette, la Grotta dei Santi e i suoi miracoli. A confortarla, saranno l’affetto di Enza, capociurma di campagna dall’identità dirompente, il sorriso imperfetto di Tanino, l’amico artigiano, o ancora la presenza di Ciccio lo sciancato, ultimo tra gli invisibili, che c’è sempre. I due universi convivono, si intrecciano. E Amelia sempre in mezzo, sempre in bilico. Fino a quando non si imporrà l’imperativo di una scelta. E allora nulla sarà come prima.

#SpecialeSicilia, “Portami con te” di Eliana Camaioni, Algra Editore

Eliana Camaioni

Uno young adult, prequel di “Nessun dorma”, ambientato a Messina fra i suoi luoghi e le sue leggende, fra palazzi nobiliari e bus affollati, racconta con il cuore dei diciotto anni il più potente dei sentimenti: quello che muove il Sole e le altre stelle, e non conosce età

Messina, anni ’90, durante una gita scolastica al Museo, Alianna Braschi, studentessa all’ultimo anno di liceo classico, conosce Marco Stagnoli, fascinoso compagno di quinta B. Inciampando sulla moquette della Carrozza Senatoria, sulla quale Alianna era salita di nascosto, verranno fuori le tracce di un antico restauro fatto con colla e fogli di un giornale russo che attirerà l’attenzione di Marco: in caratteri cirillici si racconta di un manoscritto antico, strappato in due e conteso da altrettanti studiosi, cento anni prima. Un documento che, se ricomposto, svelerebbe proprietà rivoluzionarie del legame dell’acqua e spiegherebbe il segreto dei segreti: ciò che sta alla base dell’innamoramento. Marco conosce bene quella leggenda e trovare la metà perduta del documento diviene la sua missione, nella quale coinvolge Alianna.

Francesco Luca Ballaro e Francesco Daniele Miceli, La Pasqua in Sicilia. Un itinerario storico, iconografico e religioso della settimana santa nell’isola, Bonfirraro

La Sicilia, durante i giorni della Settimana Santa, diventa un palcoscenico a cielo aperto davvero entusiasmante: tutto è in movimento tra processioni, riti, celebrazioni, rappresentazioni con personaggi viventi e statue. Gli autori hanno voluto raccogliere in un unico testo centinaia di “Settimane Sante” siciliane, in un itinerario che mostrasse come in poche ore, la stessa terra, presenti cento caratteristiche diverse, cento riti, mille gesti e mille simulacri che rendono la Sicilia un’isola da vivere e vedere sempre con occhi nuovi. Maria Addolorata, trafitta da un pugnale, diventa simbolo femminile indiscusso di questi giorni. Dalle storiche confraternite di Enna alle grandi Vare di Caltanissetta, dai misteri di Trapani ed Erice alle Varette di Messina e Barcellona Pozzo di Gotto, dalle maschere dei diavoli di Prizzi, dai colorati costumi dei Giudei di San Fratello ai Babbaluci (o babbaluti) incappucciati di numerosi altri comuni. Rappresentazioni viventi che vanno sotto il nome di Vasacra, Scinnenza, Casazza… ma che pur sempre non cambiano la storia raccontata nel Calvario di ciascun paese, che numerosi comuni hanno sotto forma di terrazzo, piazza o sagrato. Il libro racconta quindi la Settimana Santa in Sicilia da tanti e svariati punti di vista, provandola ad analizzare provincia per provincia, iniziando dall’aspetto religioso, sino a quello etnoantropologico, passando per i canti popolari (Lamenti, Lamentanze) di molti Venerdì Santo dell’Isola, ma anche dolci e piatti tipici (agnello pasquale, uova, cassata, spina santa, taganu). Bande Musicali, marce funebri, lamentatori, portatori, troccole, campane, lutto, viola e nero. Ma anche gioia della Pasqua, nell’Incontro (o scontro) tra la Madre e il Figlio o nella sfilata di “Santoni” giganti di cartapesta. Crocifissi issati su pali e poi tutti i personaggi che rivivono ogni anno: Maria, Maddalena, Giovanni, Giuda, Pietro. L’opera, grazie ai contributi fotografici, diventa un documento unico da “passare” alle nuove generazioni e soddisfare la sete di bellezza dei siciliani e di chi siciliano non è. La teatralizzazione del mistero della Passione di Cristo è, quindi, la sintesi di quanto finora detto: le piazze cittadine diventano palcoscenici in cui ancora, dopo millenni, il sacrificio di Cristo si compie e anno dopo anno si consegna a bambini, giovani, adulti, divenendo rigenerazione di legami di appartenenza, di famiglia, di sangue, atavica contemplazione della morte come scriveva lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia. Prefazione di William Tornabene.

Beatrice Salvioni, La Malnata, Einaudi

Già in corso di traduzione in ben 32 Paesi, “La Malnata” è l’esordio letterario di Beatrice Salvioni, vincitrice del Calvino per la narrativa breve nel 2021. Questa è la storia di un’amicizia tra due ragazze, Francesca, di origine borghese, e Maddalena, etichettata da tutti come «la malnata», ossia una che porta disgrazie. Siamo nel 1935, in un mondo senza sfumature, dove tutto è bianco o nero. È in questo mondo che le due ragazze impareranno l’importanza della disubbidienza e il significato di crescere in un contesto in cui le uniche voci che contano sono quelle degli uomini. Solo la forza di un’amicizia indissolubile può spingere due ragazzine a ribellarsi all’ingiustizia. Soprattutto nel gretto conformismo dell’Italia fascista. Un’adolescente reietta, e una coetanea che impara a conoscerla per davvero, al di là di ogni pregiudizio. E che grazie a lei trova il coraggio di far sentire la propria voce, la propria verità. Un coinvolgente romanzo di formazione sullo sfondo di una provincia padana oppressa dal controllo, dal sessismo e dalla violenza del Ventennio.
L’esordio di Beatrice Salvioni ha incantato gli editori di tutto il mondo. Esce in contemporanea con l’edizione italiana in Francia, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Turchia, Bulgaria e, a breve, anche Stati Uniti e Germania. È in corso di traduzione in 32 lingue. «La Malnata emerge dalle pagine talmente viva che ti pare di poterla toccare. È un personaggio che ogni editore vorrebbe avere nel suo catalogo» – Anne Michel, Albin Michel, Francia; «Beatrice Salvioni è un’assoluta rivelazione letteraria. Ricorda autrici come Elena Ferrante e Joyce Carol Oates» – María Fasce, Lumen, Spagna.

Le uscite di mercoledì 22 marzo

Esther Kinsky, Rombo, Iperborea

Il nuovo, acclamato romanzo di una delle più importanti scrittrici tedesche contemporanee, vincitore del Premio Kleist e candidato al Deutscher Buchpreis. «In seguito, tutti avrebbero parlato del suono. Del “rombo”. Con cui cominciò.» Tra maggio e settembre 1976 due violente scosse di terremoto colpiscono il Friuli, squarciando drammaticamente il paesaggio e l’esistenza di chi lo abita. A rievocare quei giorni sono sette sopravvissuti, sette abitanti di un villaggio della Val Resia, nell’estremo nord-est della regione. Uomini e donne all’epoca già adulti o ancora bambini di cui ricostruiamo via via le vite immergendoci nella realtà quotidiana dell’arcaica comunità montana di origini slave cui loro appartengono, con la sua peculiare identità linguistica e culturale, le sue usanze e leggende, il suo retaggio storico-politico di zona di confine. Dai loro racconti, accomunati dall’esperienza della paura e della perdita, emergono un profondo senso della precarietà umana e della fatalità così come il bisogno e il dovere del ricordo, per quanto doloroso e labile. Alle voci umane si combinano, come in controcanto, le voci della natura, attraverso una descrizione precisa e vivida del mondo vegetale e animale della regione, dai fiori agli uccelli – i soli esseri viventi immuni dal terremoto – fino alla composizione e alla storia delle rocce. Così la memoria dell’uomo, che cerca di ricostruire le cose e che va modellandosi e stratificandosi nel tempo, sembra confrontarsi con la memoria geologica. Con una prosa poetica raffinatissima Esther Kinsky compone un affascinante mosaico narrativo in cui i colori della pietra carsica si intrecciano alle grandi domande sull’uomo, un romanzo sui segni che imprimiamo nel paesaggio nel tentativo di comprendere il mondo, su ciò che passa e perisce per sempre e ciò che rimane e sopravvive, sottoposto a incessante mutamento, in natura come nella memoria.

Marta Zura-Puntaroni, L’olivastro, effequ

Dopo un periodo in città, Caterina fa ritorno al paese. Sulle spalle porta il peso del fallimento, prima di tutto per le aspettative materne. Caterina non è mai riuscita a essere come sua madre, sofisticata ed elegante; è invece più simile a suo padre, amante della terra. Caterina è l’olivastro. In questo breve racconto, ruvido come i personaggi e i luoghi narrati, Marta Zura-Puntaroni induce il lettore a chiedersi se possa esserci una terra fertile per le relazioni e fino a che punto l’amore può condurre alla rovina.

Le uscite di venerdì 24 marzo

Valeria P. Babini, Montessori prima di Montessori, 1896, la laurea è l’inizio di una rivoluzione, Fefè editore

È questa la prima pubblicazione in assoluto della tesi di laurea in medicina di Maria Montessori, discussa nell’estate del 1896. Un documento e un momento fondamentali nella formazione scientifica e intellettuale della giovane Montessori, che inizia a costruire il proprio futuro in stretto rapporto con il suo professore Sante De Sanctis, padre della nascente neuropsichiatria infantile. Nel saggio introduttivo Valeria P. Babini – nota per i suoi studi approfonditi sulla formazione intellettuale e politica della pedagogista – tocca le tappe importanti dell’inizio della sua carriera nella Roma di fine ’800.
È il periodo sociale di Maria Montessori: “donna nuova” che sceglie di cimentarsi nella professione medica, fermamente convinta della potenza risolutrice della scienza e della portata democratica del suo impegno, utile anche per l’emancipazione femminile.

Elena Martelli, All’aria sparsi. Storia culturale dei capelli, Il Saggiatore

Dalla Bibbia alle riviste patinate, dal mito greco alle canzoni. Sulla nostra testa e nella nostra cultura. Radi o folti, ricci o lisci, tinti o grigi. Questo libro è una storia artistica, letteraria, mitologica ed emozionale dei capelli e del loro significato. Attingendo a un’enorme quantità di testi e di riferimenti, con raffinata e vagabonda erudizione ma anche con uno stile piano e avvincente, Elena Martelli ha scritto un libro unico, definitivo sulla storia dei capelli e sul loro significato nel tempo. Da Sansone e Dalila alla Laura petrarchesca, dalle acconciature della corte del Re Sole a quelle dei film e delle serie tv, dalle parrucche dei giudici inglesi agli orrendi toupet: per scoprire come si è evoluta non solo la moda, ma il senso profondo del modo di sistemare le nostre teste e cosa abbiamo voluto comunicare; come pittori, scultori, poeti, esteti e antropologi hanno rappresentato e descritto le chiome e le zazzere. E sul perché, oggi, i capelli possono essere un fatto personale e politico.

Libro controcopertina, “L’Alsìr. Romanzo balneare” di Iacopo Gardelli, Fernandel Editore

«In spiaggia è impossibile perdersi: ci si perde in pineta, si scompare nel mare, ma in spiaggia si vede sempre tutto, la spiaggia è un posto dove ci si vede»

L’Alsìr è uno stabilimento balneare della riviera romagnola. È qui che, a partire dagli anni Novanta, due famiglie di diversa estrazione sociale si ritrovano vicine d’ombrellone: da una parte i Montanari, romagnoli di origine proletaria, dall’altra i Malagola, benestanti milanesi. Un’estate dopo l’altra, in un arco temporale lungo vent’anni, il romanzo segue il mutare degli equilibri fra le due famiglie e i contemporanei cambiamenti politici e sociali del nostro paese. In una lingua inedita e meticcia, L’Alsìr racconta una riviera romagnola lontana dal vitalismo stereotipato in cui spesso è descritta e un’Italia ormai avviata al fallimento politico ed economico, sempre più disorientata e accartocciata su se stessa. Uno spaesamento simile a quello dei giovani protagonisti, Guido, Elena e Alessandro, alle prese col passaggio fra adolescenza e età adulta. Sono la metafora di un’intera generazione, quelli nati nei primi anni Novanta, in bilico fra due secoli, e perciò destinati a crescere in una terra di nessuno.
L’incipit del romanzo: “Jorio prese le ultime comande e s’incamminò sgalembro verso il bancone del bar. Era ubriaco dalla stanchezza. Fin dalla tarda mattinata i clienti avevano continuato a sciamare all’Alsìr, e lui non si era ancora fermato un momento. I bolognesi parlavano di code chilometriche ai caselli. Arrivavano grondi di sudore, si piazzavano sotto le docce e crollavano sui primi lettini liberi; dopo qualche minuto di noia ecco che risalivano, e insistevano a chiedere caffè, granite, panini, gelati, cocomeri, birre. Guardò giù, verso l’esercito in spiaggia. Tutti gli ombrelloni erano presi e il sole di luglio sciabolava sulla stesadei lettini, schierati giù a riva. Sbuffò qualcosa di incomprensibile alla Vanda, sua moglie, che si era aggulpata una pezza attorno alla fronte per fermare il sudore e non sgocciare sulle tazzine dei clienti; quindi da sotto la cassa tirò fuori un foglio bianco e ci scrisse con mano tremante “Tutto esaurito”. Da quando aveva aperto il bagno non si ricordava d’averlo mai fatto”.

Hayley Scrivenor, Città di polvere, NN Editore

Non siamo sicuri se sia stata la nostra infanzia
o l’infanzia in generale a renderci ciò che siamo.
Per ogni bambina sembrava esserci in agguato un aguzzino,
dai capelli prematuramente radi, con una macchina
e l’offerta di un passaggio e un piano e un coltello e una vanga.
Lo avevamo creato noi, quell’uomo, con la nostra immaginazione
o era sempre stato in agguato?

In un caldo pomeriggio di fine novembre, a Durton, Australia, la dodicenne Esther scompare mentre torna a casa da scuola, e la comunità della piccola cittadina sprofonda in un vortice di dubbi e dolore. La detective Sarah Michaels, donna queer in un mondo maschile e maschilista, viene inviata sul posto per indagare, e ben presto i sospetti cadono sul padre della ragazzina, Steven, un uomo affascinante dal passato controverso. La detective non è la sola a voler far luce sul caso: anche Ronnie, migliore amica di Esther, è determinata a scoprire la verità, ma si scontra con i segreti e le bugie delle persone intorno a lei, incapaci di sacrificare la propria reputazione in un ambiente dove tutti si conoscono e le voci si diffondono rapidamente. Con un sapiente gioco narrativo che alterna i punti di vista dei protagonisti a quello corale dei ragazzini, Hayley Scrivenor mette in scena un crime in cui lo sfondo sociale e ambientale determina le azioni dei personaggi, minando certezze e fiducia reciproca. Ma è proprio nel dolore che la comunità si ricompatta e fortifica, trovando nel perdono il sentimento più potente per aprirsi a un futuro diverso.
Questo libro è per chi da piccolo aveva un animale preferito di cui conosceva ogni stranezza, per chi ha voluto bene a Mare in Omicidio a East Town, per chi ama parlare in macchina mentre il mondo scorre fuori dal finestrino, e per chi ha imparato a nuotare allacciata all’amica del cuore, lottando contro il peso dell’acqua verso la luce perfetta.

Giordano Meacci, Acchiappafantasmi, minimum fax

Questo libro di Giordano Meacci, autore finalista allo Strega nel 2016, è pensato per chi crede che la letteratura e la vita siano la medesima cosa; per chi, anzi, crede che la vita sia una delle invenzioni più riuscite della letteratura. Tra reading teatrali e reportage narrativi, tra ossessioni cinematografiche e ritratti linguistici, Acchiappafantasmi è un «Canzoniere in prosa» in cui l’autore riscrive gli anni della sua vita etimologica come lettore.

Le uscite di domenica 26 marzo

Gaetano Passarelli, Breve storia del segno della croce, Graphe.it

Il simbolo della cristianità, il primo gesto che i fedeli apprendono da bambini; un segno dirompente che ricongiunge il divino e l’umano nel ricordo di una sofferenza che è al tempo stesso liberazione dal dolore terreno: l’atto di segnarsi nel momento del rito appare oggi un’abitudine acquisita sulla quale non ci si pongono domande. Come svela questo saggio, tuttavia, la croce si è fatta portatrice nei secoli di significati complessi, che vale la pena osservare in una prospettiva diacronica, storica e filosofica. A partire dalla discussione – agli albori del Cristianesimo stesso – fra l’opportunità di rappresentare il Figlio di Dio e l’oggetto che lo condusse a morte, il fervore spirituale e la religiosità popolare hanno costruito un intreccio ben più articolato e controverso di quanto si immaginerebbe, per condurre progressivamente al valore unificante del segno della croce come testimonianza di appartenenza a un credo che, al suo centro, non deve dimenticare di avere proprio Colui che su quella croce fu appeso.

Piergiovanni Bernardon, Piccole cose, Graphe.it Edizioni

All’interno della confusione mia, e del mondo che mi circonda, fortunatamente trovo spazi silenziosi di contemplazione ed è in questi spazi, in questi momenti che nascono gli haiku

La forma poetica giapponese dell’haiku è ormai nota anche ai lettori italiani e talvolta, come in questo caso, felicemente praticata: adattata alla lingua e alla cultura occidentale, genera frutti ibridi dal gusto sempre nuovo. Il suo schema metrico preciso non costituisce una gabbia ma, come ogni struttura compositiva nell’arte o nella musica, diventa una cornice sottile all’interno della quale liberare un personale esercizio di creatività e pazienza. Nell’interpretazione che ne dà l’autore, il metodo dell’haiku conserva il carattere contemplativo delle sue origini. I brevi componimenti raccolti in questo libro restituiscono un’attitudine millenaria, eppure certo non obsoleta, verso l’osservare e registrare le Piccole cose: quasi un’espressività inversa, una direzione passiva, nella quale è l’animo del poeta a rimanere immobile e ricevere il mondo che intorno si muove.

Francesco Permunian, l’irriducibile: “Stradario Sentimentale del lago di Garda e del monte Baldo”, Oligo Editore

Francesco Permunian

Francesco Permunian

Questo agile e smilzo “Stradario sentimentale” illustra e racconta il viaggio compiuto da due amici – Pino Mongiello e Francesco Permunian – i quali, nel corso degli ultimi tre anni, hanno più volte vagabondato lungo i percorsi e i sentieri meno battuti del lago di Garda e del monte Baldo, attardandosi equamente a descrivere e a fotografare sia le colline gardesane che le pendici montebaldine: con delle chiare e forse inevitabili preferenze, quali la strada di San Michele sul versante bresciano e la strada che dalla piana di Caprino Veronese sale fino a Lumini, una frazione di San Zeno di Montagna nella cui scuola elementare prestò servizio, nel corso degli anni Trenta, una giovane maestra di nome Ada Sandri.

«Pur stanco e sfinito a furia di leggere e rileggere questi miei appunti di “viaggio” – è dall’estate scorsa che m’intasano la scrivania – ciò nonostante io mi ostino a riesaminare ancora questo breve Stradario, il quale, malgrado tutti gli sforzi per renderlo meno rapsodico e più razionale, non muta granché la sua natura intimamente svagata e frammentaria.  E quindi oltremodo indigesta, va da sé, ai comuni lettori delle comuni guide turistiche. Trattandosi in questo caso non di un’ordinaria guida in stile Touring Club, bensì di una singolare mappa sentimentale allestita dal sottoscritto lungo le sponde del lago di Garda e sulle pendici del monte Baldo. Da quel consumato (e ormai disincantato) flâneur che m’illudo di essere, nel corso di tali vagabondaggi ho, ovviamente, le mie mete preferite. I miei angoli segreti.  I miei luoghi dell’anima, per così dire, i quali cambiano e variano a seconda delle stagioni. O meglio, a seconda di quanto io stia rimuginando in quel determinato momento, dato che ogni angolo del Garda e del Baldo corrisponde nella mia mente a uno spunto narrativo.  Tutto insomma mi ispira in tale ambiente naturale, in cui io vivo e scrivo da più di quarant’anni. E dal quale peraltro non ho alcuna intenzione di andarmene, visto e considerato che qualunque distacco dalla mia quotidiana “ronda stradale” mi crea soltanto un senso di spaesamento misto a disagio e irritazione».



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