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Da Sciascia a Bonaviri, c’è molta Sicilia ne “I libri degli altri” di Calvino, il dietro le quinte del “mestiere dei libri”

Libri e Fumetti Da qualche mese Mondadori ha ripubblicato "I libri degli altri" ovvero le lettere scritte da Calvino dal 1947 al 1981 a numerosi autori italiani quando lavorava per Einaudi, un libro imprescindibile per chi scrive e per chi voglia conoscere il dietro le quinte di autori le cui opere sono poi diventate pietre miliari della letteratura. Destinatari per lo più scrittori e aspiranti tali. Tra loro anche autori grandissimi come Leonardo Sciascia, allora sconosciuto maestro di scuola elementare

Quest’anno si celebra il centenario dalla nascita di Italo Calvino, nato il 15 ottobre 1923, e da qualche mese è tornata in libreria una nuova edizione riveduta, pubblicata da Mondadori, de “I libri degli altri” ovvero le lettere scritte da Calvino dal 1947 al 1981 a numerosi autori italiani quando lavorava per Einaudi, un libro imprescindibile per chi scrive o ambisce a farlo nel migliore dei modi, ovvero senza mai perdere di vista l’umiltà e l’autenticità, e più in generale per chi voglia conoscere il dietro le quinte di autori le cui opere sono poi diventate pietre miliari nella storia della letteratura mondiale.

Italo Calvino

Valga un titolo e un nome per tutti: Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia. Il primo incontro letterario tra questi due colossi della letteratura avviene l’8 ottobre del 1954. Sciascia, che allora insegnava come maestro in una scuola elementare a Caltanissetta, aveva inviato un testo in lettura, Cronache scolastiche. E Calvino che ha l’occhio lungo del lettore professionista, lo segnala al collega Alberto Carocci che con Alberto Moravia aveva fondato la rivista “Nuovi Argomenti”:

“Ti accludo uno scritto d’un maestro elementare di Racalmuto (Agrigento) che mi sembra molto impressionante e interessante per “Nuovi Argomenti”. L’autore, Leonardo Sciascia, maestro elementare, è un giovane letterato molto intelligente che dirige laggiù una rivistina assai pulita (“Galleria”) e delle edizioncine di poesia”.

Leonardo Sciascia e Italo Calvino

Prima di arrivare al romanzo che consacrerà Sciascia nel 1961, vi sono di mezzo i racconti pubblicati nel 1958, Gli zii di Sicilia”. Ed ecco cosa scrive Calvino all’autore di Racalmuto il 25 settembre 1957:

“Caro Sciascia, ho letto “Il quarantotto”. Come fedele del Nievo non posso che rallegrarmi di quest’omaggio siciliano al romanziere friulano, in uno scorcio così abile e nitido. E poi si ci sente il divertimento che devi aver provato a scriverlo, perché certo non c’è niente di più divertente che scrivere roba storica. Detto questo devo dirti che nel racconto non c’è altro che questo.  Che cioè ci sei tu che vuoi scrivere un racconto storico così e così; e ci riesci perché ha un ottimo “mestiere” e una gran limpidezza di segno: e te la cavi anche nella parte garibaldina un po’ affrettata e sbrigativa. Ma di nuovo, di vero, di sofferto, di faticoso, di non-del-tutto-chiaro-nemmeno-a-te-stesso cosa dici? L’idea dei due tipi di siciliani è solo detta, non è rappresentata: e ci sarebbe da cavarne fuori molto. Ho un po’ paura che tu ti lasci prendere dalla tua facilità di mettere insieme racconti ben fatti o che per una tua eccessiva modestia ti limiti a camminare sul battuto. […] Sono convinto che se tu continui a guardare intorno a te e dentro di te con altrettanto coraggio puoi dargli altre cose di quella forza”.

Calvino si riferiva a Cronache scolastiche” e, come ben sappiamo, Sciascia negli anni seguenti certo non deluderà né lui né i lettori, scrivendo capolavori immortali.

Ecco, a proposito del romanzo Il Consiglio d’Egitto”, cosa scrive Calvino il 5 ottobre 1962. Calvino è entusiasta del contesto storico con protagonista l’abate Vella e gli annuncia che sarà pubblicato prestissimo (uscirà l’anno seguente). Da editor scrupoloso aggiunge però:

“Un solo rilievo letterario ho da farti e assolutamente marginale”. E dopo avere esternato quel che pensa, conclude: “Togli perciò queste immagini moderne, mi raccomando, che abbassano il livello della tua prosa, sempre sorvegliata. Credo che potrai farlo facilmente, anche in bozze”.

Tra le epistole con autori siciliani, vanno ricordate anche quelle con Giuseppe Bonaviri, il medico scrittore nativo di Mineo e residente a Frosinone, che aveva esordito in Einaudi nel 1954 col romanzo Il sarto di Mineo” e con Giovanni Nicosia, nativo di Caltanissetta, scrittore, giornalista e partigiano italiano. Nonostante l’amicizia, il 27 ottobre 1964 Calvino gli scrive a proposito del romanzo L’antidoto”, mandatogli in lettura:

“Ha pagine divertenti ma credo sia più difficile da far pubblicare. La satira della vita burocratica è un tema troppo vecchio per attrarre in sé. Ci vorrebbe una grande forza di invenzione linguistica tale da far dimenticare la non originalità del tema, una forza che certo non possiede la scrittura del tuo romanzo, per quanto disinvolta e non povera di trovate”.

Lo scrittore di Mineo, Giuseppe Bonaviri

E in conclusione: “É un momento difficile: per chi scrive e per chi deve trovare cose nuove da pubblicare. Tutto appare invecchiato e quello che non è invecchiato, è immaturo. Ti rimando il manoscritto e ti saluto con amicizia”.

Infine ecco anche la corrispondenza con Giuseppe Cocchiara, nativo di Mistretta, antropologo ed etnologo italiano, fra i maggiori studiosi di storia delle tradizioni popolari e folklore che gli aveva fatto visitare il museo Pitré a Palermo e in seguito gli aveva proposto delle iniziative editoriali tra cui le “Fiabe del popolo italiano”, da Calvino ritenute molto interessanti e che negli anni successivi sfoceranno in “Fiabe italiane”, raccolte, curate e riscritte dallo stesso Calvino.

Tornando alla sua attività come editor della casa editrice Einaudi, a cui rimase legato per tutta la vita, e da scrittore a sua volta (e che scrittore!), – che si confronta spessissimo con Elio Vittorini,  altro grandissimo autore siciliano e direttore di collana in casa Einaudi, – Calvino in quella veste ora esalta ora demolisce i testi che gli vengono inviati in lettura per essere pubblicati, ora suggerisce come puntellarli o come rivederli, ma in alcuni casi non si fa troppi scrupoli nello scrive all’autore di lasciar perdere e magari dedicarsi ad altro, motivando dal punto di vista tecnico e letterario ogni singolo appunto da cui traspare il profondo amore ma anche il rigore professionale col quale non esitava a opporsi strenuamente a pubblicazione che non riteneva meritevoli. Anche quando le stesse erano caldeggiate da altri autori o dallo stesso Vittorini.

Va da sé che anche Calvino commise degli errori di valutazione, come fatalmente succede a chi lavora in tale campo. Opere stroncate e poi, una volta pubblicate da altri editori, premiate da pubblico e critica, come nel caso del romanzo “La compromissione” di Marco Pomilio, scrittore napoletano. Insomma, succede anche ai grandissimi di fallare. Tra tante lettere di elogi, consigli e stroncature che Calvino scrisse, vi è appunto questa lettera datata 13 maggio 1964 indirizzata a Pomilio.

“Non ti arrabbiare per quello che ti dico: ci sono libri che è bene averli scritti, perché finché uno non li ha scritti gli restano di traverso, ma che dopo averli scritti bisogna convincersi che hanno già esaurito il proprio compito. Te lo dico perché a me è successo più di una volta e non mi sono mai pentito di non aver pubblicato. Farò leggere il manoscritto in giro a qualche amico, questo sì. Non si scrive se non per essere letti”.

La compromissione venne pubblicato l’anno seguente da Vallecchi, ebbe successo e vinse perfino il Campiello nel 1965. Venne ripubblicato nel 1978 da Rusconi e quindi da Mondadori nel 1989. È stato anche tradotto in inglese. E a gennaio del 2021 è stato riproposto da Bompiani. Per altro il romanzo di Pomilio, autore già conosciuto e pubblicato, era stato caldeggiato da un altro grande, Domenico Rea. E proprio a Rea, Calvino, lo stesso giorno, 13 maggio 1964, scrisse: “Caro Mimì, da un po’ di tempo in qua leggo solo libri di astronomia. Ho fatto un’eccezione per Pomilio, ma non è valsa a scuotermi di dosso la massiccia stanchezza per la letteratura e per i romanzi in particolare. Peccato”.

“I libri degli altri”, come già si evince dal titolo, ripubblicato negli Oscar Cult della Mondadori, è una corposa raccolta di oltre seicento pagine che presenta poco più di trecento lettere, selezionate tra le oltre cinquemila scritte da Calvino nella sua qualità di editor, e custodite negli archivi Einaudi. Un rapporto diretto con gli autori con cui si interfacciava con l’occhio scrupoloso del lettore di professione.

I libri degli altri precedente edizione

Eccone un altro esempio nella lettera inviata il 14 luglio 1950 a Silvio Micheli, scrittore di Viareggio che aveva già pubblicato con Einaudi:

“Caro Micheli, ho letto “Tutta la verità” e ne ho riferito al consiglio editoriale. Intanto ti dico quello che ne penso io e che ho detto ai colleghi. Comincio dalla parte negativa: non è un libro di facile lettura, né (almeno per la prima metà) che “prenda”, che ti tiri in un suo cerchio magico, come fanno tutti i libri riusciti. Si va avanti un po’ a fatica, il ritmo umano è reso non liricamente, ma con un intreccio un po’ freddo di ripicchi di fabbrica, le cui ragioni non si capiscono fino in fondo, il linguaggio è molto più sobrio che negli altri libri, nella scelta dei suoi attributi dialettali e gergali ma la quantità dei termini tecnici di cui è zeppo rimane un po’ come scritta con un altro corpo tipografico, cioè non scritta e queste macchine su cui tu minuziosamente insisti non si vedono mai, né a te né a noi riescono a interessare. Ma poi con la storia della cooperativa si finisce per raggiungere un calore, un ritmo, un interesse e la storia cammina, i personaggi camminano, tutto è più libero e più obbligatorio insieme, quel personaggio di Oreste è molto bello, il finale casca bene. Mi sembra che questa volta ti sei messo a raccontare una cosa che conosci bene in tutti i particolari, la vita di fabbrica, e questo è un fatto molto positivo; ma di fatto “poeticamente” di questa fabbrica non te ne importava niente, non la “vedevi” perciò ti sei lasciato prendere la mano “a freddo” dai particolari, e invece quando ti sei rifugiato nei tuoi sogni falansterici, nel tuo clima preferito di paesaggi squallidi e di solidarietà umana, sei riuscito di nuovo a dire qualcosa e allora anche le macchine, dai e dai, cominciavano a significare qualcosa. Se decidiamo di farlo, penso che sarà da rivedere un po’: sciogliere certi grumi di linguaggio e snellire qualche parte”.

Non mancano neppure sfoghi energici: 27 gennaio 1955, allo scrittore Marcello Venturi contesta: “Perché scrivi che la ragazza aveva un “profumo selvaggio”? Ci credi ancora tu in queste cose? Com’è possibile? Mi vien voglia di prenderti a pugni in testa, perdio”.
Né manca di assumere pose sulfuree quando qualcuno abusa della sua disponibilità. Emblematico lo scambio con lo scrittore Mario Frati che aveva mandato in lettura a Einaudi, “Pubblico dibattito”. Il romanzo aveva ricevuto un giudizio di lettura di Calvino ma non era stato pubblicato dalla casa editrice torinese. Il 17 novembre 1958 Mario Fratti scrive a Calvino: “Devo chiedere doppiamente scusa per essermi lasciato vincere dallo scorretto desiderio di utilizzare le sue cortesi parole su una cedola libraria di Gastaldi che mi pubblica “Pubblico dibattito””. Quindi gli chiedeva il favore di esaminare un suo nuovo romanzo mandato in lettura. Il 19 novembre Calvino asciutto: “Chiarissimo signor Fratti, ha ragione. L’utilizzare senza chiedere permesso le parole d’una lettera personale è scorretto e Lei ha fatto molto male a farlo. Tanto più che chiedermi il permesso era abbastanza semplice. È anche scorretto mentre si chiede scusa d’una scorrettezza chiedere un nuovo favore. Perciò mi trovo obbligato a dirLe che non ho tempo di leggere altre Sue opere. La saluto distintamente”.

“I libri degli altri” si avvale di una nota di Carlo Fruttero che ricorda come dal 1953 al 1961 i due si videro pressoché ogni giorno in via Biancamano, storica sede torinese dell’Einaudi. “I rapporti con gli autori italiani pubblicati dalla casa editrice toccavano in gran parte a lui, che si occupava inoltre dell’ufficio stampa. Del suo impegno aziendale ricordo bene i toni. Finiva di rileggere un giro di bozze, di scrivere un risvolto di copertina, una lettera, e le ciglia gli si disaggrottavano, si distendevano in un sospiroso ammicco: “Oooh, e anche questa è fatta!”. Il redattore diligente. Poi c’era lo strenuo oppositore, a certi libri, a certi nomi, attorno al tavolo del mercoledì. Gli veniva una voce prima tagliente, poi via via più perentoria e incollerita, fino allo sdegno strozzato. Come convinto sostenitore era invece pacato, asciutto, appena socchiuso alla discussione”.

Lo scrittore Carlo Fruttero

Giovanni Tesio, curatore della raccolta, nella sua prefazione spiega il criterio seguito nella scelta delle lettere della raccolta che spaziano da un Italo Calvino giovane laureato ventiquattrenne con una tesi su Conrad al Calvino maturo sessantenne e scrittore ormai consacrato dalle sue opere immortali. Un autore che come uno scoiattolo giocava con la penna, secondo l’immagine coniata da Pavese.

Tesio: “Un Calvino per nulla disposto a indulgenze e concessioni, rigoroso e rigorista con gli altri e con se stesso o con gli altri proprio perché prima lo era con se stesso. Puntuale fino alla pignoleria, brusco o severo (o, come ammette, perfino un po’ cattivo), Calvino né nasconde le sue idiosincrasie né tace le sue punte di pessimismo dovute a tante ragioni esistenziali quanto a ragioni professionali”.

Il professore Giovanni Tesio, filologo e critico letterario

Calvino non amava Brecht, gli stavano sullo stomaco Faulkner ed Henry Miller, e non era mai riuscito a finire l’Ulysses di James Joyce, odiava lo scrivere acceso e pirotecnico, non sopportava i lunghi sfoghi amorosi, respingeva lo scrivere oscuro, detestava i premi letterari, le presentazioni dei libri, le interviste, le comparse in tivù. E anche Camillo José Cela, premio Nobel nel 1989, di cui dava un giudizio tranchant: “Una delle persone più vacue e insopportabili della letteratura internazionale”.

Ricchissimo anche di aneddoti, insomma, questo epistolario. Calvino scriveva a mano ogni lettera che poi veniva affidata alle segretarie per essere battuta a macchina e quindi tornava a Calvino, per essere riletta e firmata, a volte con nuove aggiunte o correzioni prima di essere spedita. La prima lettera di questa raccolta, datata 26 novembre 1947, è indirizzata a Franco Venturi. L’ultima, 21 ottobre 1981, a Francesco Biamonti. In mezzo le lettere a tanti altri autori noti e meno noti: Beppe Fenoglio, Geno Pampaloni, Carlo Muscetta, Lalla Romano, Anna Maria Ortese, Ottiero Ottieri, Giovanni Testori, Domenico Rea, Carlo Levi, Natalia Ginzburg, Carlo Cassola, Sergio Saviane, Pietro Citati, Mario Rigoni Stern, Primo Levi, Raffaele Crovi, Giuseppe Bonaviri, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Giovanni Arpino, Andrea De Carlo, Elio Vittorini, Leonardo Sciascia ma l’elenco è lunghissimo.

Italo Calvino e Natalia Ginzburg

Franco Forte, editor di Mondadori, commenta:  «“Il massimo del tempo della mia vita l’ho dedicato ai libri degli altri, non ai miei” confessò Calvino in un’intervista del 1979. E in effetti intrattenne con la casa editrice Einaudi – e con «il padrone», Giulio – un rapporto pluridecennale, iniziato in maniera saltuaria nell’immediato dopoguerra e continuato fino al 1983 nelle diverse vesti di impiegato, dirigente e infine assiduo collaboratore».

«Le parole di Calvino trascritte in queste lettere, sempre improntate a uno stile amichevole e colloquiale – continua Franco Forte -, raccontano il dietro le quinte di un “mestiere dei libri” esercitato con emozione e al tempo stesso con disincantata professionalità: la scoperta di nuovi autori, i rifiuti, le polemiche letterarie, i premi, i consigli dispensati ad autori esordienti o affermati, le discussioni con i traduttori. Ne emerge il ritratto di un grande intellettuale, di un ambiente lavorativo che lo stesso Calvino definiva “modello per il resto dell’editoria italiana”, e di una stagione irripetibile della letteratura e della cultura italiane».



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