Blog Il futuro post Covid 19 non sappiamo come sarà. La scienza dà le sue indicazioni al comportamento della specie umana, che rimane mammifera e altamente sociale, e che ha radicato nella sua memoria evolutiva la necessità del contatto e della fiducia reciproca
“Non dovremmo più tornare a stringerci la mano”. Non lo sostiene Pinco Palla, ma l’ha dichiarato Anthony Fauci, il super-immunologo di origini siciliane – forse queste ultime davvero dimenticate, per l’espansività nostra. Fauci (membro di spicco della task force contro il Covid alla Casa Bianca sotto Trump, adesso con Biden, Chief Medical del presidente) non l’ha detto ieri, ma diversi mesi fa. E tuttavia non ha mai ritrattato, tanto che la sua frase è stata ripresa, da poco, da Enrico Franceschini sul Venerdì di Repubblica nel tentativo di tracciare una linea di nostro futuro: quello che saremo. Ma nessuno lo sa, come nessuno aveva messo in conto il Covid globale.
La scienza dà le sue indicazioni al comportamento di una specie, quella umana, che rimane mammifera e altamente sociale, e che ha radicato nella sua memoria evolutiva la necessità del contatto e della fiducia reciproca. La stessa scienza, girato l’angolo, che ci ricorda quanta ossitocina sviluppiamo nell’abbraccio a fine giornata, o nell’addormentarci pelle a pelle, ché dormiamo poi più sereni e ricarichiamo di notte il sistema immunitario.
Mi vengono in mente lo scienziato Ed Phoerum e la studentessa, sua amante, Amy Ryan (lo Stregone e la Kamikaze) ne “La corrispondenza” di Giuseppe Tornatore. In questo capolavoro cinematografico non pienamente compreso del regista siciliano, in cui si respirano in ordine preciso l’umana follia, il senso d’infinito e l’indefinibilità dell’amore, il fiato lungo del tempo e l’incompiutezza delle lacrime dal vivo, Ed, ogni volta che chiude il video rivolto a Amy, tende la mano per toccarla. Amy, al di qua dello schermo del suo pc, a sua volta allunga il braccio e con le dita cerca, oltre lo schermo, quelle di Ed.
E’ l’istinto, che ci porta anche all’emozione, a quell’incanto che cerchiamo a volte con ossessione, perché conosciamo il potere di certo contatto e la guarigione che solo l’altro può darci.
National Geographic di questo mese mette in copertina l’abbraccio finale tra un paziente Covid e il suo amore: un’immagine potentissima, che non ha bisogno di nessuna didascalia. Perché la vita è quel che si sente, non abbiamo altro. Sentiamo ancora e più forte di prima, di essere uomini e donne con la necessità e l’emozione di vivere ancora.
Commenti