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Nessuno tiri fuori fantomatici inediti di Battiato che non ci interessa ascoltare

Blog Riservato, lo era. Nonostante tutto, però, il mistero fitto che ha coperto come una nuvola di fumo accecante gli ultimi tre anni e mezzo di vita di Franco Battiato, ci fanno ancora bruciare gli occhi. Tanto che ci siamo dovuti sorbire pure un disco suo, che suo non era, quel “Torneremo ancora” uscito a ottobre del 2019. Ciò che conta è che da oggi, per favore, nessuno tiri fuori fantomatici inediti che non ci interessa ascoltare

Riservato, lo era. Schivo pure, scostante talvolta, pur di difendere la propria sfera privata. Nonostante tutto, però, il mistero fitto che ha coperto come una nuvola di fumo accecante gli ultimi tre anni e mezzo di vita di Franco Battiato, da quando cadde in casa e si fratturò femore e bacino, ci fanno ancora bruciare gli occhi. Poco o nulla trapelò da quel momento in poi delle sorti dell’artista siciliano. Tanto che ci siamo dovuti sorbire pure un disco suo, che suo non era, quel “Torneremo ancora” uscito a ottobre del 2019, 14 grandi successi in versione sinfonica, registrati in occasione di alcuni concerti in Italia con la Royal Philharmonic Concert Orchestra e un inedito, la title track, dove voce e orchestra, ovviamente, erano stati registrati in epoche diverse. Un’operazione senza molto senso che in quella fase non faceva che aumentare l’ansia del popolo di Battiato sulle sorti del loro amato artista, alla luce anche delle notizie, poi smentite, che volevano in vendita la villa di Milo dove è morto stamattina. Perché è morto Battiato a soli 76 anni? Non si sa e forse non lo sapremo mai.

Ciò che conta è che da oggi, per favore, nessuno tiri fuori fantomatici inediti che non ci interessa ascoltare. Franco Battiato in vita ci ha lasciato una trentina di album, tra inediti e brillanti cover d’autore, più cinque opere. Lì c’era tutta l’essenza del Battiato pensiero, cantata come lui voleva e quando voleva. Gli speculatori, quindi, sono pregati di astenersi dalla più classica operazione di rovistamento dei cassetti in cerca di ciò che nessuno ha mai sentito. Battiato è stato unico perché incarnava la comunicazione necessaria, né un grammo di più né uno di meno.

Oggi è morto uno di famiglia, per tutti i siciliani e non solo, ma soprattutto per noi siciliani. Perché Battiato nel suo essere contemporaneamente terreno e ultraterreno, con un cuore condiviso fra le grandi energie spirituali dell’Occidente e dell’Oriente, con la sua Isola ha mantenuto un legame sempre forte tanto da tornarvi dopo gli anni milanesi, quelli delle sperimentazioni e delle affermazioni pop. Prima Catania e la sua casa in via Umberto, poi Milo, sull’Etna, il suo buen retiro scelto tanti anni fa, divenuto il suo mondo da cui non riusciva più a staccarsi.

Franco Battiato

Certo, non sempre la sua Sicilia lo ha amato sempre e comunque. Dopo la stagione d’oro delle Estati catanesi dirette da Battiato negli Anni 90, quando assessore alla Cultura della città era Antonio Di Grado, la città dell’Elefante gli rifilò “lo schiaffo” violento della negazione da parte del Senato accademico di una Laurea in lettere ad honorem proposta dall’allora preside Nicolò Mineo. La causa? L’artista era “reo” di aver minacciato di abbandonare Catania se fosse stato rieletto come sindaco il candidato berlusconiano Umberto Scapagnini che alla fine sconfisse Bianco, ma Battiato restò a Catania. Nonostante ciò la laurea honoris causa non arrivò mai.
La stupidità della politica non ha confini. La sua avventura, tra il 2012 ed il 2013, come assessore al Turismo della regione siciliana, nominato dal presidente Rosario Crocetta, durò pochi mesi perché fu travolto dalle polemiche dopo che si scagliò contro gli avventurieri della politica con la frase shock «Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile, sarebbe meglio che aprissero un casino». Ovvio che non parlava delle parlamentari donne ma dei mestieranti della politica (uomini e donne) ma gli piovvero addosso tonnellate di critiche da sinistra e da destra che portarono poi Crocetta a revocargli l’incarico.

Il punto era uno: Battiato ha sì votato a sinistra, ha pure appoggiato i radicali della Rosa in pugno, ma fondamentalmente non era “homo politicus”, anzi era abbastanza refrattario alle regole codificate, in questo quintessenza della sua sicilianità anarcoide, dettata dal genio della sua proposta artistica e culturale e mai da motivazioni di mercato anche nel momento del suo maggiore successo pop.

Era più siciliano Battiato, faro che sprigionava luce di saggezza dal suo microcosmo isolano, con il suo essere schivo, peggio di uno scozzese, che tanti siciliani dalla bocca larga e cannolari ma schiavi delle più retrive logiche del potere. Non sono stati molti i pezzi in siciliano di Battiato, il più famoso è certamente “Stranizza d’amuri”, un omaggio alla gioventù emozionale nella sua Jonia, oggi Riposto. E “Stranizza d’amuri”, magnificata una ventina d’anni dopo dalla cover jazzata di Rita Botto, sarà il titolo della nuova fiction di Beppe Fiorello ispirata al delitto di Giarre del 1980 quando due ragazzi gay vennero uccisi per la loro omosessualità.

Alla fine Battiato non poteva non morire nella sua villa rifugio di Milo, non una casa ma un microcosmo a sua immagine e somiglianza. Una casa da lui amata e così descritta nel brano “Giubbe rosse” del 1989: “Abito in una casa di collina e userò la macchina tre volte al mese. Con 2000 lire di benzina scendo giù in paese. Quante lucertole attraversano la strada, vanno veloci ed io più piano ad evitarle. Quanti giardini di aranci e limoni, balconi traboccanti di gerani”… “Ritornare a Sud per seguire il mio destino, la prossima tappa del mio cammino in me, per trovare la mia stella e i cieli e i mari prima dov’ero”. Sarebbe una buona idea che il comitato “Milo e Franco Battiato”, promosso dal sindaco del paese etneo, riesca ora nell’intento di acquisire la villa e soprattutto il suo immenso patrimonio al suo interno prima che venga venduto a persone che non sappia né apprezzare né avalorizzare questo tesoro culturale. Ovvio che il comitato i soldi non li può avere ma qui Ministero della Cultura e Assessorato regionale per i Beni Culturali potrebbero dare il loro sostegno.

Un altro grande lutto popolare colpisce la famiglia culturale siciliana, dopo quello di Andrea Camilleri. Due personalità così opposte le due, eppure due persone amatissime da chiunque per l’universalità del loro pensiero artistico. La schiera dei santi laici siciliani (Sciascia, Falcone, Borsellino, Livatino – non solo santo laico il magistrato ma anche beato della Chiesa -, Camilleri e ora Battiato) si arricchisce di un nuovo nome, anzi di un nuovo cognome. Basta quello.

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Commenti

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    Non condivido e faccio un esempio. In punto di morte, un genio assoluto del pianoforte e persona altrettanto riservata, tale Fryederyc Chopin, chiese alla sorella di distruggere tutti i suoi lavori non ancora pubblicati. Fortuna volle che la sorella, la stessa che aveva insegnato a Chopin i primi rudimenti del pianoforte, riconoscendo la grandiosità di tali lavori, decise, infrangendo le di lui ultime volontà di far pubblicare i manoscritti. Se la volontà del compositore fosse stata pienamente rispettata oggi non potremmo ascoltare capolavori come l’Impromptu Fantasia-Improvviso in Do diesis minore op. 66

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