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“Karolus”, la grande storia in un romanzo. Franco Forte: «L’Europa unita è debitrice a Carlo Magno»

Libri e Fumetti Vita e gesta del più grande personaggio del primo millennio dopo Cristo sono narrati dallo scrittore milanese (di radici siciliane) nel romanzo edito da Mondadori che mette in risalto aspetti poco noti di un combattente nato per essere re dei barbari ma che sotto la croce di Cristo si batté a servizio della Chiesa, e allargò il regno sino a farne un nuovo impero. Forte: «la storia deve essere di insegnamento per migliorare il presente e guardare in modo propositivo al futuro»

Arriva in libreria Karolus (Mondadori), “romanzone” di ampio respiro a firma di Franco Forte, scrittore di lungo corso (milanese di genesi ma di radici siciliane, palermitane per l’esattezza), che fa rivivere la vita e le gesta di Carlo Magno, il più grande personaggio storico del primo millennio dopo Cristo. Impavido condottiero e precursore dell’assetto geopolitico della moderna Europa, Carlo ne difese per tutta la vita i territori e l’identità religiosa, non esitando a schierare i suoi eserciti contro le invasioni degli Arabi, dei Sassoni, dei Norreni, degli Avari e perfino dalle mire di Bisanzio.

Suo padre, Pipino il Breve, alla propria morte avvenuta il 24 settembre 768, aveva diviso il regno, ma dopo la prematura scomparsa del fratello minore, Carlomanno, probabilmente morto avvelenato, Carlo lo riunisce, diventa indiscusso re dei Franchi e dimostra di essere nato per combattere e governare. Seppure refrattario alle mille insidie della politica e ai suoi raggiri, ben indottrinato dalla madre Bertrada, non esente dall’avvelenamento di Carlomanno, Carlo dimostrerà di sapersi destreggiare anche in quell’ambiente mellifluo oltre che sui campi di battaglia. Con lui nascerà la stirpe carolingia e, quale braccio armato di Santa Madre Chiesa, a cinquantotto anni sarà incoronato imperatore da Papa Leone III a Roma, il 25 dicembre 800. E con lui si costituisce il Sacro Romano Impero.

Roma, 25 dicembre 800, l’incoronazione imperiale di Carlo Magno nel quadro di Friedrich Kaulbach, 1861

Franco Forte, appassionato di storia e dei personaggi che la grande storia l’hanno scritta, in oltre 700 pagine fa rivivere le grida nelle battaglie, la morte del prode Orlando a Roncisvalle, l’attraversamento delle Alpi per sorprendere i Longobardi alle spalle, le passioni e gli intrighi a corte, gli innumerevoli amori di Carlo che si sposò più volte ed ebbe uno stuolo di concubine e amanti occasionali. Padre di numerosa prole, Carlo Magno ebbe il suo primogenito, Pipino il gobbo, dall’amata Imiltrude, che poi sarà costretto a lasciare per ragioni di Stato. Per impedire a Pipino di esercitare i diritti al trono e allo stesso tempo per proteggerlo da chi lo vedeva come un potenziale nemico, lo fece rinchiudere insieme all’altra figlia, Alpaide. Ma quando anni dopo lo accuserà davanti al popolo di avere congiurato contro di lui per usurpargli il trono, Pipino, fiero ed eretto, gli dirà: “Tu sei mio padre, e io il tuo primogenito. Eppure mi hai relegato in un lurido buco, dimenticandoti di me. Chi è dunque colpevole? Chi dovrebbe sottostare al giudizio di Dio?»

Carlo Magno attraversa le Alpi

Gli anni passano e per ragioni di Stato Carlo è costretto a sposare Ermengarda, figlia del re dei Longobardi, Desiderio, ma la  ripudiarà dopo pochi anni. Si sposerà altre volte e lo vedremo piangere le mogli, tutte giovanissime, alcune poco più che bambine, che lo compiaceranno, lo ameranno, lo tradiranno, gli daranno dei figli  ma moriranno tutte. Chi di parto, chi di morbo ignoto, chi avvelenata.

Seguiremo Carlo nelle molteplici battaglie, sempre pronto a scagliarsi contro ogni idolo che non sia il vero Dio, come il gigantesco albero sacro dei Sassoni: Irminsul, che abbatterà al suolo. E lo vedremo giustiziare cinquemila prigionieri che non si prostreranno e convertiranno al Dio del Papa e dei Franchi. Consigliato dalla sorella Gisela, l’unica vera amica, che diventerà badessa, e sorretto da fidi consiglieri, seguiremo Carlo in vari momenti della sua lunga vita, tra congiure di corte, battute di caccia, combattimenti sui campi arrossati dal sangue dei nemici. Ameremo con lui le giovanissime amanti.
Lo vedremo costruire il palazzo reale e la cattedrale ad Aquisgrana. Lo seguiremo mentre fronteggia le insidie che arrivano da Bisanzio, dove governa la basilissa Irene Sarantapechaina d’Atene, reggente dell’impero d’Oriente per conto di suo figlio Costantino IV che lei, da madre, non esiterà ad accecare pur di non fargli ereditare l’impero.

La cattedrale di Acquisgrana, in Germania

Il prologo di questo grandioso affresco storico ci mostra Carlo che diventa Karolus Magnus la notte del 25 dicembre 800 all’atto della consacrazione alla guida del Sacro Romano Impero. Quindi nel capitolo d’apertura torniamo all’anno 754 e vediamo Carlo a undici anni e suo fratello, Carlomanno, che di anni ne ha tre, accanto al loro padre, Pipino il Breve, in pieno campo di battaglia. Già allora Carlo dimostra di possedere una naturale visione da stratega sopraffino e una naturale propensione all’arte della guerra. Doti innate che faranno di lui il più grande re guerriero del primo millennio.

Un romanzo avvincente e per molti versi illuminante, che mette in risalto aspetti poco noti di un combattente di sangue reale, nato per essere re dei barbari ma che sotto la croce di Cristo si batté tutta la vita a servizio della Chiesa contro avversari potentissimi e temibili, e allargò sempre più il proprio regno sino a farne un nuovo impero.

Abbiamo intervistato Franco Forte.

L’autore Franco Forte

Come è nata l’idea di romanzare la vita di Carlo Magno?
«
Era da più di dieci anni che studiavo questo personaggio e cercavo documentazione storica, che in effetti è molto più abbondante di quanto si creda. L’idea che abbiamo tutti di Carlo Magno è quella un po’ polverosa e stantia che ci passa la scuola, con le solite fredde nozioni che più o meno conoscono tutti (come, appunto, la famosa notte dell’incoronazione), ma ben poco si sa di chi fosse davvero quest’uomo, come è arrivato a essere prima re dei Franchi e poi imperatore del Sacro Romano Impero, e quanta importanza hanno avuto le sue imprese e i suoi editti nella costruzione dell’Europa moderna, l’Europa come la conosciamo oggi, di cui tanto si parla per questioni geopolitiche, energetiche, sociali, economiche e culturali, e che nasce proprio grazie a Carlo Magno, capace di difenderla dalle invasioni del mondo arabo dalla Spagna, da quello degli Avari e da Bisanzio dall’est, e dalle scorrerie di Sassoni e Norreni dal nord. Insomma, l’Europa unita è fortemente debitrice a Carlo Magno per avere fondato le basi della sua stessa esistenza, e nel mio romanzo cerco di far capire come questo sia avvenuto. Altro esempio di come la grande Storia sia capace di spiegare certi meccanismi del presente che troppi di noi ignorano».

Romanzare la storia in un’opera di così ampio respiro richiede un impegno gravoso per non commettere errori. Quali sono le difficoltà maggiori che hai incontrato? Come le hai superate?
«Il senso del romanzo storico è questo: dare modo ai lettori di immergersi in un mondo “diverso” (che sia di fantasia, la ricostruzione del passato o un’ipotesi di futuro, non importa), per vivere un’esperienza fuori dal comune, che non si potrebbe sperimentare in altro modo. Per farlo, occorre dare la possibilità ai lettori di immedesimarsi nei personaggi delle nostre storie, perché solo così possono vivere nel romanzo come se tutto ciò che accade sia vero, e soprattutto ne siano protagonisti (insieme ai personaggi con cui si sono immedesimati). Visto che questo è il meccanismo, diventa facile capire che quando chiedi al lettore di assumere le spoglie (fisiche e mentali) di un grade personaggio che ha fatto la Storia, ottieni più facilmente il risultato di divertirlo ed eccitarlo. Prima, però, bisogna studiarlo a fondo, diventare una sola cosa con lui, e questo richiede impegno, studio, lavoro. D’altra parte, se si chiede al lettore di immedesimarsi in Mario Rossi, vissuto negli anni 2000, è una cosa, se lo si porta nel corpo e nella testa di Carlo Magno nell’ottavo secolo…  be’, l’avventura che si promette di far vivere al lettore sarà molto più intensa, più coinvolgente. È indubbio che il fascino di certi grandi uomini (o donne) della Storia può interessare a tutti, e questo è uno dei motivi per cui il romanzo storico non ha mai subito disaffezione da parte dei lettori. Nel mio “Karolus” si vive per 750 pagine immedesimati con uno egli uomini più straordinari, controversi, intelligenti e rivoluzionari che siano mai esistiti, e la promessa che faccio ai lettori è di vivere una bella avventura ma anche di capire con me e con Carlo Magno che cosa ha significato cambiare il mondo, per traghettarlo fino all’ordine sociale che conosciamo oggi».

Ritratto di Carlo Magno (con la corona indossata dagli imperatori) di Albrecht Dürer

Un romanzo così corposo di oltre 1.300.000 battute chiaramente abbisogna di una progettazione particolareggiata. Come hai pianificato la costruzione? Hai scalettato ogni singola scena? Hai redatto una scheda per ogni personaggio?
«Un lavoro così complesso abbisogna di una attenta programmazione, e così ho fatto. Nei dieci anni trascorsi studiando il personaggio, l’epoca in cui è vissuto e tutto ciò che poteva servirmi per realizzare il libro, ho scalettato in modo preciso gli avvenimenti più importanti, e poi ho cominciato a ricostruire pezzo per pezzo la vita, le avventure, gli intrighi, le passioni e tutto ciò che ha permesso a Carlo Magno di interagire con il suo mondo e i suoi contemporanei per farlo diventare l’uomo che tutti conosciamo. Non sono riuscito a scrivere tutto, perché avrei avuto bisogno di altre 750 pagine, ma diciamo che gli eventi essenziali della vita di questo straordinario personaggio ci sono tutti».

Accanto ai personaggi storici come il suo biografo Eginardo, giocoforza hai dovuto affiancare loro personaggi di fantasia come il gigantesco Irmin, sua personale guardia del corpo. Che regola hai seguito nel colmare i buchi della storia? Fai riferimento a fonti storiche nei dialoghi o ti sei lasciato ispirare dalla personalità dei personaggi e dal contesto? Vedi i dialoghi della regina madre, Bertrada, con suo figlio Carlo.
«Come sempre il narratore deve ricostruire emozioni, pensieri e parole che gli archeologi e gli storici non possono documentare, e dunque bisogna lavorare di fantasia. Ma per farlo ho cercato di essere il più possibile coerente con tutti i lasciti storici che ho studiato, senza cercare di riprodurre (mi verrebbe da dire scimmiottare) il linguaggio degli scritti dell’epoca, perché sarebbe assurdo (i testi scritti non riflettono il vero modo di parlare della gente, soprattutto nel passato, quando solo pochi eruditi sapevano scrivere e davano sfoggio di questa erudizione), per rendere credibile il contesto e dare l’impressione al lettore di potersi immergere in un’epoca di cui si sa abbastanza poco».

Bertrada di Laon, madre di Carlo Magno e Carlomanno

Quanto è importante per un autore entrare e fare entrare il lettore in empatia coi propri personaggi sia storici che di fantasia?
«
È l’unica cosa che conta. Perché solo così si possono trasferire al lettore emozioni, odori, sapori, suoni e impressioni che appartengono a un’epoca lontana, per noi misteriosa e sconosciuta. Si tratta di un viaggio nel tempo con la fantasia, e perché funzioni il narratore deve compierlo almeno tre volte: prima per cercare di ricostruire il mondo e lo scenario in cui svolgerà la storia di cui deve scrivere, poi per dare vita ai personaggi che animeranno quel mondo, infine per trasportare in quei personaggi i suoi lettori, in modo che possano vivere emozioni realistiche, come se tutto ciò che succede sia avvenuto davvero. Se la ricostruzione storica è fedele, allora questo è possibile».

Nel tuo Karolus, oltre l’accurata ricerca e la cura dei dettagli, colpisce la parola scolpita che dà spessore e corposità ai personaggi. Quanto conta lo stile nel raccontare storie?
«Ogni autore ha il suo modo di dialogare con i lettori, di fargli percepire l’afflato della sua narrazione. Lo stile, cioè questo modo di parlare al lettore per trasmettergli emozioni e suggestioni, lo si costruisce nel tempo, affinandolo e irrobustendolo a mano a mano che cresce l’esperienza dell’autore e la sua capacità di gestire le tecniche della narrativa che vanno a supporto del suo linguaggio, del suo vocabolario, e persino della sua grammatica e sintassi».

Quali aspetti in particolare ti piacerebbe che i tuoi lettori cogliessero in Karolus?
«Questo non devo essere io a dirlo. Ho apparecchiato una grande tavola, piena di portate di ogni tipo. Che sia il lettore a gustare quelle che crede e a prediligerne alcune sulle altre. L’importante è che passi il messaggio che mi è chiaro: la storia deve essere di insegnamento per migliorare il presente e guardare in modo propositivo al futuro».

La Gioiosa, la spada di Carlo Magno custodita al Louvre di Parigi

Sei un autore poliedrico che spazia dal romanzo storico alla fantascienza al giallo per ragazzi; sei anche un editor professionista nonché responsabile delle collane storiche del più grande editore italiano: Giallo Mondadori, Urania, Segretissimo; fai parte di numerose giurie e come autore continui ad ottenere premi e riscontri. Qual è il segreto per non restare ingabbiati in un genere e in un ruolo?
«Be’, in questo caso posso predicare molto bene pur razzolando malissimo! In realtà ogni autore dovrebbe scrivere ciò che più lo stimola, lo diverte, lo appassiona. E dunque ha senso poter spaziare da un genere all’altro. Poi, però, si dovrebbe cercare una strada e restare in carreggiata, più che altro perché (si dice) i lettori amano avere dei punti di riferimento, e quando identificano un autore con un genere letterario, poi non gradiscono salti di corsia e deviazioni improvvise. Ma santo cielo, se facessimo tutti così saremmo etichettati e disposti sugli scaffali come prodotti del supermercato. Dio ce ne scampi!».

Nella tua lunga esperienza di scrittore e di editor, quali sono gli errori più comuni che si commettono quando si scrive un romanzo storico? Come evitarli?
«Il più comune è pensare che si debba cercare di riprodurre un linguaggio arcaico e barocco (che spesso significa pomposo) come se questo fosse un modo per abbellire un romanzo storico. Non è così. Ci rivolgiamo comunque a un pubblico moderno, e dunque dobbiamo sfruttare gli strumenti d’oggi per ricreare il passato. La differenza la faranno il contesto, le usanze, i modi di agire e di pensare, più che gli scimmiottamenti di un linguaggio di maniera che (si presume) dovrebbe ricostruire il parlato di altre epoche. Che però non conosciamo in nessun modo».

Salutiamoci raccontando qualcosa ai nostri lettori dei suoi progetti futuri. Cosa dobbiamo aspettarci ancora da Franco Forte?
«Libri, libri e ancora libri. Come autore, come editor, come editore. Sarebbe troppo lungo elencare tutti i progetti in cui sono impegnato, per cui… per il momento concentriamoci su “Karolus”, che merita tutta l’attenzione possibile, almeno secondo il mio parere».



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