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I cento pazzi

Eventi Lunedì 12 marzo a Caltanissetta Giovanni Guardiano porta in scena il lato ridicolo dei mafiosi del Maxiprocesso

Parlare di mafia con ironia e anche comicità per svelare, attraverso un delicato gioco di specchi, il volto più mostruoso della criminalità organizzata che ha fatto delle teatralità un’arma, specie nelle aule dei tribunali. Giocando sul sottile filo che separa il vero dal falso, Giovanni Guardiano porta in scena lunedì 12 marzo al Teatro Regina Margherita di Caltanissetta per la stagione firmata da Moni Ovadia e organizzata dal Comune in sinergia con Crodino e Caltaqua, “I Cento pazzi” di cui è anche autore e regista.

I Cento Pazzi

I Cento Pazzi

L’attore ragusano, recentemente rientrato nel cast de “Il Commissario Montalbano” nei panni del capo della scientifica Jacomuzzi, parte delle vicende del Maxiprocesso di Palermo, attingendo dai documenti video autentici, spesso in forma di stralci della durata di pochi minuti, pubblicati sul web, per mettere in evidenza come il vero tragico sconfini molte volte nel vero ridicolo, tanto da sembrare finzione, in un rimescolamento di piani e di ruoli che solo il gioco teatrale riesce a svelare.
Vero-falso, vero-verosimile, vero-teatrale. Giovanni Guardiano utilizza la comicità per raggiungere facilmente il pubblico e spingerlo verso la più seria delle riflessioni. E così il Maxiprocesso lo si rilegge per quel che è, grottesco: un processo in cui i “padrini” si arrampicano sugli specchi, e gesticolano come fossero pupi di teatro, nascondendosi, nelle aule di tribunale, dietro maschere con le quali sperano di celare la loro vera natura.
«Ho visto sul web le immagini del Maxiprocesso – spiega Guardiano – e ho visto quei padrini mafiosi che gesticolavano e si professavano innocenti. Citavano un destino e una ventura ingrata, questi capomafia, con lo sforzo enorme di sembrare diversi, credibili, bonari. Ma non ci riescono. Accesi rivoli incandescenti di minacce e cattiverie sbuffano in perenne conflitto tra il celare e l’essere».
Sul palcoscenico Giovanni Guardiano diventa così un moderno cantastorie, ricordando al pubblico che bisogna sempre parlare di mafia, per dissacrare ciò che viene immotivatamente ritenuto sacro, facendo attenzione a non trasformare i criminali in eroi. E in quel luogo sacro che è il teatro, Guardiano riesce a fa cadere tutte le maschere degli improvvisati attori, mostrando il vero volto dei mafiosi alla sbarra per il Maxiprocesso.

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