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Horcynus Orca

Eventi Dal 6 al 15 maggio a Palermo Claudio Collovà propone il testo di Stefano D'Arrigo con Vincenzo Pirrotta, Manuela Mandracchia e Giovanni Calcagno

Debutta al Teatro Biondo di palermo, venerdì 6 maggio alle ore 21, “Horcynus Orca. Transito e ricongiungimento” di Stefano D’Arrigo, messo in scena da Claudio Collovà, che vede in scena Vincenzo Pirrotta, Manuela Mandracchia e Giovanni Calcagno

L’Horcynus Orca di D’Arrigo narra il ritorno dalla guerra di ‘Ndrja Cambrìa, nocchiero della fu Regia Marina italiana. Dell’opera, vastissima, il Nostos racconta, legandoli insieme, due episodi centrali: quello di Ciccina Circé, la madremaga che lo traghetterà verso il suo paese sullo stretto, mare che per ordine delle autorità inglesi nessuno poteva solcare; e quello con Caitanello il padre, a lungo cercato, uno dei vecchi pescatori che sulla linea dei due mari, tra Scilla e Cariddi, hanno la pelle dura come gli squali. Ciccina Circè, gli offre il trasbordo in cambio di una notte d’amore, la sacra prostituta, potente e ammaliante figura di femminota, dedita a misteriosi traffici su e giù per lo scill’e cariddi, alla fine del quale finalmente ‘Ndria può ricongiungersi col padre Caitanello. Sono due episodi di estrema bellezza, fisica e linguistica: il primo reso attraverso un’epopea dell’immaginazione erotica e sensuale, il secondo quello con il padre, Caitanello, ormai anziano e che a stento lo riconosce, reso con un racconto tra il sogno e la veglia, in cui Ndrja ascolta il suggestivo sproloquio del padre, le famose “due parolette”, venato dal rimpianto di un uomo ormai anziano e prossimo alla morte. Al centro di questo lavoro, quindi, due movimenti legati insieme da un andamento insieme narrativo e musicale, il transito e il ricongiungimento.
«Ho immaginato e visto a lungo vivere dentro al mio cuore questa arbitraria, per me, Sacra Famiglia – scrive Collovà che firma oltre alla regia anche la drammaturgia – . Una madre, un padre e un figlio. E solo su queste tre presenze ho confidato di rievocare la bellezza di questo romanzo, così affollato di visioni e di bellissime parole. Alla folla di voci degli innumerevoli altri personaggi e abitanti del mare, ho dedicato tutta la forza di tre vecchi saggi. Li ho visti sulla riva del mare i vecchi saggi della comunità dei pelli-squadre, pescatori con la pelle dura dei milli anni, i matusalemme del villaggio, dialogare con l’orca e con l’orizzonte del mare. La nostra Orca, quello che ne ho inteso e che riemergerà per noi non solo a parole, la Morte che rende immortali, la sua apparizione improvvisa, la ‘morte per acqua’ come nella Terra desolata di Eliot, poeta a me carissimo. La lingua è viva e concreta, scritta per il teatro, pura azione. Mi ha affascinato la dimensione pittorica dei personaggi, il paesaggio estremo, una visione della Sicilia che mi è suonata davvero come una grande metafora che ci riguarda da vicino. Tutto è vivo, nell’Horcynus, e l’enorme felice debito nei confronti di Melville, Proust, Joyce, me lo ha reso ancora più familiare come scrittura di matrice europea, ma il dato più affascinante è stato riscoprire e lasciarsi guidare dall’enorme autonomia creativa di D’Arrigo che ha reso possibile questo epos mediterraneo costruendolo su una radicale rielaborazione della lingua italiana. La sua meravigliosa e profonda reinvenzione di un nuovo lessico supportato da forme dialettali, ha reso visibile ogni dettaglio, ha permesso che ogni sua visione fosse concretamente abitata da me insieme alle figure dello scill’e cariddi, e queste si potessero vedere con gli occhi, come in un film. Imparare a vedere, direbbe Rilke, ed è questo che succede, già dalla prima pagina, s’impara a vedere. Con questo spirito e con questa ambizione si è mosso il mio lavoro, confidando che il teatro sia e rimanga per eccellenza il luogo delle visioni. Mi auguro di poter restituire, grazie soprattutto all’opera di tutti gli artisti coinvolti in questo viaggio, amici e compagni di avventura, una parte di tanta bellezza. Devo infine ringraziare con tutto il cuore Siriana Sgavicchia, autrice dello splendido libro Il folle volo, un illuminante lettura dell’opera, con una magnifica introduzione di Walter Pedullà, uno dei massimi esperti di D’Arrigo e suo grande amico. Un fermo punto di partenza, per il mio lavoro sull’Horcynus Orca, chiaro e coinvolgente come raramente succede».

di Stefano D’Arrigo
drammaturgia e regia Claudio Collova’
con Vincenzo Pirrotta, Manuela Mandracchia, Giovanni Calcagno
scene e costumi Enzo Venezia
luci Nino Annaloro
musiche Giuseppe Rizzo
video Alessandra Pescetta
produzione Teatro Biondo Palermo

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