HomeLibri e Fumetti

Ettore Zanca e l’immenso romanzo del calcio: «Quante storie si celano dietro una maglia»

Libri e Fumetti Il pallone oltre la metafora: il raggiungimento dell'emozione grazie a una palla che rotola nel palco della vita. Così lo scrittore palermitano - appassionato di diverse squadre di calcio e insegnante di storytelling sportivo e di narrazione emozionale - sancisce il suo ritorno alla narrativa con "L'oceano oltre la rete", edito da Arkadia: «Con la storia di David Rojo volevo parlare d’amore, anzi di amori, utilizzando un veicolo che crea tachicardia congenita che è appunto il calcio»

Palermitano, classe 1971, una laurea in giurisprudenza e una professione che lo entusiasma: insegna storytelling emozionale e sportivo per scuole di comunicazione, aziende e scuole, curando anche progetti di narrativa per pazienti pediatrici e ragazzi autistici. Lui è Ettore Zanca e la sua carriera di scrittore è colma di premi: con Zupì e gli infedeli, la favola di Don Pino Puglisi e Vent’anni per Coppola Edizioni, ha vinto il Premio per la legalità Torre dell’orologio 2012. Con il racconto “Meglio essere Peter Parker” sui disturbi alimentari, ha vinto il premio speciale Fame di Parole della Società italiana di psicologia e criminologia. Per i tipi di Ianieri Edizioni ha pubblicato il libro “E vissero tutti feriti e contenti” con prefazione di Enrico Ruggeri e il monumentale “Santa Muerte”  con cui ha vinto il Premio Presidente della giuria a Etnabook 2020.

Alla fine dello scorso anno è uscito il suo terzo romanzo “L’oceano oltre la rete“, edito da Arkadia nella collana più in voga dell’editore sardo, Sidekar. Con questo questo romanzo ci facciamo raccontare mito e antimito del gioco più bello del mondo: il calcio.

Lei è un siculo di Palermo che vive al nord. Anche lei ha la passione calcistica?
«È come chiedere a un essere umano se riesce a vivere respirando. Sì, la mia passione calcistica nasce dall’aver praticato con amore non ricambiato il calcio e dalla voglia di narrare le gesta degli esseri umani che popolano i capitoli dell’immenso romanzo che è il calcio. Le più grandi soddisfazioni sono state e sono quelle degli atei alla religione della sfera che mi leggono e si convincono che il calcio è uno sport inviso se odi la vita. Viceversa le somiglia tremendamente».

Tifa per qualche squadra nello specifico?
«Sul tifo ho un panorama molto ampio come i cerchi concentrici prodotti da un sasso buttato nello stagno. Si parte da Palermo, per nascita e per l’onore di aver partecipato alla stesura dell’inno ufficiale attuale di Lello Analfino e i Tinturia, e si arriva alla Sampdoria perché Genova è la mia città adottiva e la Samp mi ha rubato il cuore l’anno dello scudetto. Fuori dai confini tifo St. Pauli in Germania, Loch Ness FC in Scozia, Athletic Bilbao in Spagna. E poi colleziono maglie di squadre che comunque raccontano una storia, la selezione messicana, la maglia di una squadra con la Santa Muerte, Il Corinthians che celebra Senna, La Chapecoense, alcune maglie della Danimarca»

Lo stadio di Palermo "Renzo Barbera" dove gioca il Palermo prima squadra per la quale tifa Ettore Zanca

La curva Nord dello stadio “Renzo Barbera” dove gioca il Palermo prima squadra per la quale tifa Ettore Zanca

Si è ispirato a qualcuno nello specifico per creare il protagonista David Rojo?
«Sì ma non lo rivelo, altrimenti spoilero. Diversamente posso dire che David Rojo, capitano del San Vignan, si ispira a Gaetano Scirea e Rafael Alkorta dell’Athletic Bilbao. Anche questo si capisce leggendo il romanzo e rivela la natura umana di David».

Firma copie de "L'oceano oltre la rete"

Firma copie de “L’oceano oltre la rete”



Nella contemporaneità dei nostri campionati di calcio chi potrebbe essere David Rojo?
«Me ne vengono in mente alcuni. Un calciatore con forti valori delle proprie radici ma anche al contempo la consapevolezza che il calcio è una ragione di vita. Recentemente Lucas Perez, calciatore che ha giocato ovunque nella massima divisione spagnola e inglese, ha pagato di tasca sua per tornare alla sua squadra del cuore, il Deportivo La Coruña. Rojo torna dopo aver raccolto gloria in “terraferma” come soprannominato dagli isolani tutto ciò che non è isola. Come esempi che si avvicinano al ritorno in patria, mi vengono in mente Tevez che torna al Boca dopo aver vinto dappertutto o Fernando Torres che torna da “anziano” all’Atletico Madrid. Come valori sportivi e come rispetto e ruolo da capitano, Rojo è più vicino a gente come Maldini o Baggio».

Una maglia della collezione dell'autore

Una maglia della collezione dell’autore

Quanto ha influito la stesura del romanzo nella sua attività d’insegnamento di narrazione emozionale sportiva?
«Nei miei corsi di storytelling faccio capire alla gente quanta emozione porta anche saper guardare cosa c’è oltre i confini di una foto, dentro una canzone che a volte ascoltiamo superficialmente. Oppure le storie che si celano dietro la trama di una maglia che a una prima vista può sembrare un pezzo di stoffa. Ogni cosa che ci circonda è fonte di narrazione. Mi ricordo una bella frase che da poco mi è stata detta: “credo di amare la vita perché ho attenzione per le piccole cose, sentire il vento, guardare la neve, ammirare un tramonto”. Ecco, la narrazione è tutta in ciò che ci circonda e il calcio non fa eccezione. Anzi, ci porta comodamente 22 capitoli di un romanzo dentro un prato verde. Provate solamente a pensare quali sono le storie personali e quali giochi del destino portano lì, in quel momento, i calciatori che vedete. Avrete di colpo la narrazione più potente di vita».

San Vignan, un’isola paragonabile a quale delle esistenti?
«San Vignan non esiste e al contempo basta stringere gli occhi per guardare all’orizzonte di qualsiasi mare e di colpo si materializza. Se deve essere paragonata geograficamente come struttura potrebbero essere le isole Lofoten, in Norvegia, da cui è presa la copertina del romanzo. Nel concreto San Vignan nasce perché dalla mia finestra vedo una vallata che si copre di nebbia all’alba e sembriamo essere sul mare. E poi la magia è stata involontaria. È un omaggio a Favignana, ma l’ho capito dopo che il cuore aveva scritto per me. Favignana è stata l’isola dove siamo stati in gita con mio padre e abbiamo fatto l’ultima nuotata insieme prima che si ammalasse e andasse via. Questo dimostra cosa si prova quando si scrive scatenando gli istinti».

Ettore Zanca premiato a Etnabook nel 2020

Ettore Zanca premiato a Etnabook 2020, foto di Salvo Puccio

Come ha sviluppato le varie sezioni per giungere a questo corposo, per nulla scontato e piacevole romanzo? Romanzo che ad un certo punto un po’ in crisi lo mette il lettore, perché lo spiazza confrontandolo coi propri vissuti, non sempre gradevoli.
«Volevo scrivere una storia di calcio, poi ho capito che non era proprio così. Io volevo parlare d’amore, anzi di amori, utilizzando un veicolo che crea tachicardia congenita che è appunto il calcio. Volevo che ci fosse un personaggio innamorato della propria donna e della propria professione da calciatore e che avesse delle storie, un passato, un vissuto. Ma anche tante crepe. L’abbandono della sua isola da ragazzo, una figlia che non vuole più vederlo da quindici anni, una vita sospesa tra gli anni che passano e una insperata possibilità di rivedere almeno ciò che lo addolora di più. Ma per provare a rendere credibile una storia non si può descrivere i protagonisti e lasciare indietro gli altri. La difficoltà è che questo romanzo ha più protagonisti: David Rojo, Sara, la sua compagna, ma anche Alma, la figlia, Amaranta, la sorella e Antoine Gerard, ovvero quello che sembra essere il suo opposto. Nel San Vignan giochi solo se sei nato nell’isola, Gerard sarà uno “straniero” arrivato per un caso. Per gli abitanti dell’isola gli stranieri sono tutti quelli oltremare. Loro si sentono una nazione, non un’isola di un paese (inventato anche quello). Quindi ognuno di loro doveva avere una sua dimensione. Ma siccome si parla di una squadra, anche gli altri calciatori e persone del posto dovevano avere le loro storie. E così ecco Berami che puzza di kebab, Williams che è figlio di migranti ma è nato sull’isola, Agger e Reno, due giganti al fianco di Rojo nelle partite, Munoz e Sousa che macinano chilometri e tanti altri ognuno con una sua storia per cui ci si potrebbe se non scrivere un libro, fare dei racconti in crossover».



Da Orazio Russo al Catania a Paolo Di Canio alla Lazio, sono stati tanti casi di calciatori tornati nella propria città o nella squadra dove è iniziata la carriera. Poi ci sono i calciatori-bandiera come Sergio Pellisier per il Chievo Verona, trovatisi in una squadra che ha contribuito a rifondare. Quanto pesa un ritorno già da “vecchi” per il calcio, ai tifosi?
«Anche Vasari, Gullit, Sheva, per dirne alcuni. Dipende dal “buon odore” che hai lasciato. Se sei andato via a malincuore verrai riaccolto come un figliol prodigo. Difficilmente, ad esempio, Zaniolo tornerebbe alla Roma o Donnarumma al Milan, dopo gli addii così traumatici».

Nicolò Zaniolo lanciato dalla Roma, ha tradito un'intera città

Il calcio ed il valore della maglia: Nicolò Zaniolo bacia la maglia della Roma che lo ha lanciato. Oggi ha scelto di andare via e la città non glielo perdona

La questione degli abbandoni e dei ritorni è un doppio tema che si lega nonché il focus del suo romanzo. C’è del personale in questo romanzo, come messaggio ad alcune sue conoscenze o c’è una globalità sull’attaccamento?
«Sono un “terrone” andato via dalla propria terra. Chi va via dalla Sicilia è costretto a tranciare radici e forse a volte è un bene. Ma il ritorno è sempre un tormento e una cosa viscerale per noi. No. non ci sono messaggi nascosti. I miei romanzi hanno avuto percorsi molto particolari. A volte chi li legge e mi vuol bene dice che sono profetici, contengono spesso cose che accadono dopo. Sono anche un modo per fare omaggi a chi stimo oppure esorcizzare. Ma di base i romanzi che scrivo hanno una vita e storia propria. Poi è normale siano come le canzoni. Si sente la tua voce, le tue idee, le tue vibrazioni, chi ami e odi. Ma se fai diventare ciò che scrivi un modo per mandare “pizzini” a qualcuno hai conflitti non sanati. Più facile che siano miei fantasmi con cui provare a dialogare scrivendo».

Ancora una maglia della collezione di Ettore Zanca esposta durante una presentazione

Ancora una maglia della collezione di Ettore Zanca esposta durante una presentazione

Rientriamo nel focus del romanzo. In fin dei conti David Rojo torna soltanto dopo l’inimmaginabile, a inizio campionato, ascesa nella massima serie del San Vignan.
«Torna proprio per l’aggettivo inimmaginabile. Rojo pensava di aver già visto tutto e di potersi ritirare tranquillo. Ma chi deve lasciare ciò che ama non lo fa mai facilmente. La sua isola in massima serie era una cosa leggendaria e per questo viene contattato da loro per giocare un altro anno. All’inizio è combattuto, vorrebbe vivere tranquillo e fare una nuova vita con la compagna. Ma l’idea di poter provare a salvare la squadra delle sue radici è potente. Ma ancor di più lo è l’alibi che fornisce: ha una scusa validissima per provare a incrociare sua figlia. Qualcosa che vince la sua vergogna a tornare sull’isola per provare a ricostruire un rapporto. Chiunque di noi vorrebbe partecipare all’ultimo tuffo di qualcosa di unico. E Rojo ha sì una moralità e un amore ma è un uomo con passioni mai superficiali».

Ettore Zanca

Il romanzo vanta la “presenza” di una penna dello sport italiano, una voce, un microfono molto attento alle faccende calciofile.
«Roberta Noè, giornalista e conduttrice di Sky Sport, ha firmato la postfazione che a sorpresa i lettori trovano alla fine del romanzo. Come anche affermato da lei, il personaggio di Sara, la compagna di Rojo, le appartiene. Le ho chiesto in nome della nostra bella amicizia se le andava di essere “ritratta” dentro un libro. Non solo mi ha detto di sì ma mi ha aiutato dandomi consigli vari in sede di scrittura sul suo mestiere. La scelta di chiederle di scrivere due righe è stata fortemente voluta. Intanto per avere una voce femminile che sa di sport e di calcio in maniera eccellente. Spesso il giornalismo sportivo parla al maschile e ho voluto chi ama il calcio e ne parla con competenza e professionalità, dimostrando che oltre estetica e grazia c’è molto altro. Poi perché essendo anche io uno che scrive di calcio, considero Roberta un riferimento autorevole».

La giornalista sportiva Roberta Noè ha firmato la postfazione de "L'oceano oltre la rete"

La giornalista sportiva Roberta Noè ha firmato la postfazione de “L’oceano oltre la rete”

Il cinema, specie quello anglosassone, la letteratura ma anche il teatro – indimenticabile “Come quando segna Totti” dell’attore e regista etneo Gianluca Barbagallo -: quanto può influenzare il gioco che più di ogni altro viene seguito in Italia per comunicare messaggi di speranza?
«Il calcio è lo sport più democratico del pianeta, se non di questa galassia e di quelle conosciute e sconosciute. Bastano pochi euro per comprare un pallone, qualcosina in più se non vuoi che se lo porti via il vento, poi il resto avviene ovunque. Strade, piazze, vicoli, in mezzo alle macchine. Dà spazio a tutti, celebre il “tu che sei scarso mettiti in porta”, crea alleanze e inimicizie estemporanee e che finiscono subito dopo. Fa immaginare trasferte in terra straniera anche se dal solito campo vai a quello del quartiere accanto. Secondo me il cinema e la letteratura non hanno ancora veramente capito l’impatto che ha narrare di calcio. Vedo poche fiction ben riuscite in tema. Dopo il “Divin Codino”, fatto egregiamente anche nelle parti giocate, molto poco. Si punta sul mondo dei procuratori in alcuni tentativi ma senza conoscere davvero come funziona il diritto sportivo e si crede che il giornalismo sportivo di contorno dia notizie che non darebbe mai. Nella letteratura a parte piccoli capolavori che sono anche le mie Bibbie, c’è poco di narrazione calcistica. Siamo ancora lontani da una narrazione organica e presa in pieno del calcio. Forse perché andrebbe fatta rivolgendosi a chi le cose di campo le ha veramente vissute».

Andrea Arcangeli è Roberto Baggio in “Il Divin codino” andato in onda su Netflix

Su un ring, una sua collega scrittrice, determina una locuzione importante di un maestro di boxe: “agisci anche se ciò che ricevi è il colpo del ko. David Rojo ha deciso di agire col rischio, in parte vissuto, del ko che i suoi coisolani gli hanno riservato al suo ritorno?
«È antichissimo il detto che nessuno è profeta in patria. Ecco, in questo Rojo un po’ mi somiglia. A volte per trovare la tua vera identità ti devi spostare dalla tua essenza primaria e dai tuoi posti. Come quelle esperienze di morte temporanea. Guardarti da fuori e capire che forse ciò che ti ama non sempre lo fa in maniera sana e che i luoghi natii a volte per amarli il giusto, li devi lasciare. Sì, se torni per restare, spesso lo fai rischiando. Ma l’amore, anche questo amore, che cosa è se non un azzardo continuo? Come dice una canzone, l’amore è uno sport violento, danno la vittoria all’un per cento, novantanove volte è fallimento. Giochi perché vincere dà un senso al tuo passaggio. E quando perdi il premio è che diventi un po’ più saggio. Non è una cosa da proteggere, è rischiare. Altrimenti è un vuoto che non puoi colmare».



Condividi su

Commenti

WORDPRESS: 0

SicilyMag è un web magazine che nel suo sottotestata “tutto quanto fa Sicilia” racchiude la sua mission: racconta quell’Isola che nella sua capacità di “fare”, realizzare qualcosa, ha il suo biglietto da visita. SicilyMag ha nell’approfondimento un suo punto di forza, fonde la velocità del quotidiano e la voglia di conoscenza del magazine che, seppur in versione digitale, vuole farsi leggere e non solo consultare.

Per fare questo, per permettere un giornalismo indipendente, un’informazione di qualità che vada oltre l’informazione usa e getta, è necessario un lavoro difficile e il contributo di tanti professionisti. E il lavoro in quanto tale non è mai gratis. Quindi se ci leggi, se ti piace SicilyMag, diventa un sostenitore abbonandoti o effettuando una donazione con il pulsante qui di seguito. SicilyMag, tutto quanto fa la Sicilia… migliore.