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“Chi semina racconta”: senza la mafia c’è futuro

Lavoro In un bene confiscato alla mafia, a San Giuseppe Jato, 10 giovani disoccupate e in condizione di disagio saranno formate per organizzare e gestire attività di agricoltura sociale. E' il progetto finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri di cui è capofila la Cooperativa Placido Rizzotto

Giovani e donne a rischio marginalità grazie a un progetto di all’agricoltura sociale potranno inserirsi nel mondo del lavoro e, allo stesso tempo, essere protagonisti di un percorso di legalità, valorizzando un bene confiscato alla mafia a San Giuseppe Jato: il Centro Di Matteo sottratto al boss Bernardo Brusca e intitolato alla memoria del piccolo Giuseppe.
È questo l’obiettivo del progetto “Chi semina racconta” finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e realizzato dalla Cooperativa sociale Placido Rizzotto (capofila), da Libera Palermo, da Orizzonte Donna onlus e dalla Rete delle Fattorie sociali Sicilia, con la collaborazione di alcuni partner esterni (Cnca, l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni del Ministero della Giustizia e l‘associazione Famiglie Persone Down).

Il Centro Di Matteo a San Giuseppe Jato

Il Centro Di Matteo a San Giuseppe Jato

Il progetto durerà 18 mesi e coinvolgerà 10 giovani donne disoccupate, in condizione di disagio o ragazze madri, dai 18 ai 35 anni, che hanno bisogno di un sostegno socio-lavorativo e che saranno formate per organizzare e gestire attività di agricoltura sociale. In un secondo momento, verranno coinvolti in attività didattico-educative dai 60 ai 90 minori ospitati in comunità alloggio o autori di reati e giovani affetti da sindrome di Down. “Chi semina racconta” è stato finanziato con circa 219mila euro nell’ambito dell’avviso promosso dal Governo nazionale “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”. Il progetto prevede sei fasi e si svolgerà nel territorio dell’Alto Belice, in provincia di Palermo, in cui la disoccupazione giovanile tocca punte del 70% e quella femminile del 44%, con una forza lavoro dedicata per la maggior parte al terziario e all’industria.L’agricoltura sociale è ormai una pratica consolidata in Sicilia, offre prodotti dai chiari connotati etico-sociali e consente di recuperare antiche tradizioni.

 

Il centro ippico

Il centro ippico

«Con questo progetto – ha detto Francesco Galante, presidente della Cooperativa Placido Rizzotto – inizia una stagione nuova per la struttura a Portella della Ginestra, da sempre assegnata alla Cooperativa e da oggi sede del corso che sta per partire. Il luogo carico di valore simbolico e di storia dolorosa torna a popolarsi di giovani che si formeranno nelle materia che più ci sta a cuore, l’amore per la terra e i frutti che abbiamo imparato a favi crescere».
Per il coordinatore provinciale di Libera, Giovanni Pagano, «l’importanza di questo progetto sta nel coniugare la corretta gestione dei beni confiscati, attraverso un percorso virtuoso di rimessa in valore, e la promozione di percorsi di inserimento lavorativo, di carattere innovativo, destinati a soggetti svantaggiati del territorio».
«Vogliamo essere vicini a chi vive solitudini forzate dettate da disagio socio-economico-culturale» ha aggiunto Antonella Massimino, vicepresidente di Orizzonte Donna onlus . Le esperienze di agricoltura sociale in Sicilia sono in continua crescita e sempre più giovani, organizzati in cooperative sociali e imprese a conduzione familiare, declinano un’idea di multifunzionalità dell’azienda agricola realizzando programmi di inclusione sociale, di educazione, servizi per la riabilitazione e la promozione della salute – ha spiegato Salvatore Cacciola, presidente della Rete delle Fattorie sociali Sicilia – il nostro contributo al progetto sta nella realizzazione del percorso formativo rivolto a 10 giovani donne. La pet teraphy, l’animazione sociale, l’organizzazione aziendale e la comunicazione sono i contenuti della formazione finalizzata all’inserimento lavorativo nelle fattorie sociali siciliane».

Il progetto sarà “raccontato” dagli operatori sul blog chiseminaracconta.wordpress.com e sulla pagina facebook “Chi semina racconta”

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