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Premio teatrale Musco, a Milo si premia la scena tra canzone pop e teatro popolare

Teatro e opera Dal 17 al 22 luglio il Teatro Lucio Dalla del borgo etneo ospiterà il XVII Premio nazionale teatrale “Angelo Musco” diretto da Mimì Scalia. In gara fra il 17 e il 21 luglio 5 lavori teatrali e tre corti teatrali. Nella serata Milo premia il teatro - in calendario il 22 luglio - sarà assegnato il Premio alla carriera a Mario Venuti, il Premio alla sicilianità a Kaballà e il Premio cultura al giornalista Leonardo Lodato

Lunedì 17 luglio prenderà il via alle 21 al Teatro Lucio Dalla di Milo il XVII Premio nazionale teatrale “Angelo Musco” diretto artisticamente da Mimì Scalia, organizzato dal Comune di Milo, dalla Regione Sicilia, dalla Presidenza dell’Assemble regionale siciliana e dall’Associazione culturale Filocomica Sant’Andrea di Milo in collaborazione con la Pro Loco del paese etneo.

«Inauguriamo con grande emozione il XVII Premio nazionale teatrale Angelo Musco – dichiara il direttore artistico Mimì Scalia –. Insieme con l’amministrazione comunale di Milo, in testa il sindaco Alfio Cosentino, teniamo molto alla ricaduta culturale e turistica sul nostro territorio che questo evento, oramai tradizionale e irrinunciabile, ha, come diffusamente riconosciuto. Sento di poter ribadire che sarà un’edizione indimenticabile e di puro spettacolo. Nella serata Milo premia il teatro – il prossimo 22 luglio ore 21 – assegneremo il Premio alla carrieraMario Venuti, il Premio alla sicilianità a Kaballà e il Premio cultura al giornalista Leonardo Lodato».

MarioVenuti, foto di Angelo Orefice

Pippo Rinaldi in arte Kaballà




Dal 17 al 21 luglio, ogni sera alle 21, al Teatro Lucio Dalla di Milo, saranno 5 le opere teatrali in corsa per il premio Musco. Si inizia il 17 luglio con “Fru Fru”, regia di Giovanni Proietto e Caterina Scuderi, con Elisa Moschella e Giovanni Proietto nei ruoli principali, messo in scena dalla compagnia Le Tre Fontane di Presa. Liberamente ispirata a una “pochade” che ebbe tanta fortuna nei primi anni del ‘900, “Fru Fru”‘ tratta di una bella sciantosa, donna del Varietà, disinvolta, che turba la fantasia di chi la conosce. La vicenda si snoda tra Roma e la Sícilia, in un girotondo di severi magistrati e amori furtivi di ministri donnaioli; tra comici adulteri e simpatici equivoci intorno a cui ruotano le vite di personaggi che all’apparenza conducono una vita di rigida morale, ma che, mostreranno tutte le loro fragilità di uomini, vinti dalla passione. Il tutto nascosto dietro il perbenismo e la falsa moralità dell’Italia dei primi del ‘900 e, perchè no, di quella attuale, in cui uomini di potere guardati come esempi di rettitudine, in fondo cedono al gioco dell’amore di ieri, di oggi e di sempre.

La compagnia Le tre fontane di presa in “Fru Fru”

Il 18 luglio sarà la volta di “Taxi a 2 piazze”, regia Tre Casti Agni, della compagnia “Tre Casti Agni”. Spesso basta un imprevisto qualsiasi per “stravolgere” la vita, più o meno regolare, che ognuno di noi è riuscito a costruirsi. È quello che accade al protagonista della commedia che va in scena: Mario Rossi. Una persona “come tante altre”, un “tipo qualunque”, che come lavoro fa il tassista, ma che in realtà conduce una doppia vita: ha due case e due mogli, Carla e Barbara. Una situazione quindi complicata ma che, grazie ai turni del suo lavoro, è sempre riuscito a tenere “sotto controllo”. Un imprevisto farà crollare il “castello” che era riuscito a costruire. Una sera, tornando dal suo turno di lavoro, assiste ad uno scippo e invece di farsi i fatti suoi interviene e viene colpito dalla vittima che lo ritiene per sbaglio complice degli scippatori finendo in ospedale. Da questo momento la situazione si complica per Mario. In questa ingarbugliata vicenda si troveranno a loro volta coinvolti gli altri personaggi della commedia: le due mogli di Mario, il suo amico Walter, che diventerà a sua volta vittima della doppia vita dell’amico, i due agenti di polizia assegnati per le indagini, Bobby, vicino di casa gay di Barbara e il fotoreporter incaricato per il servizio su “Roma Sera”. Personaggi e interpreti: Mario Rossi (Claudio Bontempo), Barbara Rossi (Adriana Moschetto) Carla Rossi (Martina Mangiagli) Walter Fattore (Gianluca Falco) Ispettrice Capo Parisi (Giuliana Castiglia) Ispettore Ferroni (Salvo Rubulotta) Bobby (Alessandro Zappalà) Fotoreporter (Antonio Mazzeo).  Fotografia di Noemi Laganà.

La compagnia Tre Casti Agni in “Taxi a due piazze”, foto di Noemi Laganà

Il 19 luglio seguirà “Fools”, regia di Davide Pulvirenti, della compagnia Amici di San Giovanni Stabile delle Aci. In scena Salvo Leonardi, Franco Musumeci, Patrizia Torrisi, Adriana Castelli, Alfio Munzone, Antonio Toscano, Mattia Grasso, Aurora Foresta, Alfredo Russo, Carmela Ragunì, Greta Torrisi, Fabio Bonanno, con la partecipazione in voce di Turi Giordano.
Il remoto villaggio ucraino di Kulyenchikov è stato colpito da una terribile maledizione che ha reso tutti gli abitanti “fools”. L’ultima speranza di salvezza è rappresentata da Leon, maestro russo, giunto in paese come insegnante privato di Sophia, figlia del medico cittadino. È problematico individuare un unico vocabolo per tradurre il termine “fool”. Il Merriam-Webster Dictionary, alla voce dedicata alla parola, riporta: «Una persona priva di giudizio o prudenza; un giullare; qualcuno che si vuole fare credere sciocco; una persona priva di basilari capacità di comprensione». Paola Luciani (Università di Firenze) scrive che il Fool «rappresenta l’antieroe che denuncia le lacrime di cui gronda il potere […], che mette alla berlina l’appartenenza a una società solo apparentemente armonica».
Per il plot, Neil Simon rielabora una favola russa alla quale miscela elementi attinti dalla tradizione ebraica dalla quale proviene. L’opera è l’unico lavoro dell’autore che esce dal salotto newyorkese e dall’analisi dei tic del nevrotico cittadino americano per guardare alle più aggiornate tendenze della drammaturgia contemporanea. Fools è un apologo morale, un inno all’amore come forma di conoscenza e di salvezza, rivestito dai panni comici del paradosso. Le gags, inevitabilmente costruite intorno al tema della stupidità, sono portatrici di oculate riflessioni. Su tutti, come osserva Matteo Pelliti: «la gag della signora Zubritsky, la moglie del medico, prigioniera della porta, che spinge invece di tirare, è una specie di condensazione in piccolo della maledizione stessa che avvolge il villaggio, metafora della prigionia che ognuno di noi si infligge da solo: rimaniamo prigionieri della stupidità, come nella maledizione, come di una stanza con una porta da tirare anziché spingere, finché glielo consentiamo, finché spingiamo anziché tirare».
La riflessione di Simon sullo stato di stupidità dei cittadini si può riassumere nella riflessione di Leon: «La mancanza di intelligenza di Kulyenchikev è auto-inflitta, è una rinuncia al proprio essere, è una paura, un senso di colpa causato da un tirannico potere». In tal senso è centrale il personaggio di Sophia, figlia del medico. Dietro all’apparente stato di foolish, la ragazza cela «un intelletto che grida per essere ascoltato». Si vuole rappresentare Sophia come una donna capace di autodeterminarsi, la cui apparente stupidità rappresenta uno stato di torpore dal quale, con le sue forze, tenta di risvegliarsi. Sintesi dell’intera commedia è il conte Yousekevithc. Si è pensato di assimilare la sua complessa e ambigua figura al contrasto tra il Cigno bianco e il Cigno nero del celebre Lago dei cigni di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Nell’’‘io’ del conte convivono e si contrastano ambedue i cigni: da un lato la fedeltà ai valori imposti dagli avi, dall’altro la volontà di ritrovare un’armonia interiore e riappacificarsi con la comunità. La musica di scena selezionata spazia da Noel Gallagher ai Red Hot Chili Peppers, ai Pink Floyd ed incontra i ritmi ucraini. Ogni brano sintetizza in note la compresenza di due distinti piani di realtà: l’attualità in cui vive Leon e l’immota irrealtà atemporale dei cittadini di Kulyenchikov. Infine, quanto mai attuale è l’importanza accordata alla concordia tra i popoli. Il russo Leon dovrà accettare e abbracciare la cultura del villaggio ucraino per spezzare la maledizione. L’autore, anzitempo, prefigura nel dialogo e nel rispetto dell’identità l’unica via da perseguire per raggiungere l’agognata pace.

“Fools” messo in scena dalla compagnia Amici di San Giovanni Stabile delle Aci

Il 20 luglio la compagnia Teatro delle Nevi mette in scena “Il Metodo Grönholm”, commedia in due atti di Jordi Galceran, regia di Rodolfo Torrisi. “La prima prova è la seguente: vi abbiamo detto che siete gli ultimi sei candidati, ma non è proprio così. Ci sono solo cinque candidati. Uno di voi è un membro delle nostre Risorse Umane. Dovete scoprire chi è…”. Gli ultimi sei candidati ad un incarico manageriale di un’importante multinazionale sono riuniti per essere sottoposti alle prove finali del processo di selezione. Ma poco dopo viene comunicato che uno dei candidati è una talpa. Sta a loro scoprire chi è. Parte una competizione senza scrupoli, quasi disumana, un mors tua vita mea, una sfida psicologica giocata fino all’ultimo minuto per ottenere l’agognato incarico.
Per il ritorno alle scene il Teatro delle Nevi sceglie un originale testo dello spagnolo Jordi Galceran, una commedia esilarante che racconta la crudeltà che spesso si manifesta nei rapporti di lavoro. Quanto può essere crudele un ambiente lavorativo? Fino a che punto possiamo permettere alle aziende di applicare gerarchie ingiuste e sottoporci a prove umilianti, pur di ottenere una posizione socialmente rispettata? Una commedia scoppiettante, un testo ad orologeria, un finale sorprendente. 

Rodolfo Torrisi: «Anni fa ci segnalarono questo spettacolo, che stava continuamente registrando il sold-out in Spagna. Ancora oggi è così: rappresentato ininterrottamente da 20 anni, lo spettacolo è attualmente in scena al Teatro di Madrid. E in Italia? Era stato rappresentato nel 2007 dalla compagnia Nuovo Teatro/Vesuvio Teatro di Napoli e nel cast figurava Nicoletta Braschi. Poi null’altro. Quindi un testo di successo solo all’estero. Qual è il tema dello spettacolo? Una denuncia dell’attuale mercato del lavoro, che prende a prestito metodi sempre più militarizzati (sorveglianza, test di produttività e di rendimento al limite della tollerabilità, costanti minacce di licenziamento), una messa in ridicolo dei test attitudinali di selezione del personale, sempre più sofisticati quanto inutili, messi a punto da professionisti della psiche per le grandi aziende. Un tema interessante e quanto mai attuale».

«Per la nostra compagnia c’erano gli ingredienti per farne oggetto di una produzione teatrale – prosegue il regista -. È stato effettuato un minuzioso adattamento dal testo drammatico El método Grönholm (2003) e da due film (El método, 2005 in lingua spagnola ed El metode Gronholm, 2015 in catalano). L’adattamento, durato mesi, si è reso necessario per attualizzare i temi affrontati nel testo, senza tradire le intenzioni dell’autore, visto che anche nei film risulta come sceneggiatore. Per il cast sono stati scelti gli attori di punta della compagnia, con un curriculum denso di spettacoli, di premi e di riconoscimenti, personali e di gruppo. Tuttavia, rimanevano scoperti due ruoli femminili, non ritenendo compatibili le caratteristiche delle attrici della compagnia. È stato quindi lanciato un casting che si è rivelato fortunato, poiché sono state individuate due attrici che si prestavano perfettamente ai ruoli ricercati. La regia dello spettacolo si è dato l’obiettivo sfidante di massimizzare gli elementi comici presenti nel testo, di esaltare gli aspetti psicologici di ogni personaggio, di mantenere l’impianto drammaturgico da thriller con soluzioni sceniche dal taglio ampiamente divulgativo. Il testo non è legato ad alcun posto geografico in particolare: per questo motivo la vicenda è ambientata in Sicilia e di conseguenza è stata scelta una recitazione che non tradisse l’ambientazione dichiarata. Sono stati realizzati molteplici innesti comici, grazie anche alla verve degli attori, per creare una sorta di altalena di emozioni (dal comico al drammatico, dall’esilarante al commovente) da trasferire allo spettatore, anche con l’ausilio, sporadico ma presente, del dialetto e il ricorso a una recitazione naturale e immediata. Il finale è la somma delle soluzioni inventate dall’autore per i suoi adattamenti cinematografici del testo originale, con almeno tre colpi di scena finali».

“Il metodo Grönholm” messo in scena dalla compagnia Teatro delle nevi

Si chiude il 21 luglio con “Se ti sposo mi rovino”, regia di David Amalfa, della compagnia “Dietro le quinte”. Nel cast Antonio Amalfa, Maria Lombardo, Ingrid Gitto, Sonia Langella, Laura Briguglio e David Amalfa. Cosa succede ad un miliardario scapolo con “il vizio delle donne” se chiede a tutte di sposarlo? E se tutte piombano a casa sua con l’intento di organizzare le nozze, ma nessuna sa dell’esistenza dell’altra? Semplice!!! La sua vita è rovinata da una serie di girandole per non far incontrare le malcapitate e, soprattutto, per non concludere alcun matrimonio. Il tutto coinvolgendo il povero maggiordomo Ugo in un turbinio di bugie e di porte che si aprono e si chiudono, attrici che appaiono e scompaiono, spintoni dietro le quinte, viavai frenetico di gente sul palco. È questa la trama di una pièce spensierata e piena di ritmo, dal taglio un po’ british, una grande farsa che strizza l’occhio alla commedia francese (ma anche alle sitcom americane) dove i sentimenti mettono a dura prova il materialismo dei nostri giorni. Una commedia corale e divertente, senza un vero e proprio protagonista, che ha fatto registrare il tutto esaurito presso i più importanti teatri di Roma, Milano, Como, Torino, Verona, Modena, Parma, Bologna, Bari, Foggia e, di recente, anche all’estero. Originalità, ironia, astuzia, dinamicità, tempestivi scambi di battute precise, sono i punti cardine di una commedia d’autore il cui testo è piacevolissimo e scorrevole e le battute sono inanellate con grande abilità linguistica in un percorso logico, rapido ed efficace che mantiene il ritmo sempre incalzante e senza mai un attimo di calo né di tregua alle risate.

“Se ti sposo mi rovino” messo in scena dalla compagnia Dietro le quinte, foto Angelo Gullì




La giuria quest’anno è formata da Antonio Castro (attore e regista), Paolo Sessa (poeta, scrittore e critico letterario), Agostino Zumbo (attore), Gianfranco Barbagallo (vice presidente regionale Unione Italiana Libero Teatro Sicilia), Rosa Patanè (associazione culturale Filocomica Sant’Andrea di Milo). Il pubblico con il proprio voto assegnerà il premio “Miglior spettacolo”.  

«Novità di quest’anno – aggiunge Mimì Scalia -, il progetto Omaggio ad Angelo Musco oltre al convegno “Angelo Musco fra teatro e cinema” ha visto la realizzazione di un ciclo di workshop teatrali gratuiti tenuti a Milo da professioni di settore quali Dario Matteo Gargano, David Amalfa, Antonella Sturiale con Enrico Pappalardo. Inoltre per alcuni momenti musicali al pianoforte nella prima giornata ha partecipato anche Sebastiano Giuliano. Preziosa anche la collaborazione di Cristina Di Pietro e di Damiano Di Paola. Dal momento laboratoriale, concluso con successo, giungeremo alla presentazione, durante le serate del XVII Premio Musco, di tre corti teatrali uno dei quali sarà premiato la sera del 22 luglio in occasione del prestigioso appuntamento con “Milo Premia il Teatro”». Questi i corti teatrali in gara: “Cosa” di Antonella Sturiale, regia di Antonella Sturiale (autrice) con Enrico Pappalardo (19 luglio, ore 21); “Giulietta Cassiopea e Romeo Pauroso” di Annagil Zarc, regia di Dario Matteo Gargano (20 luglio, ore 21); “Cos’è la felicità?” di David Amalfa, regia di David Amalfa (21 luglio, ore 21).

La serata finale  “Milo Premia il Teatro” in calendario sabato 22 luglio al Teatro Luco Dalla alle ore 21 sarà condotta da Mimì Scalia insieme con Mario Incudine accompagnato per diversi momenti musicali da Antonio Vasta (fisarmonica, organetto, zampogna e pianoforte), Pino Ricosta (percussioni) e Manfredi Tumminello (chitarra).

Mimì Scalia e Mario Incudine

Nel corso della serata, non mancherà, il Momento Letterario a cura di Grazia Calanna che vedrà quest’anno la presenza del giornalista e scrittore Leonardo Lodato, vincitore del Premio Cultura” al XVII Angelo Musco. La giovane Cristina Di Pietro, affiancherà la conduzione. Arricchiranno la serata momenti di cabaret con I TrequArtisti ovvero Gianfranco Barbagallo, Eugenio Barone e Antonello Di Costa.

Leonardo Lodato, foto di Roberto Viglianisi




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