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Majorana, mistero in due scene

Eventi Il 5 settembre al Feudo Vagliasindi di Randazzo la presentazione del libro di Paolo Manganaro, testo teatrale centrato su un serrato e drammatico dialogo tra Fermi, Heisenberg, Majorana e Sciascia

Nuovo appuntamento con l’Etna e il mito in programma sabato 5 settembre, con inizio alle 18 fino a sera, al Feudo Vagliasindi a Randazzo, nel cuore del vulcano, l’Etna, dove verrà presentato il testo “Majorana, mistero in due scene” edito dalla casa editrice Carthago, una pièce teatrale scritta dal professor Paolo Manganaro, docente di filosofia teoretica all’Università di Catania.

Paolo Manganaro

Paolo Manganaro

A dialogare con l’autore saranno Nino Milazzo, giornalista, scrittore, Giuliana Cutore, critica letteraria e saggista, Giuseppe Raciti, ordinario Università di Catania. Incontro moderato dalla giornalista Letizia Carrara.

Seguirà un aperitivo al buffet in terrazza con degustazione di vini e prodotti tipici dell’Etna, accompagnato dalle note di Andrea Beneventano e la voce di Melita Lupo, con la partecipazione di Riccardo Buzzurro (costo di partecipazione all’evento 20 euro a persona,per prenotazioni, tel +39 338 8357266).

Ispirato ai Dialoghi filosofici di Giordano Bruno, alle Operette morali, al teatro dell’assurdo, il Majorana di Paolo Manganaro mette in scena nella prima parte un serrato e drammatico dialogo tra Fermi, Heisenberg, Majorana e Sciascia; nel secondo dà voce ad alcune figure che rappresentano parti di un enigma che non riguarda un singolo ma l’intera umanità.

Ettore Majorana sparisce in una notte di marzo del 1938. Ed ecco che nel testo prendono voce alcune Figure, le quali rappresentano le diverse ipotesi che su questa scomparsa sono state formulate. Figura di sabbia: il suicidio in mare; figura di stoffa: il trasferimento in Germania al servizio del Terzo Reich; figura di legno: la fuga in Argentina; figura d’acciaio: l’assassinio sulla nave, perpetrato da due spie inglesi; figure di vetro: la reclusione in un convento. E tuttavia, afferma la Figura di cartapesta, «se mettiamo assieme questi fantocci e li incrociamo, ci accorgiamo che ogni pista depista l’altra».

Paolo Manganaro, Majorana, mistero in due scene

Il mistero rimane. «Il merito più grande di questa pièce, oltre all’ardita costruzione teatrale che mescola le tecniche del teatro dell’assurdo e di quello esistenzialistico a quelle del dialogo platonico ma soprattutto leopardiano delle Operette Morali – sottolinea la professoressa Giuliana Cutore – è quello di aver focalizzato l’attenzione sul significato della scienza per Majorana e sul problema cruciale dell’epistemologia e al tempo stesso della filosofia morale: può la scienza essere pura? Può essere innocente sempre e non pensare alle conseguenze di certe scoperte? E se no, cosa deve fare lo scienziato? Continuare a ricercare, pubblicare le proprie scoperte o scomparire?”. “Cosa avrebbe intravisto Majorana? Dove e perché avrebbe deciso di fermarsi? Il suo mistero è una possibile risposta al problema etico fondamentale della scienza? Scomparendo ha deciso di rimettere centinaia di anni indietro l’orologio della fisica o forse ha voluto semplicemente trovare il modo, novello Faust, di baloccarsi per tutto il tempo che gli restava da vivere con la teoria per il solo gusto di farlo, per conoscere, per dirla con Goethe “il mondo, che cos’è che lo connette nell’intimo… senza frugare più tra le parole?».

«Da Sciascia a Magueijo Joào le ipotesi sulla scomparsa di Ettore Majorana non hanno smesso di proliferare – commenta il professore Giuseppe Raciti –. Per uno come Paolo Manganaro, che ha frequentato Hegel per trent’anni, la scommessa era un’altra: mantenere il mistero e al contempo scioglierlo. Il mistero doveva essere aufgehoben, cioè tolto e conservato ed è quel che succede in questa sorprendente pièce. Il termine scomparsa si presta perfettamente all’uso hegeliano: chi scompare, almeno in senso giuridico, non è morto; non è morto ma non è vivo; è e non è. Lo scomparso, se così si può dire, è materia e antimateria; esso è simultaneamente assente e presente”. “Si è scritto che dietro la sparizione di Majorana potesse ammiccare una suggestione pirandelliana – prosegue il docente universitario – sembra tuttavia più esatto affermare che dietro la sparizione di Majorana ci fosse in realtà la teoria di Majorana. Nel senso che la sua vita, costellata di apparizioni e sparizioni, cioè di altrettante erosioni del primato del presente, dovesse rappresentare la dimostrazione concreta e per così dire vivente di una ipotesi ad alto tasso anti-ontologico. Convinto della verità della propria teoria, sprezzante delle certezze che se ne potevano cavare Majorana non poteva che sparire consegnandosi al divenire puro, un processo in cui essere e non essere, materia e antimateria, più e meno, assenza e presenza sono dati in simultaneità».

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