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L’abisso

Eventi Dal 16 al 30 novembre a Palermo e l'1 e 2 dicembre a Catania lo spettacolo di e con Davide Enia

Reduce dall’enorme successo di pubblico e critica col quale è stato accolto a Roma, arriva al Teatro Biondo di Palermo, dal 16 al 30 novembre, lo spettacolo L’abisso, scritto e interpretato da Davide Enia, con le musiche di Giulio Barocchieri eseguite in scena, che poi sabato 1 e domenica 2 dicembre migrerà al Piccolo Teatro della Città di Catania.
Prodotto dal Biondo insieme al Teatro di Roma e ad Accademia Perduta Romagna Teatri, L’abisso affronta il dramma dei migranti che sbarcano a Lampedusa come metafora di un naufragio, personale e collettivo.
Davide Enia attinge ai suoi Appunti per un naufragio (Sellerio Editore, Premio Mondello 2018) per raccontare un’esperienza indicibile: lo spaesamento, il dolore e la rabbia che affiorano dinanzi alla grande tragedia contemporanea degli sbarchi sulle coste del Mediterraneo.

Davide Enia - ph Futura_Titta Ferrante

Davide Enia – ph Futura_Titta Ferrante

Per trovare le parole più efficaci, Enia è andato a Lampedusa, ha assistito agli sbarchi dei profughi, ha raccolto per mesi le testimonianze dei sopravvissuti e dei testimoni, ma non bastava: «Non riuscivo davvero a trovare le parole e i concetti per nominare la vastità dell’evento che ci era arrivato addosso», spiega. Allora, seguendo una traccia suggerita dal padre, rintraccia «un naufragio personale, intimo, privato», per «sviscerarlo, comprendere in che modo siamo sopravvissuti a esso, stabilire una relazione con quanto accade in mare aperto. Così, nel tentativo di elaborare quanto scoprivo, relazionandomi con i primi attori della Storia, mi sono trovato a raccontare anche ciò che succedeva nella mia vita personale in quei mesi». Ed ecco che il testo prende forma, diventando allo stesso tempo testimonianza storica e percorso esistenziale che riguarda tutti noi.

Enia e Barocchieri hanno lavorato su più registri, includendo nella loro ricerca gli antichi canti dei pescatori, intonati lungo le rotte tra Sicilia e Africa, e il cunto palermitano, spostando l’elemento epico dallo scontro tra i paladini a un nuovo campo di battaglia: il mare aperto, dove il salvataggio è una questione di secondi, le manovre sono al limite dell’azzardo, la velocità di scelta determina tutto e risalta ancora di più come condizione necessaria il sottoporsi quotidianamente a un allenamento costante sulla terraferma, per riuscire a recuperare più corpi vivi in mare, per sopravvivere in prima persona alla forza delle onde. Infine, hanno lavorato sull’interpretazione, quando le parole dei testimoni si fanno carne e consentono l’epifania del personaggio. L’abisso è una riflessione, figlia del lavoro sul campo, su quanto sta accadendo, per riportare con urgenza, nello spazio condiviso del teatro, il tempo presente e la sua crisi.

Note d’autore e di regia
Sono andato a Lampedusa per anni. Ci incontravo gli isolani, i residenti, i pescatori, il personale medico, gli uomini della Guardia Costiera, gli operatori. Il nostro dialogo avveniva quasi sempre in dialetto siciliano. Ascoltavo le loro storie, i tentativi di nominare il trauma. Continuavo – continuo ancora – a chiedermi: come raccontare il tempo presente nel momento della crisi e come evitare di spettacolarizzare una tragedia?
Una prima risposta: dare direttamente voce ai protagonisti, a chi vive e lavora in quella frontiera che viene chiamata Lampedusa e che, in realtà, si estende ben oltre l’orizzonte del mare.
Il lavoro possiede una dimensione performativa: si riproietta se stessi nell’identico stato emotivo che ha generato il tutto, immergendosi dentro quella precisa condizione del sentimento in cui si nominano le cose per la prima volta, segnando così un ritorno continuo che non ha esito se non il suo essere rivissuto fino allo stremo, replica dopo replica, trauma dopo trauma, cunto dopo cunto. Le musiche di scena sono composte secondo la logica dell’accumulo che è propria dell’esperienza del trauma: note e rumori si sommano senza sosta, senza scampo. Eppure, assieme ai suoni disturbati e foschi di questo nostro presente in guerra, compaiono, come da un altrove invisibile ma presente, i canti popolari dei pescatori e le preghiere per i morti in mare.
Oggi l’abisso non è un vuoto. È uno specchio. C’è riflessa l’immagine di chi abbiamo deciso di essere. (Davide Enia)

Con “Appunti per un naufragio” (Sellerio) Enia ha vinto il SuperMondello e il Mondello Giovani 2018, i due riconoscimenti assegnati venerdì 30 novembre presso la Società Siciliana per la Storia Patria, nell’ambito della 44a edizione del Premio Letterario Internazionale Mondello. Il premio è promosso dalla Fondazione Sicilia, dal 2012 con il Salone Internazionale del Libro di Torino. Quest’anno l’evento finale è realizzato insieme con la Fondazione Circolo dei lettori di Torino e d’intesa con la Fondazione Premio Mondello e la Fondazione Andrea Biondo. Davide Enia è stato votato da 62 su 120 componenti la Giuria dei Lettori Qualificati. I giurati, dislocati in tutta Italia, sono stati direttamente indicati dai librai di un circuito di 24 librerie
segnalate dalla redazione dell’inserto culturale Domenica de Il Sole 24 Ore. La Giuria chiamata a decretare il Premio Mondello Giovani ha scelto Davide Enia con 96 preferenze su 180 giurati. La Giuria è formata da studenti siciliani: 180 studenti di 18 scuole secondarie di secondo grado, 12 di Palermo e 6 di Enna, Marsala, Caltanissetta, Agrigento, Catania e Santa Teresa di Riva (Messina).

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